Mimmo Lucano ricorderà a lungo e con emozione l’8 maggio di quest’anno. Era a Cinisi, per l’anniversario dell’uccisione di Peppino Impastato a ritirare il premio a lui intitolato. Un premio ottenuto con una motivazione impeccabile "per aver costruito un modello di economia alternativa che ha messo al centro l’essere umano". Tante le foto, gli abbracci collettivi, la commozione incontrando Giovanni Impastato, Umberto Santino, Marcella Stagno, Francesca Impastato, i tanti e le tante che mantengono viva la memoria di Peppino.
«Io ero appena maggiorenne quando la mafia ha ammazzato Peppino - racconta il sindaco di Riace -. Il mio primo voto è andato a Democrazia proletaria, un nome che mi è sempre piaciuto e in cui mi sono riconosciuto e soprattutto a Peppino che rimase candidato anche dopo la morte. Sono già stato altre volte a Cinisi ma questa volta è stato tutto più forte e comprendo sempre di più il legame forte che c’è, nonostante siano passati tanti anni, con Riace. Le storie dei nostri due paesi sono storie di ribellione e di utopia».
Sono passati 41 anni dalla morte di Peppino ma ad ogni anniversario sono migliaia le persone che arrivano da tutta Italia, i vecchi compagni, ragazzi che ne hanno sentito parlare, le generazioni che, non solo in Sicilia, non si sono mai arrese al potere mafioso. «Sono stati giorni intensi - riprende Mimmo -. Ho passato tante ore con Marcella Stagno che è stata con Peppino l’ultimo giorno. Mi ha raccontato delle sensazioni opprimenti che avevano, di come nell’aria ci fosse già qualcosa di tragico che stava per avvenire. E ho avvertito la tensione esistenziale legata ai problemi di quel luogo, lei mi ha raccontato di un vissuto carico di sofferenza, la pressione mafiosa (lo zio di Peppino era capo del “cartello di Cinisi che aveva sopra i corleonesi”), mi ha descritto i travagli interiori di un militante che aveva capito bene come per combattere le mafie bisognava rimuovere la divisione in classi della società.
C’è un legame fra le differenze di classe e le mafie, ieri era il capitalismo oggi il neoliberismo, ma entrambi impongono una società basata sullo sfruttamento, sul controllo del territorio e dei sistemi economici e finanziari. Anche la ‘ndrangheta da noi non è più quella dei sequestri di persona ma quella che ha dato vita ad una borghesia mafiosa, composta da persone che magari neanche si rendono completamente conto di servire una organizzazione criminale e di subire un controllo politico. Ci sono voluti tanti anni per capire che l’autore dell’omicidio era stato Tano Badalamenti, a capire il senso di quei 100 passi che separano due case e un municipio in cui si voleva provare a vagheggiare una società democratica e giusta, come in tanti paesini del Sud».
Lucano parla con fervore del riscatto di una terra, della sua immagine e insieme dell’urgenza di avere una sinistra “composta da tante isole che non riescono a costituire un arcipelago” «Io non mi sono mai tesserato ad un partito perché non voglio istituzionalizzare la militanza, rendere conto a qualcosa di gerarchico, avere una limitazione nel pensiero. Credo che anche questo mi sia servito a fare il indaco assumendomi le responsabilità del territorio con tutti i rischi che comporta l’esporsi in prima linea. Ho potuto fare il sindaco in mezzo alla strada, sulla spiaggia, aiutando durante gli sbarchi ma senza mai sentirmi una autorità. È stato naturale, avevo anni di preparazione alle spalle per questo ma non ho mai lavorato come burocrate. La burocrazia per me è uno spazio grigio in cui si confermano le differenze sociali e di classe. Io ho solo deciso da quale parte stare. Ad un livello più alto anche la magistratura, quando non applica le leggi che difendono il popolo partendo da chi è ai gradini più bassi, consolida il dominio di una classe sociale su un’altra. Facendo il sindaco ho imparato che l’immigrazione è al centro del dibattito politico perché rappresenta la nuova questione operaia. Per questo penso che sia necessaria una azione sindacale, che non sempre c’è stata in maniera chiara e netta».
Mimmo teme di divagare nel provare a definire il filo rosso che lega Cinisi a Riace ma è solo un’impressione. Riprende citando Umberto Santino, della Fondazione Impastato che affermava nei giorni scorsi «non possiamo perdere su Riace e la questione è di carattere generale. Quello che si sta facendo è un processo politico».
E Lucano riprende il filone partendo da questo: «Chi si schiera a sinistra deve capire questo. La differenza con il mondo neo liberista e fascista che ci governa è semplice. Chi ci comanda vuole la castrazione chimica, invoca la legittima difesa, inventa decreti sicurezza, disumanizza il mondo contro rom e rifugiati con un assurdo “prima gli italiani”, una frase che ci porta diritti verso il nazismo. - E il sindaco di Riace insiste - La Storia di Cinisi ha contaminato positivamente il pensiero. Un film come I cento passi, al di là della coerenza rispetto alla cronaca, ha avuto il merito di divulgare la storia di Peppino e mettere di fronte ad un quesito semplice: da che parte devo stare? Dalla parte dello squallore o della luce? E mi entra nella testa un pensiero inquietante. Hanno permesso che si facesse un film su Peppino Impastato perché era morto e gli eroi sono sempre morti. Invece non vogliono trasmettere la fiction già ultimata su Riace e mi domando perché? Forse perché sono vivo? Secondo il mio avvocato nelle carte che mi accusano non c’è nulla, ci sono esclusivamente attacchi politici. La fiction su Riace avrebbe mostrato ad almeno 7 milioni di persone un messaggio di umanità che parte dalla Calabria ionica, dove grazie all’immigrazione si risorge».
E in questo colloquio in cui si incontrano attraverso i due paesi, passato e presente, Mimmo Lucano parla di oscurantismo dilagante, di chi indica i migranti come dramma sociale e predica la disintegrazione. E cerca un filo nero che lega gli strumenti con cui viene infranto un sogno della sinistra: «La mafia prima, la lotta armata poi e quindi l’utilizzo di certa magistratura. Sembra che ci sia proibito raggiungere le utopie. La storia ci condanna a sognare e forse non finiremo mai di fare i nostri “cento passi”. Ma questa non è la sconfitta ma un insegnamento per continuare, da cui non ci dobbiamo distaccare». Il sindaco continua a vivere con genuina sorpresa il fatto che durante i suoi spostamenti trova sempre persone che si fermano ad attenderlo, volti noti e meno noti che gli confermano che non è da solo.
Mimmo Lucano è venuto a parlare all’Università di Roma “La Sapienza”, invitato dalla cattedra di Antropologia culturale, dal professor Vito Teti su "Il senso dei luoghi e il senso degli altri". Forza nuova aveva minacciato una contestazione contro il “nemico d’Italia” ma questo ha portato studenti e democratici a mobilitarsi e la manifestazione neofascista è stata vietata. «Io sono venuto a parlare di come l’antropologia dei nostri luoghi sia fatta per creare ponti. È qualcosa di innato, da noi naturalmente si parla di porti aperti, della difficoltà vissute dagli emigranti, del bisogno di sentire solidarietà, di poter sperare in un futuro migliore. Per questo dico che l’immigrazione e la solidarietà alla Calabria fanno bene. Voglio dire questo agli studenti - e aggiunge polemico - oggi Salvini dice che mi rispetta, che ho diritto di parlare. Ma ha contribuito a creare questo clima d’odio, ad aver distrutto il sistema di accoglienza. Ora cerca di apparire meno disumano ma io il rispetto di una persona così non lo voglio. Mi accusano ancora di voler ripopolare il sud con “colonie africane” ma lo sanno bene che chi scappa non sceglie di venire da noi. Chi pensa il contrario offende i nostri luoghi e la nostra gente. Altro che “deportazione etnica”.
E Mimmo Lucano parla anche delle prossime elezioni, in cui spera di poter votare. Non sa se gli daranno il permesso di recarsi al seggio anche se candidato come consigliere comunale. «Fanno candidare Berlusconi e io sono esiliato. Ma le cose stanno cambiando. A Cinisi sono stati mandati via i parlamentari M5S venuti con le telecamere. Li hanno allontanati dicendo loro che non è gradito chi governa con i razzisti». E con timidezza poi Mimmo Lucano parla anche delle elezioni europee: «Voto La Sinistra - afferma - e sostengo Eleonora Forenza che a Riace e ai migranti è stata tanto vicina».
Il video del corteo che lunedì 13 maggio 2019 ha accolto Domenico Lucano alla Sapienza
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Mimmo Lucano ricorderà a lungo e con emozione l’8 maggio di quest’anno. Era a Cinisi, per l’anniversario dell’uccisione di Peppino Impastato a ritirare il premio a lui intitolato. Un premio ottenuto con una motivazione impeccabile “per aver costruito un modello di economia alternativa che ha messo al centro l’essere umano”. Tante le foto, gli abbracci collettivi, la commozione incontrando Giovanni Impastato, Umberto Santino, Marcella Stagno, Francesca Impastato, i tanti e le tante che mantengono viva la memoria di Peppino.
«Io ero appena maggiorenne quando la mafia ha ammazzato Peppino – racconta il sindaco di Riace -. Il mio primo voto è andato a Democrazia proletaria, un nome che mi è sempre piaciuto e in cui mi sono riconosciuto e soprattutto a Peppino che rimase candidato anche dopo la morte. Sono già stato altre volte a Cinisi ma questa volta è stato tutto più forte e comprendo sempre di più il legame forte che c’è, nonostante siano passati tanti anni, con Riace. Le storie dei nostri due paesi sono storie di ribellione e di utopia».
Sono passati 41 anni dalla morte di Peppino ma ad ogni anniversario sono migliaia le persone che arrivano da tutta Italia, i vecchi compagni, ragazzi che ne hanno sentito parlare, le generazioni che, non solo in Sicilia, non si sono mai arrese al potere mafioso. «Sono stati giorni intensi – riprende Mimmo -. Ho passato tante ore con Marcella Stagno che è stata con Peppino l’ultimo giorno. Mi ha raccontato delle sensazioni opprimenti che avevano, di come nell’aria ci fosse già qualcosa di tragico che stava per avvenire. E ho avvertito la tensione esistenziale legata ai problemi di quel luogo, lei mi ha raccontato di un vissuto carico di sofferenza, la pressione mafiosa (lo zio di Peppino era capo del “cartello di Cinisi che aveva sopra i corleonesi”), mi ha descritto i travagli interiori di un militante che aveva capito bene come per combattere le mafie bisognava rimuovere la divisione in classi della società.
C’è un legame fra le differenze di classe e le mafie, ieri era il capitalismo oggi il neoliberismo, ma entrambi impongono una società basata sullo sfruttamento, sul controllo del territorio e dei sistemi economici e finanziari. Anche la ‘ndrangheta da noi non è più quella dei sequestri di persona ma quella che ha dato vita ad una borghesia mafiosa, composta da persone che magari neanche si rendono completamente conto di servire una organizzazione criminale e di subire un controllo politico. Ci sono voluti tanti anni per capire che l’autore dell’omicidio era stato Tano Badalamenti, a capire il senso di quei 100 passi che separano due case e un municipio in cui si voleva provare a vagheggiare una società democratica e giusta, come in tanti paesini del Sud».
Lucano parla con fervore del riscatto di una terra, della sua immagine e insieme dell’urgenza di avere una sinistra “composta da tante isole che non riescono a costituire un arcipelago” «Io non mi sono mai tesserato ad un partito perché non voglio istituzionalizzare la militanza, rendere conto a qualcosa di gerarchico, avere una limitazione nel pensiero. Credo che anche questo mi sia servito a fare il indaco assumendomi le responsabilità del territorio con tutti i rischi che comporta l’esporsi in prima linea. Ho potuto fare il sindaco in mezzo alla strada, sulla spiaggia, aiutando durante gli sbarchi ma senza mai sentirmi una autorità. È stato naturale, avevo anni di preparazione alle spalle per questo ma non ho mai lavorato come burocrate. La burocrazia per me è uno spazio grigio in cui si confermano le differenze sociali e di classe. Io ho solo deciso da quale parte stare. Ad un livello più alto anche la magistratura, quando non applica le leggi che difendono il popolo partendo da chi è ai gradini più bassi, consolida il dominio di una classe sociale su un’altra. Facendo il sindaco ho imparato che l’immigrazione è al centro del dibattito politico perché rappresenta la nuova questione operaia. Per questo penso che sia necessaria una azione sindacale, che non sempre c’è stata in maniera chiara e netta».
Mimmo teme di divagare nel provare a definire il filo rosso che lega Cinisi a Riace ma è solo un’impressione. Riprende citando Umberto Santino, della Fondazione Impastato che affermava nei giorni scorsi «non possiamo perdere su Riace e la questione è di carattere generale. Quello che si sta facendo è un processo politico».
E Lucano riprende il filone partendo da questo: «Chi si schiera a sinistra deve capire questo. La differenza con il mondo neo liberista e fascista che ci governa è semplice. Chi ci comanda vuole la castrazione chimica, invoca la legittima difesa, inventa decreti sicurezza, disumanizza il mondo contro rom e rifugiati con un assurdo “prima gli italiani”, una frase che ci porta diritti verso il nazismo. – E il sindaco di Riace insiste – La Storia di Cinisi ha contaminato positivamente il pensiero. Un film come I cento passi, al di là della coerenza rispetto alla cronaca, ha avuto il merito di divulgare la storia di Peppino e mettere di fronte ad un quesito semplice: da che parte devo stare? Dalla parte dello squallore o della luce? E mi entra nella testa un pensiero inquietante. Hanno permesso che si facesse un film su Peppino Impastato perché era morto e gli eroi sono sempre morti. Invece non vogliono trasmettere la fiction già ultimata su Riace e mi domando perché? Forse perché sono vivo? Secondo il mio avvocato nelle carte che mi accusano non c’è nulla, ci sono esclusivamente attacchi politici. La fiction su Riace avrebbe mostrato ad almeno 7 milioni di persone un messaggio di umanità che parte dalla Calabria ionica, dove grazie all’immigrazione si risorge».
E in questo colloquio in cui si incontrano attraverso i due paesi, passato e presente, Mimmo Lucano parla di oscurantismo dilagante, di chi indica i migranti come dramma sociale e predica la disintegrazione. E cerca un filo nero che lega gli strumenti con cui viene infranto un sogno della sinistra: «La mafia prima, la lotta armata poi e quindi l’utilizzo di certa magistratura. Sembra che ci sia proibito raggiungere le utopie. La storia ci condanna a sognare e forse non finiremo mai di fare i nostri “cento passi”. Ma questa non è la sconfitta ma un insegnamento per continuare, da cui non ci dobbiamo distaccare». Il sindaco continua a vivere con genuina sorpresa il fatto che durante i suoi spostamenti trova sempre persone che si fermano ad attenderlo, volti noti e meno noti che gli confermano che non è da solo.
Mimmo Lucano è venuto a parlare all’Università di Roma “La Sapienza”, invitato dalla cattedra di Antropologia culturale, dal professor Vito Teti su “Il senso dei luoghi e il senso degli altri”. Forza nuova aveva minacciato una contestazione contro il “nemico d’Italia” ma questo ha portato studenti e democratici a mobilitarsi e la manifestazione neofascista è stata vietata. «Io sono venuto a parlare di come l’antropologia dei nostri luoghi sia fatta per creare ponti. È qualcosa di innato, da noi naturalmente si parla di porti aperti, della difficoltà vissute dagli emigranti, del bisogno di sentire solidarietà, di poter sperare in un futuro migliore. Per questo dico che l’immigrazione e la solidarietà alla Calabria fanno bene. Voglio dire questo agli studenti – e aggiunge polemico – oggi Salvini dice che mi rispetta, che ho diritto di parlare. Ma ha contribuito a creare questo clima d’odio, ad aver distrutto il sistema di accoglienza. Ora cerca di apparire meno disumano ma io il rispetto di una persona così non lo voglio. Mi accusano ancora di voler ripopolare il sud con “colonie africane” ma lo sanno bene che chi scappa non sceglie di venire da noi. Chi pensa il contrario offende i nostri luoghi e la nostra gente. Altro che “deportazione etnica”.
E Mimmo Lucano parla anche delle prossime elezioni, in cui spera di poter votare. Non sa se gli daranno il permesso di recarsi al seggio anche se candidato come consigliere comunale. «Fanno candidare Berlusconi e io sono esiliato. Ma le cose stanno cambiando. A Cinisi sono stati mandati via i parlamentari M5S venuti con le telecamere. Li hanno allontanati dicendo loro che non è gradito chi governa con i razzisti». E con timidezza poi Mimmo Lucano parla anche delle elezioni europee: «Voto La Sinistra – afferma – e sostengo Eleonora Forenza che a Riace e ai migranti è stata tanto vicina».
Il video del corteo che lunedì 13 maggio 2019 ha accolto Domenico Lucano alla Sapienza