Alla luce dell'elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza del Parlamento Ue, emerge che Gue e Verdi sono una robusta opposizione di alternativa. Ciò a sua volta dimostra che la dialettica europea non è tra governance e sovranisti. Si conferma quindi l’importanza di questi due gruppi che in Italia si è fatto di tutto perché non avessero rappresentanza

Con 383 sì e 327 no Ursula von der Leyen viene approvata dal Parlamento Europeo per soli 9 voti di scarto sulla maggioranza richiesta.

Sono circa 50 voti in meno di quelli presi 5 anni fa da Juncker.

Dopo anni di crisi si è “letto” il voto europeo come una conferma del proprio operato e si è fatto un percorso intergovernativo che ha negato quel poco di democrazia avviata con gli spitzenkandidat indulgendo in trattative poco edificanti producendo questo risultato.

Un totale continuismo programmatico che non affronta sul serio nessun problema della sofferenza di chi vive in Europa o di chi vorrebbe arrivarci che invece è drammatica.

Conoscendo bene lo stile Ue ne ritrovo nel discorso di Ursula von der Leyen tutti gli elementi.

Bene ha fatto il Gue a porre i termini concreti che non trovano risposta.

1) Si pone fine alla stretta della austerità costruita con six pack, two pack e fiscal compact?

2) Come si esce dall’impianto liberista di Maastricht?

3) Che significano salario minimo europeo e assicurazione europea sulla disoccupazione? Perché non si prevede un livello contrattuale europeo che preveda armonizzazione salariale e delle attribuzioni sociali? La “assicurazione” europea per la disoccupazione è come la previdenza integrativa europea privata che bisogna pagarsi?

4) Dove sono i canali legali per i migranti per entrare in Europa?

5) Dove sono le misure concrete che servono a ridurre sul serio le emissioni e non registrare semplicemente la riduzione derivante da chiusure e spostamenti d’impianti?

I Cinquestelle e il Pd si accodano. Blanditi i “populisti” per separarli dai “sovranisti”.

Divisi i socialisti. Decisivi i popolari con i loro tanti sovranisti e i liberali resi ancora più liberisti da Macron.

Gue e Verdi sono una robusta opposizione di alternativa che dimostra che la dialettica non è tra governance e sovranisti. Si conferma l’importanza di questi due gruppi che in Italia si è fatto di tutto perché non avessero rappresentanza e nel cui voto io mi riconosco.

Lo strappo di Macron ha comunque ottenuto il risultato voluto anche se con molti rischi.

La UE ha una “nuova” maggioranza risicata ma più “politica”.

Non è quella di cui si è straparlato in campagna elettorale “da Macron a Tsipras” ma “da Macron a Di Maio”.

I liberali di Macron sono al centro e la Germania del dopo Merkel e della Spd in crisi converge pagando prezzi nelle alleanze interne ed esterne ma restando il Paese più forte. Sanchez ha garantito la maggioranza dei socialisti compreso il Pd.

La maggioranza parlamentare è striminzita ma allargabile facilmente perché la Spd verosimilmente non starà all’opposizione e gli stessi verdi dopo lo schiaffo della esclusione dovranno tenere e non sarà facile.

Sui paesi a guida sovranista si farà un riequilibrio nelle nomine.

Resta l’Italia dove la partita sarà complessa. Ora Conte dovrà garantire una nomina di peso. Ma un leghista potrebbe non passare il voto di Strasburgo. Sia per i cinquestelle che per la lega le scelte non sono facili. Anche Salvini ha bisogno di risultati e può pensare che gli serva che il governo sia suo anche formalmente.

Vedremo.

Intanto, come ho già scritto, è bene ricordare che dei 327 voti contrari (più gli astenuti) una buona metà sono di sinistra.

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Articolo pubblicato su Transform! Italia