Sulla piattaforma Rousseau boom di clic, ma in tanti non hanno votato, compreso Roberto Fico. Intanto l'altro vicepremier pretende il sì su Tav, appalti, rifiuti, flat tax

«Il MoVimento 5 Stelle non perde mai: o vince o impara», scrive Di Maio, o chi per lui, sul blog delle stelle, l’house organ del partito giallo. Retorica per galvanizzare i suoi dopo aver “imparato” che sei milioni di voti si sono volatilizzati in dodici mesi ma secondo alcuni il non perdere mai potrebbe dipendere dalle prodigiose qualità della piattaforma Rousseau, un marchingegno che in parecchi considerano opaco  e che ieri sera ha registrato un record di clic nella votazione sul referendum interno sul ruolo di Di Maio. La lampada di Aladino elettronica di Casaleggio, intanto, è una delle ragioni per cui i verdi europei hanno rifiutato al M5s l’ospitalità nella loro famiglia all’europarlamento. Così sia Di Maio sia Salvini – che nelle stesse ore incassa un búcsú da Orban, l’addio di Fidesz al progetto di super-gruppo sovranista a cui stanno lavorando Marine Le Pen e Matteo Salvini – si confermano partner imbarazzanti fuori dai confini della patria.
«Penso – osserva Lamberts – che (i cinquestelle, ndr) siano disperati, ma perché dovremmo soccorrerli, quando sono disperati, sprecando tutto il nostro capitale politico? Immaginate come apparirebbero i Verdi se li accogliessimo ora. La nostra coesione è la nostra forza. Forse siamo più piccoli, ma siamo coesi, agiamo come una squadra. E ora, se avessi 14 eurodeputati le cui posizioni sono decise da qualcuno a Milano….no, questo è veleno», ha detto il copresidente del gruppo dei Verdi nell’Aula di Strasbugo Philippe Lamberts. «Fanno i referendum interni, ma se vuoi controllare i documenti e i dati, Casaleggio dice di no. Spiacente, ma questa non è democrazia. Bisogna avere una democrazia vera: avere una democrazia diretta via Internet, quando il processo non può essere sottoposto a un audit, mi spiace ma non è democrazia. La chiamano democrazia diretta, per me è autocrazia».
Intanto su Rousseau c’è stato il record “mondiale” di votazioni, ben 14 mila in più rispetto all’ultima votazione, peraltro spalmata su tre giorni. «Con 56.127 preferenze espresse – si legge sul blog delle Stelle – la nostra piattaforma online ha fatto registrare il record assoluto. Quella odierna è stata non solo la votazione con maggior partecipazione dell’intera storia di Rousseau, ma anche quella più partecipata di sempre a livello mondiale in fatto di democrazia digitale». Un risultato auspicato anche da Salvini – «Dai 5 Stelle mi auguro tanti sì per Luigi Di Maio e una marea di sì per andare avanti col governo» – mentre in tanti tra gli ortodossi, a partire da Roberto Fico, si sono dichiarati contrari alla scelta del leader e non hanno votato. «Ora ripartiamo più forti ma non mi monto la testa, è il momento dell’umiltà», esulta Di Maio ma la sconfitta alle Europee è destinata ad innescare una vera e propria rivoluzione nell’organizzazione interna del Movimento che non tutti digeriranno di buon grado. Già nel corso dell’assemblea dei parlamentari, quando è emerso il tema della costituzione di una sorta di segreteria politica (o comitato dei saggi, o cabina di regia) in tanti hanno chiesto al capo politico che si trattasse di persone elette dai gruppi e non nominate dall’alto. Saranno accontentati a metà. I sommovimenti potrebbero avere luogo nelle prossime ore e saranno frutto della strategia sua e del suo inner circle, il cerchio magico. Ma, assicura Di Maio, nelle prossime settimane si avrà una nuova struttura organizzativa che deve prevedere «compiti precisi» in capo a persone «individuate dal M5S». Probabile, quindi, il nuovo ricorso alla piattaforma Rousseau. La nuova struttura, nella strategia di Di Maio, avrà deleghe ben precise sui temi, sui territori e sulle liste civiche, vero e proprio trampolino con cui il Movimento proverà a risalire la china. Si fanno i nomi di Alessandro Di Battista, Roberto Fico, o Chiara Appendino e, nei prossimi giorni, Di Maio si dedicherà al Movimento incontrando consiglieri regionali, sindaci, consiglieri regionali e partecipando in prima persona alle assemblee regionali. «Servirà, inoltre, un raccordo più stretto tra governo e Parlamento», ha detto Di Maio perché nella congiunta dei gruppi a finire nel mirino sono stati anche i membri M5S dell’esecutivo. Angelo Tofalo, sottosegretario alla Difesa, su Fb, attacca il suo ministro Elisabetta Trenta: «Le ho spiegato che il nemico non è Salvini, ma le scelte del ministero sono influenzate da capi e capetti del passato», scrive Tofalo innescando l’ira dei vertici e anche di tanti parlamentari. «Parole gravi, prendiamo le distanze», si affrettano a dire fonti del M5S. Ma la querelle non sembra finita e, in serata il M5S è costretto a smentire i rumors delle dimissioni di Tofalo. Il momento è delicato, con un Salvini debordante e un Di Maio che, per ora, ha il difficile compito frenare qualsiasi risposta alle provocazioni leghiste.
Non va meglio in periferia: «La votazione su Rousseau mi sembra un’assurda buffonata (ai livelli di quella sulla Diciotti) che servirà a legittimare o no, non Di Maio in sé, ma la linea tenuta dal M5S finora», dice Maura Paoli unendosi al gruppo dei consiglieri M5S di Torino e del Piemonte che – nonostante gli appelli della sindaca Appendino – hanno deciso di non partecipare alla votazione di oggi sulla piattaforma Rousseau, «una votazione politica – scrive su Facebook – che si nasconde dietro un voto alla persona». Per la consigliera, appartenente a quella che viene definita l’ala dura del Movimento a Palazzo Civico, «Di Maio è un personaggio, costruito e supportato da una cerchia di persone che, a mio parere, hanno consigliato una strategia politica e comunicativa pessima. Se Di Maio dovesse saltare, ma il metodo rimanesse invariato – precisa – non cambierebbe nulla».
Tutto ciò mentre vanno in fumo due narrazioni giallo-verdi, quella del nuovo miracolo economico e quella del governo degli onesti. Mentre andava in scena il responso di Rousseau, si dimetteva Edoardo Rixi, viceministro leghista, mezz’ora dopo la notizia della sua condanna a tre anni e cinque mesi in primo grado, e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, per le «spese pazze» di quando era consigliere regionale in Liguria. In mezz’ora piovono ben 37 richieste di dimissioni contate da Matteo Salvini. Potrebbe essere un nuovo caso Siri, potrebbe portare alla crisi di governo ma il leader della Lega non vuole far saltare il banco su una sentenza. E così attacca i giudici («Rispetto le sentenze ma è incredibile che ci siano spacciatori a piede libero, e sindaci, amministratori e parlamentari accusati o condannati senza uno straccio di prova. Cinque anni per un omicidio, tre anni per un piatto di spaghetti: abbiamo un problema») ma il caso Rixi lo chiude in fretta e accoglie le dimissioni che Rixi ha consegnato nelle sue mani, come se fosse lui il premier, notano in tanti.
Nella stessa, convulsa giornata, Conte ha visto – separatamente – i capigruppo di M5s e Lega per provare a portare avanti almeno i decreti su sanità in Calabria, crescita e cantieri che sono in Parlamento. Ai leghisti dice che valuterà richieste come stralciare la norma salva Roma dal dl crescita. E con fair play loda per la «sensibilità istituzionale» la scelta di Rixi di dimettersi dopo la condanna. Ma il protagonismo «da premier» di Salvini alimenta nel M5s il sospetto che voglia «provocare» con ultimatum continui, per portare Di Maio alla rottura e andare al voto a settembre addossandogli la colpa della crisi. Il ministro dell’Interno nega: «A settembre non si vota, si fa la manovra». Ma in un solo giorno, apre innumerevoli fronti nella maggioranza. In mattinata si presenta da Giovanni Tria con Giorgetti, Borghi, Garavaglia e Bagnai. Dice un «no assoluto» all’aumento dell’Iva e mette sul tavolo la sua ricetta per evitare la procedura d’infrazione europea, che passa da una proroga della pace fiscale «da alcune decine di miliardi». Non solo. Annuncia che porterà il progetto di flat tax (da realizzare in autunno) al prossimo Consiglio dei ministri, «quando si farà». Anticipa voci europee di aumento al 55% dei finanziamenti per la Tav: è «vantaggioso e doveroso farla». Annuncia la sospensione del codice degli appalti per due anni e nuove norme sui rifiuti. Tav, appalti, rifiuti: il M5s, chiusa la «bizzarria» del voto su Rousseau, deve dire – avverte Salvini – tanti Sì o non si va avanti. La lista è da incubo per il M5s. Ma il Movimento non reagisce. Nel mirino ci sono Danilo Toninelli («Uno sbloccatore di cantieri senza eguali», ironizza), Elisabetta Trenta («Tagliare sulla difesa è suicida») e Sergio Costa («Per difendere l’ambiente non può bloccare il Paese»). Il ministro dell’Interno invoca poi per l’Italia (e la Lega) un commissario europeo con portafoglio economico e la nomina del nuovo ministro agli Affari europei: «Conte ha la delega ma lui ha altro da fare, la prossima settimana va in Vietnam…», nota Salvini.