Non è vero che l’Italia è un Paese povero. Anzi, il risparmio privato è il più alto d’Europa. Solo che la ricchezza è mal distribuita e soprattutto non viene reinvestita in attività produttive. E così lo Stato è in deficit e la povertà dilaga

Il senso comune oggi in Italia dice che non ci sono i soldi, che siamo in una situazione di scarsità. È una vera e propria “ideologia dominante” perché è condivisa dalla stragrande maggioranza della popolazione di qualunque strato sociale e orientamento politico. La scarsità è il punto da cui parte ogni ragionamento politico e sulla base di questo assunto vengono avanzate le proposte politiche. I fascisti della Lega sulla scarsità motivano il loro razzismo nazionalista: non possiamo accogliere tutti perché non ci sono i soldi e allora prima pensiamo ai nostri. I liberali – di centrodestra, centrosinistra – sulla scarsità motivano le politiche di rigore e in definitiva i tagli del welfare. Gli stessi grillini alla prova dei fatti hanno applicato i vincoli europei e ci dicono che non si può fare altro, che non possono fare i miracoli. Il punto fondamentale su cui interrogarsi è: ma questa tesi della scarsità, dei soldi che non ci sono, è vera o falsa? Io penso che sia falsissima. L’Italia è un Paese ricco. Il risparmio privato italiano è il più alto d’Europa, il doppio di quello tedesco. La bilancia commerciale italiana è in attivo, dopo la Germania siamo il Paese europeo che esporta di più. Il bilancio dello Stato ha un enorme avanzo primario che è cominciato nel 1992 e nel corso dei decenni è il maggiore di tutta Europa. Qual è il problema dell’Italia? Che la ricchezza privata è molto mal distribuita – molto peggio che in Germania – perché il 10 per cento più ricco della popolazione possiede la larga maggioranza del risparmio stesso. Abbiamo così una minoranza che non sa cosa farsene dei soldi e una maggioranza che non arriva a fine mese ed esperimenta – concretamente – che i soldi non ci sono. Come se non bastasse gli italiani ricchi hanno anche evaso le tasse in modi vergognosi e con questi soldi hanno comprato – in buona compagnia con le banche – titoli di Stato, che dopo la separazione tra Banca d’Italia e ministero del Tesoro, hanno dato rendimenti assurdi, ingrassando i possessori dei titoli e spiumando lo Stato. Così in Italia lo Stato è in deficit nonostante spenda per i servizi meno di quanto incassa di tasse, la maggioranza della popolazione è povera nonostante il Paese risulti ricco, una minoranza del 10 per cento si ingrassa e l’economia ristagna. Ristagna perché lo Stato invece di fare una spesa in deficit fa un avanzo primario e cioè spende meno di quanto incassa regalando soldi ai rentier e producendo un effetto recessivo sull’economia italiana. Ristagna perché le famiglie, che sono il nucleo fondamentale del consumo interno non hanno i soldi per arrivare a fine mese. Quindi l’idea che in Italia non ci siano i soldi e che l’Italia sia un Paese povero è completamente sballata. In Italia i soldi sono così mal distribuiti da non poter essere spesi produttivamente. Questo perché chi ha i soldi li investe in attività produttive solo se pensa di poterci guadagnare. Ma in un Paese in cui il mercato interno è crollato nel 2008 e non si è mai ripreso, in cui la fiducia dei cittadini è sotto la suola delle scarpe, difficile fare investimenti produttivi che rendano. In Italia quindi i soldi, la ricchezza, c’è. Solo che è distribuita in modo tale da non servire a nulla, per cui il Paese sprofonda. Senza redistribuzione del reddito è impossibile che l’Italia esca dalla crisi ma nonostante questo la Lega, i Cinque stelle, Forza Italia e il Pd sono contro la patrimoniale sulle grandi ricchezze. Per il semplice motivo che tutti questi partiti sono interni alle classi dominanti di questo Paese. È un problema di classe, bellezza: cane non mangia cane! Sorge spontanea la domanda: ma come hanno fatto gli italiani a farsi fregare in questo modo incredibile? Perché la colonizzazione dei cervelli comincia da molto tempo ed è stata fatta a reti unificate: ha cominciato Craxi con il taglio dei 4 punti di scala mobile a dire che bisognava che i privilegiati che avevano un lavoro facessero un piccolo sacrificio in modo che ci fossero le risorse per fare gli investimenti e dare lavoro ai figli. Su questa idea vinse il referendum contro il Pci, poi centro destra e centro sinistra proseguirono con Amato nel 1992, con Dini nel ’96, poi tutti gli altri fino a Monti. Così l’idea che i soldi non ci sono è diventato senso comune ed è stata la base su cui si sono fondate le politiche di rigore ed oggi i fascisti fondano le loro politiche razziste. Scardinare questa idiozia è fondamentale per cambiare l’Italia. A questo serve la sinistra.

Paolo Ferrero è vicepresidente del Partito della Sinistra Europea

 

L’articolo di Paolo Ferrero è tratto da Left in edicola fino al 30 maggio 2019


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