Le loro testimonianze sono fondamentali nella guerra alle mafie. Sono oltre 1.200, sono invisibili e sempre in pericolo. Ma, come alcuni di loro raccontano a Left, lo Stato li ignora e il programma di protezione fa acqua da tutte le parti. Tanto che c’è chi alla fine vi rinuncia

Spesso di loro sentiamo parlare in televisione. Alcune volte per via dei processi contro le mafie che nascono dalle loro testimonianze. Altre volte perché sono vittime di agguati. Uno degli ultimi casi è avvenuto a Pesaro a fine 2018: Marcello Bruzzese è stato ucciso. Un’esecuzione in stile mafioso. Viveva sotto programma di protezione perché era fratello del pentito Biagio Girolamo Bruzzese. Dietro storie come queste ci sono vite, persone, uomini, donne e bambini, molto spesso abbandonati dallo Stato. Eppure il contributo dei collaboratori di giustizia è stato fondamentale, come sottolinea anche Antonio Nicaso, docente negli Stati Uniti di Storia delle organizzazioni criminali e saggista (il suo ultimo libro, scritto con Nicola Gratteri, è Storia segreta della ‘ndrangheta). «Già in seguito all’introduzione della legge Rognoni-La Torre del 1982, solo grazie alle dichiarazioni di Tommaso Buscetta è emerso come la mafia non fosse un insieme scomposto di famiglie, ma una struttura al cui vertice c’era Totò Riina. Oggi – riflette ancora Nicaso – la nostra conoscenza delle dinamiche mafiose e camorristiche è molto alta grazie a chi ha confessato. Con la ’ndrangheta, poiché la struttura è basata sul vincolo di sangue, è stato più difficoltoso. Negli ultimi tempi, però, diversi figli di ’ndranghetisti hanno deciso di collaborare». Basta questo per capire quanto sia necessario tutelare i collaboratori di giustizia. Eppure c’è un dato, su tutti, che lascia intendere il livello di abbandono: nonostante il Viminale per legge debba presentare una relazione in merito una volta all’anno, l’ultimo report consegnato in Parlamento risale al 20 febbraio 2017. I numeri (alla data del 30 giugno 2016) indicano 1.277 collaboratori di giustizia e 4.915 familiari. Sono coinvolte, dunque, anche persone che non hanno mai avuto a che fare con la criminalità. E minori: il 40 per cento della popolazione sotto protezione.
Nel corso degli anni, i fondi sono stati sistematicamente tagliati. La conseguenza è che spesso il Viminale…

L’inchiesta di Carmine Gazzanni prosegue su Left in edicola dal 3 maggio 2019


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