Ostinati e contrari, come un verso rubacchiato malamente da Fabrizio De Andrè, non conformi e come il nome che la destra radicale ha scelto per connotare la sua azione metapolitica fin dagli anni Settanta. Si autodefiniscono così, non senza una certa presunzione, i fumetti di Ferrogallico piccolo esperimento in atto nel mondo “culturale” del neofascismo italiano.
Piccolo ma insidioso, utilizzato per arrivare là dove mai l’editoria di estrema destra era arrivata: la scuola pubblica. Succede in Veneto dove Regione e Comune di Verona hanno utilizzato denaro pubblico per regalare a studentesse e studenti la storia rivista e corretta secondo i parametri del vittimismo neofascista. Potrebbe succedere in Lombardia dove la Regione capitanata da Attilio Fontana ha votato un finanziamento di 50 mila euro per sostenere progetti nelle scuole in ricordo dei militanti dell’Msi Sergio Ramelli ed Enrico Pedenovi, uccisi negli anni Settanta da Avanguardia operaia e da Prima linea. La nuova frontiera della normalizzazione del fascismo passa attraverso i disegni e i balloon, al posto dei supereroi o degli abitanti di Paperopoli ci sono fascisti e nazisti nella parte dei buoni. Il tutto destinato a circolare anche tra i banchi e a portare nelle casse di Ferrogallico qualche migliaio di euro con la connivenza delle istituzioni.
Come spesso è accaduto i gruppi di estrema destra hanno ricalcato le orme dei movimenti di segno opposto. Nella modalità di essere presenti sul territorio con le occupazioni non conformi, nella creazione di un circuito musicale di area e dopo anni di sopravvivenza sotto traccia ora anche nell’editoria. Un’attenzione rivolta non solo a un pubblico specialistico ma a una platea soprattutto giovanile. Bisognosa di riferimenti riletti in chiave contemporanea da accostare alle pagine di formazione più teorica. Avida di immagini e ancora attratta dal più transgenerazionale dei generi, quello della fumettistica.
Un settore in espansione che nel 2017 ha conosciuto un vero e proprio boom azzerando la differenza tra editori di fumetti e editori tradizionali di opere “letterarie”. A pubblicare albi e graphic novel non sono più solo le specializzate Bonelli e Panini ma ogni casa ha in catalogo un’ampia scelta di soggetti e autori. Che passano dal banco dell’edicola allo scaffale della libreria. Un genere letterario riconosciuto e autonomo, non più rivolto a un pubblico di appassionati, in grado di fare numeri rilevanti e creare movimenti di opinione. Zerocalcare docet.
Anche l’estrema destra oggi cerca di cogliere il momento buono per ricavare la propria fetta di business.
Ecco che, con un’operazione strettamente legata a Casapound, lo scorso anno fa il suo esordio Altaforte edizioni, al centro delle polemiche in seguito alla sua espulsione dall’area espositiva del Salone del Libro di Torino, grazie ad una mobilitazione di scrittori ed editori antifascisti. Il marchio Altaforte è controllato dalla Sca2080 di Francesco Polacchi. Proprietario della linea di abbigliamento Pivert ed editore del Primato nazionale (il settimanale di CasaPound, ndr), il dirigente dei fascisti del terzo millennio oggi ha messo in piedi un sistema in grado di produrre in futuro reddito e posti di lavoro per militanti piazzati nei negozi, nelle librerie e nelle redazioni.
Altaforte ha oggi in catalogo tutta l’editoria neofascista italiana, da Aga Editrice di Maurizio Murelli, in cerca dell’ennesimo un posto al sole e supporter italiano di Alexandr Dugin, a nomi meno noti ai più come Passaggio al bosco o Idrovolante, creatura di Carlomanno Adinolfi, figlio del fondatore di terza Posizione Gabriele.
Ed è nell’alveo di Altaforte, tentativo di costruire un polo distributivo della cultura di area, che si colloca anche il semisconosciuto marchio Ferrogallico. Il nome è quello dell’inchiostro nero ricavato dalla galla di quercia e utilizzato fin dall’epoca romana. Dietro c’è una casa editrice milanese, la Signs Publishing. A fondarla nel 2017 cinque soci, tre dei quali politicamente vicini e lontani nello stesso tempo. Il primo è Marco Carucci ex portavoce di Forza nuova a Milano, che quattro anni fa chiese la messa all’indice dei libri destinati a spiegare ai bambini le nuove famiglie. Poi c’è Alfredo Durantini, anche lui dirigente lombardo di Forza nuova e proveniente da un colosso editoriale. Infine a fare da cintura tra le varie anime Federico Goglio, in arte Skoll, cantautore identitario, scrittore e amico di tutti.
Con Altaforte lo scorso anno Ferrogallico stringe una partnership per la distribuzione. La nuova società, che si specializza nella produzione di graphic novel e graphic journalism si presenta con un sito dove in homepage appare solo “Reportage”, la collana dedicata alla guerra in Siria e all’Isis con i racconti di giornalisti schierati a destra come Toni Capuozzo, Gian Micalessin e Fausto Biloslavo. Ma è Ferrogallico il vero pezzo forte di tutta l’operazione. Quello che permetterà nei mesi successivi di entrare nelle stanze del Parlamento e portare il revisionismo storico nelle scuole pubbliche.
È il 27 aprile 2017 e alla Camera dei deputati viene presentato il libro Sergio Ramelli, quando uccidere un fascista non era reato. La data di uscita del libro corrisponde all’anniversario di morte del giovane fascista ucciso nel 1975 dal servizio d’ordine di Avanguardia operaia. Una vicenda che per neofascisti italiani è parte viva della memoria. Uno dei rari eventi che vede compatte tutte le aree di quel litigiosissimo ambiente. A fare gli onori di casa Ignazio è La Russa mentre a presentare l’opera siedono al tavolo lo sceneggiatore Marco Carucci, la disegnatrice Paola Ramella e Federico Goglio. Un bel colpo per dei fumetti “ostinati e contrari”. Il volume fa parte della collana “Anni Settanta” dove trova collocazione anche il fumetto dedicato a un’altra vicenda, Il rogo di Primavalle, un omicidio politicamente corretto.
L’ultimo periodo di vita di Ramelli è narrato con disegni semplici a volte grezzi. Questione di gusti sui quali non sarebbe giusto discutere, ma si fa fatica a vederci talento e cura. Quello che delude è invece è la sceneggiatura scritta dallo stesso Carucci. Un condensato di banalità con i “compagni” disegnati come la caricatura di se stessi, brutti sporchi e cattivi contrapposti al volto angelico e ragazzino del protagonista ormai diventato un’icona. Una superficialità sconcertante che riduce una vicenda politica e umana complessa a un ricettacolo di frasi fatte con una dinamica studiata per suscitare nei più giovani e ignari lettori una comprensibile reazione di rabbia.
Una strumentalizzazione senza pudore che vede il nome di Ramelli invocato per legittimare sfilate, cortei, saluti romani e apologia di fascismo spacciata per commemorazione e preghiera. «E chi pregano? Hitler?» si chiede Maurizio Acerbo – segretario di Rifondazione comunista – su facebook, una domanda che a vedere le mille braccia alzate dei giorni scorsi a Milano si dovrebbe fare chi assolve il saluto romano nelle aule dei tribunali.
Nell’opera viene proposto un mondo fatto di immaginari fascisti buoni che giocano a pallone all’oratorio, si innamorano e hanno sempre il sorriso sulle labbra contrapposto ai compagni vigliacchi e malvagi. Gli eroi e i mostri sono ritratti fuori dal reale contesto storico che ha visto morire decine di militanti di sinistra uccisi da neofascisti. Una scelta che ricalca, in peggio, l’utilizzo che la sinistra fa del naziskin ignorante come stereotipo ormai datato. Di originale e non conforme c’è davvero poco.
Più interessante, anche per gli aspetti economici è invece il caso di Foiba rossa. Norma Cossetto, storia di un’italiana, pubblicato nel 2018 da Ferrogallico e presentato in anteprima nella sala della Regina di Montecitorio grazie ai buoni uffici di Fratelli d’Italia. Il racconto procede a fatica tra tavole mal disegnate e peggio curate con grossolani errori storici, omissioni e tutto l’armamentario che correda la vulgata attorno al Giorno del ricordo. In alcuni casi, come è successo quest’anno al Municipio 5 di Milano, sono state realizzate mostre e iniziative istituzionali con distribuzione di copie nelle scuole. Più grave quanto accaduto in Veneto dove si è mossa Elena Donazzan, assessora regionale all’Istruzione fuoriuscita a dicembre da Forza Italia.
Si tratta del «solito bric-à-brac fascista che mischia imperialismo, razzismo, irredentismo oltranzista e vittimismo, di cui non varrebbe neanche la pena occuparsi – scrive su Giap il collettivo Nicoletta Bourbaki in una dettagliata analisi dell’opera – se non fosse di questi giorni la notizia (siamo a febbraio, nda) che la Regione Veneto ha deliberato che distribuirà il fumetto nelle scuole secondarie di primo grado in occasione del prossimo Giorno del ricordo (il 10 febbraio). Ne ha dato annuncio alla fine di gennaio l’assessore regionale all’Istruzione, la solita Elena Donazzan. Per Ferrogallico è un colpaccio: migliaia di copie piazzate non sul mercato – dove ci sarebbe il rischio d’impresa – ma grazie al potere politico, che le acquista coi soldi di tutti, anche degli antifascisti».
Un meccanismo insidioso che porta nelle casse di Ferrogallico un sacco di soldi. E una pubblicità gratuita ottenuta sfruttando l’onda delle polemiche seguite alla celebrazione del Giorno del ricordo e all’uscita contemporanea del pessimo film Red Land che tratta lo stesso tema.
In occasione della nascita dei Fasci di combattimento Ferrogallico ha prodotto, come prevedibile, due volumi dedicati alla ricorrenza: il diario scritto nelle trincee della Prima guerra mondiale da Benito Mussolini, ritratto nella veste di cronista e un omaggio agli eventi di piazza San Sepolcro, 1919 l’alba della rivoluzione fascista. Qui, in copertina un giovane squadrista attacca un manifesto dove si leggono in grande le parole «adunata» e «camerati». Parole che cento anni dopo sono diventate gli hashtag ufficiali sui social network per celebrare la data. Un altro tentativo di riscrivere la storia. Anzi, in questo caso di disegnarla. Con un antico, indelebile, inchiostro nero.
Articolo aggiornato venerdì 10 maggio alle ore 13.00