A molti giornalisti accreditati presso il Vaticano non interessa dire la verità: sono al servizio di un papa o un cardinale. In Francia avrebbero già da tempo perso il tesserino e tutta la loro credibilità. Invece in Italia incidono anche sulle scelte editoriali di giornali non di destra

L’Italia è quel Paese un po’ strano dove chi ha un tesserino da giornalista può scrivere sotto dettatura del Vaticano. I “vaticanisti” sono considerati una élite del giornalismo italiano: io li ritengo un vero e proprio scandalo.

Ovviamente tutti i Paesi del mondo hanno i propri pregiudizi. I nordamericani credono che la loro missione sia salvare il mondo; i francesi pensano che il loro modello repubblicano sia il più ugualitario e che la loro École nationale d’administration (Scuola nazionale di amministrazione) ne sia un buon esempio; gli italiani credono che i loro vaticanisti dicano la verità. Paese che vai, cecità e illusioni che trovi.

Il vaticanista è un giornalista che si è specializzato nel rendere regolarmente conto di ciò che accade in Vaticano. Come in tutte le professioni ne esistono di eccellenti, non molti, che hanno saputo preservare la propria indipendenza e ce ne sono altri, ossessionati da un’agenda conservatrice, mondana o distorta, che diffondono, spesso ciecamente, le informazioni provenienti dalle loro fonti, quelle della Santa Sede.

Il fatto che ci siano giornalisti designati come vaticanisti dalla loro redazione con il compito di coprire regolarmente l’attualità del Vaticano non è, di per sé, criticabile. Tra l’altro, esistono anche dei giornalisti “embedded” alla Casa Bianca e, in Francia, al Palazzo dell’Eliseo. Rimane più problematico il fatto che i vaticanisti privilegino le fonti vaticane rispetto all’investigazione e alla verifica dei fatti ed abbiano più a cuore gli interessi della Santa Sede rispetto a quelli dei loro lettori. È per questo motivo che non ci sono veri vaticanisti in Francia: nessuno darebbe loro credito in quanto giornalisti se fossero così tanto dipendenti dal Vaticano.

Quando scoppia un caso in Vaticano (che si tratti di un caso di pedofilia, di un documento segreto rivelato o di un libro problematico, com’è successo per il mio libro Sodoma), i responsabili della comunicazione vaticana diffondono a tutti i vaticanisti degli “elementi di linguaggio” (in gergo “Edl”), espressioni e parole chiave cioè da inserire nella storia da pubblicare affinché prenda la piega voluta. E questo accade anche all’interno delle redazioni dei giornali non di destra che almeno di facciata affermano di essere indipendenti del Vaticano.

Questi Edl per tanto tempo sono stati diffusi da Joaquín Navarro-Valls, il portavoce di Giovanni Paolo II (un numerario dell’Opus Dei che aveva scelto la castità pur essendo assolutamente omofilo), in seguito dal gesuita Federico Lombardi sotto Benedetto XVI, e poi Greg Burke (anche lui Opus Dei), sotto Francesco.

Il Vaticano per tanto tempo ha saputo sviluppare una comunicazione menzognera. Non appena venivano pubblicati inchieste o libri, questi servizi di comunicazione reagivano violentemente con smentite tanto assurde quanto buffe. Non si contano più le “menzogne di Stato” della Santa Sede a proposito di fatti che sono stati poi confermati. Questi tre moschettieri della Verità del Vaticano – Navarro-Valls, Lombardi e Burke – rimarranno nella storia per la loro arte di depistaggio dalla verità usata in modo sistematico.

Oggi i responsabili della comunicazione del papa sono più insidiosi. Un ex giornalista de La Stampa, Andrea Tornielli, è ora responsabile dei media di Radio Vaticana. Un vaticanista ufficiale del papa è diventato il portavoce ufficiale del Vaticano. Grazie a lui ma anche a Paolo Ruffini, Dario Viganò, Antonio Spadaro e Andrea Monda (direttore dell’Osservatore Romano dov’è già riuscito, appena arrivato, a fare in modo che tutte le giornaliste donne riunite intorno a Lucetta Scaraffia presentassero le dimissioni), la comunicazione della Santa Sede si è fatta più furba. Invece di smentire delle verità, preferiscono confermare alcuni degli errori.

Tutti i gerarchi vaticani alimentano i vaticanisti quotidianamente, ingozzandoli dei mille e uno segreti della Curia romana, al punto di renderli dipendenti dalle loro informazioni (ne sono testimone perché sono stato anch’io regolarmente informato ufficiosamente da alcuni responsabili della comunicazione, avendo avuto varie volte l’opportunità di incontrare a lungo Lombardi, Burke, Tornielli e Spadaro).

Se un vaticanista si prende troppe libertà rispetto alla traccia indicata, o meglio, agli “elementi di linguaggio” distillati dai responsabili della comunicazione vaticana, potrà vedersi deprivato di tutte le sue fonti e, come massima punizione, anche degli inviti ai viaggio ufficiali con il papa. A breve termine, il suo titolo di vaticanista risulterà privo di contenuto, un guscio vuoto vero e proprio e, tagliato fuori da qualsiasi informazione, inevitabilmente perderà il suo lavoro. Così i vaticanisti (principalmente uomini) sono spesso «tenuti al guinzaglio» – questa espressione è di uno di loro.

Sono peraltro numerosi i casi in cui vengono reclutati all’interno delle organizzazioni satellitari della Conferenza episcopale italiana o del movimento cattolico italiano Comunione e liberazione. Tre dei più importanti vaticanisti italiani sono legati a quest’organizzazione: le devono il loro posto di lavoro e in parte le devono rendere conto informalmente delle loro attività.

E allora non importa se i giornali per cui lavorano siano di destra o di sinistra, cattolici o più laici: i vaticanisti sono quasi sempre…

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L’articolo è stato tradotto da Catherine Penn

L’articolo di Frédéric Martel prosegue su Left in edicola dal 26 luglio 2019


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