L’antifascismo sobrio è giardinaggio. È il fascismo sobrio, il vero problema

Sono quelli che dicono di seguire la parola di dio anche quando dio non è d’accordo. Quelli del governo Meloni devono avere pensato che fosse una botta di culo la morte di un pontefice proprio a cavallo del 25 aprile. E poiché di “papa se ne fa un altro” ma l’ottantesimo anniversario della Liberazione non è ripetibile, hanno escogitato un inusuale lutto nazionale di ben cinque giorni con l’intento di ammansire la Festa della Liberazione, confidando in una celebrazione meno libera, in linea con il digrignare di denti quotidiani a cui ci siamo abituati come rane bollite.

Si potrebbe parlare, ad esempio, della laicità di Stato, cerimonia ormai caduta in disgrazia in questo fiorire di inchieste speciali su bare e sugli anelli spezzati. Ma la laicità, tra i miasmi di questa epoca, è finita nel cesso quando una presidente del Consiglio ha deciso di etichettarsi come protettrice di dio – insieme alla patria e alla famiglia – senza prendere una pernacchia dagli elettori e senza un ammonimento dal Vaticano per i mancati diritti d’autore.

Il ministro Musumeci è stato l’apostolo prescelto per scolpire l’undicesimo comandamento: siate antifascisti con sobrietà. Il lutto nazionale per un capo di Stato estero dovrebbe essere il bromuro per considerare i fascisti solo degli effimeri maleducati e celebrare l’antifascismo con le mani giunte.

Ma l’antifascismo, per sua natura, è l’avversione a ogni contrizione, anche a quelle che banchettano sul cadavere del vescovo di Roma. L’antifascismo sobrio è giardinaggio. È il fascismo sobrio, il vero problema.

Buon mercoledì.

In foto: murale della street artist Laika “Antifascisti sempre”