A causa della sua satira corrosiva e irriverente è finito nel mirino di Matteo Salvini e, non solo sui social, si è attirato le intimidazioni e gli avvertimenti dei fans del ministro dell’Interno. «Mi arrivano fin dentro la cassetta della posta» ci racconta Vauro. Ma queste per lui sono solo medaglie e la sua matita continua imperterrita a sferzare quotidianamente i potenti di turno.«Il suo linguaggio non cessa di indagare, di mettere alla berlina le rappresentazioni e i raggiri degli uomini e degli omuncoli di potere» scrive Moni Ovadia nella prefazione al nuovo libro di Vauro "La zecca" (Editoriale90 e Compagnia editoriale Aliberti) che viene presentato in ANTEPRIMA giovedì 11 aprile alle ore 19 a Roma, presso la redazione del settimanale Left (via Ludovico di Savoia 2/b). Insieme all'autore intervengono Moni Ovadia, la direttrice responsabile di Left Simona Maggiorelli, e... un ospite a sorpresa. La raccolta di 320 tra vignette e tavole anche a colori uscirà insieme a Left in edicola da venerdì 12 aprile.
«La satira può essere tagliente, graffiante, pesante, amara e tutti gli altri aggettivi che di solito le vengono attribuiti da chi non la fa» ha scritto Vauro su Left che da anni pubblica le sue vignette, sia sulla versione cartacea che sul sito www.left.it. «Per me è un gioco, proprio come quello dei bambini, a volte rischioso, spesso chiassoso, fastidioso alle orecchie degli adulti ma mai monotono e sempre ricco di fantasia. E i bambini (almeno quelli di un tempo lo erano) sono immuni al conformismo». La satira non può essere conformismo perché altrimenti perderebbe la sua forza che è anche fantasia e allegria. La satira, dunque, è «sovversiva», dice l'autore. Non a caso «negli anni questo gioco» gli ha procurato «tentativi di censura, licenziamenti ed espulsioni, denunce e processi, assoluzioni e condanne». Fino «all’ossessione compulsiva di Salvini di querelarmi ogni venti minuti». Giustificando in questo modo la bassa classifica dell'Italia nelle classifiche mondiali sulla libertà di stampa.Gli ultimi tre anni della nostra vita scorrono attraverso le tavole di Vauro. Il suo sguardo si sofferma sul Palazzo - dal centrosinistra ai legastellati -, sulle politiche razziste, su quelle del (non) lavoro, sulla difesa della Costituzione, sull'attualità internazionale comprese le crisi interne al Vaticano. E naturalmente sulla sinistra.Vauro come un partigiano, scrive Moni Ovadia: «Il tratto che compone i suoi personaggi, incluso quello di se stesso, è popolare, proletario, attinge a un’umanità che viene dal basso e ha tutti i titoli per stigmatizzare le ingiustizie».
A causa della sua satira corrosiva e irriverente è finito nel mirino di Matteo Salvini e, non solo sui social, si è attirato le intimidazioni e gli avvertimenti dei fans del ministro dell’Interno. «Mi arrivano fin dentro la cassetta della posta» ci racconta Vauro. Ma queste per lui sono solo medaglie e la sua matita continua imperterrita a sferzare quotidianamente i potenti di turno.
«Il suo linguaggio non cessa di indagare, di mettere alla berlina le rappresentazioni e i raggiri degli uomini e degli omuncoli di potere» scrive Moni Ovadia nella prefazione al nuovo libro di Vauro “La zecca” (Editoriale90 e Compagnia editoriale Aliberti) che viene presentato in ANTEPRIMA giovedì 11 aprile alle ore 19 a Roma, presso la redazione del settimanale Left (via Ludovico di Savoia 2/b). Insieme all’autore intervengono Moni Ovadia, la direttrice responsabile di Left Simona Maggiorelli, e… un ospite a sorpresa. La raccolta di 320 tra vignette e tavole anche a colori uscirà insieme a Left in edicola da venerdì 12 aprile.
«La satira può essere tagliente, graffiante, pesante, amara e tutti gli altri aggettivi che di solito le vengono attribuiti da chi non la fa» ha scritto Vauro su Left che da anni pubblica le sue vignette, sia sulla versione cartacea che sul sito www.left.it. «Per me è un gioco, proprio come quello dei bambini, a volte rischioso, spesso chiassoso, fastidioso alle orecchie degli adulti ma mai monotono e sempre ricco di fantasia. E i bambini (almeno quelli di un tempo lo erano) sono immuni al conformismo». La satira non può essere conformismo perché altrimenti perderebbe la sua forza che è anche fantasia e allegria. La satira, dunque, è «sovversiva», dice l’autore. Non a caso «negli anni questo gioco» gli ha procurato «tentativi di censura, licenziamenti ed espulsioni, denunce e processi, assoluzioni e condanne». Fino «all’ossessione compulsiva di Salvini di querelarmi ogni venti minuti». Giustificando in questo modo la bassa classifica dell’Italia nelle classifiche mondiali sulla libertà di stampa.
Gli ultimi tre anni della nostra vita scorrono attraverso le tavole di Vauro. Il suo sguardo si sofferma sul Palazzo – dal centrosinistra ai legastellati -, sulle politiche razziste, su quelle del (non) lavoro, sulla difesa della Costituzione, sull’attualità internazionale comprese le crisi interne al Vaticano. E naturalmente sulla sinistra.
Vauro come un partigiano, scrive Moni Ovadia: «Il tratto che compone i suoi personaggi, incluso quello di se stesso, è popolare, proletario, attinge a un’umanità che viene dal basso e ha tutti i titoli per stigmatizzare le ingiustizie».