Nel 1959 Cuba assunse una sfida impossibile per un piccolo Paese povero di risorse e assediato dagli Usa: sviluppare una sanità pubblica solida, gratuita e universale e un sistema scientifico avanzato, per rispondere alle esigenze della popolazione. Ecco come questa sfida è stata vinta

Nel nostro Paese i problemi dell’istruzione, della scuola, dell’università, della ricerca scientifica non hanno mai goduto delle simpatie e delle attenzioni di alcun governo, di qualsiasi colore fosse, ed anzi con l’irruzione della crisi economica del 2008 sono stati il bersaglio preferito di sforbiciate economiche selvagge e di vere controriforme che si possono definire senza mezzi termini oscurantiste. Sarebbe fin troppo banale (ma forse non lo è) osservare che un Paese che disprezza la cultura e l’innovazione taglia letteralmente l’erba sul terreno su cui dovrebbe camminare per uscire da una crisi e imboccare strade innovative: oggi più che mai necessarie e indilazionabili con l’imperversare della crisi ambientale e climatica.
Noi studiamo da molti anni le scelte coraggiose che ha fatto Cuba dopo la vittoria della rivoluzione dei barbudos dell’1 gennaio di 60 anni fa e ci convinciamo sempre più che il nostro Paese avrebbe moltissimo da imparare dalla rivoluzione cubana. Non certo con le visite rituali della Mogherini, a nome della Unione europea, o dei politici nazionali di turno, che solitamente rappresentano interessi molto miopi e non hanno certo la capacità (e la volontà) di cogliere gli aspetti realmente innovativi di questo Paese.
Che cosa affermò Fidel Castro nel famoso discorso del 1960, quando questo lembo di terra che ospita poco più di un millesimo della popolazione mondiale si trovava ad affrontare problemi ed emergenze primari, mentre era sotto assedio degli Stati Uniti (che proprio nell’aprile del 1961 organizzarono il disastroso sbarco alla Baia dei Porci)? Affermò che «il futuro di Cuba non poteva che essere un futuro di uomini di scienza». Aveva indubbiamente presente l’affermazione di José Marti: «Per essere liberi bisogna essere colti». E si capisce subito perché i governi italiani abbiano sempre aborrito l’istruzione.
Insomma, che cosa doveva fare la microscopica Cuba, povera di risorse, per vincere la sfida dello sviluppo che si presenta a tutti i Paesi sottosviluppati e che la maggioranza di essi ha perso? Per imboccare la strada sicura dello sviluppo economico e umano e mettersi al riparo da ogni condizionamento era imp…

L’articolo di Angelo Baracca e Rosella Franconi prosegue su Left in edicola dal 10 maggio 2019


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