...Chi pensa alla “sostituzione etnica” sono quelli che pensano di essere eterni. Pensano che il tempo non esista. Hanno paura della morte. Della loro propria morte che in realtà è la morte del pensiero.

Il 5 agosto 2019 sarà una data da ricordare. Per la prima volta il parlamento italiano ha approvato una legge, il decreto sicurezza bis, che di fatto spinge chiunque si trovi in presenza di naufraghi, ossia persone in difficoltà in mare, a lasciarli al loro destino. In altre parole, è stata approvata una legge che autorizza l’omissione di soccorso e la conseguente strage eventuale.
Cosa deciderà di fare un peschereccio che si trovi ad intercettare una richiesta di soccorso da un barcone di disperati?
Cosa farà un mercantile di passaggio nel mare libico avvistando un gommone semiaffondato e carico di donne e bambini?
Il ministro dell’Interno potrà decidere, a sua completa e insindacabile discrezione, se autorizzare l’imbarcazione che ha salvato i naufraghi ad entrare in un porto italiano oppure no.
Viene violato in maniera sfacciata il principio di uguaglianza stabilito dalla Costituzione. Il ministro dell’Interno stabilisce chi è “uguale” e può essere salvato e chi no e non doveva essere salvato. E quindi lasciato morire.
Il ministro dell’Interno farà il portiere. Chi entra e chi non entra nei porti.

Dovremo assistere all’omicidio di chi tenterà comunque di attraversare il canale di Sicilia e non troverà nessuno che potrà o vorrà salvarlo… non sarà più reato l’omissione di soccorso?
Certamente le partenze dalla Libia continueranno. Perché non si sono mai interrotte anche in assenza di navi di soccorso. Perché ogni barca che parte ha l’obiettivo di arrivare in Italia (e alcune in effetti ci riescono) e non di raggiungere una nave di soccorso. Perché chi si imbarca sa benissimo di rischiare la vita e malgrado ciò si imbarca lo stesso ben sapendo delle centinaia di altri che sono morti in mare.
Il nostro ministro dell’Interno non si rende conto perché è accecato dal culto di se stesso. È molto orgoglioso della sua politica che fa morire persone in mare. Sono danni collaterali che evidentemente lui accetta e anzi sostiene pensando evidentemente che fare politica sia come fare la guerra.
Obbliga chi va per mare a commettere omissione di soccorso che in molti casi diventa, purtroppo, strage. Questa è la verità del decreto sicurezza. Una legge che sanziona chi evita le stragi in mare.
Un cortocircuito mentale assurdo che parte da un pensiero completamente errato: quello dell’invasione e della conseguente sostituzione etnica.
Questo sarebbe il reale motivo della chiusura delle frontiere. Si delimita lo spazio. Si alzano muri per non far passare fisicamente le persone. Non devono venire qui. Nella nostra terra nel nostro spazio. Perché altrimenti ci sostituiscono. Anche se non si capisce che vorrebbe dire sostituzione. Forse i sovranisti pensano a L’invasione degli ultracorpi in cui invasori alieni si sostituiscono alle persone replicandole perfettamente tranne che per una completa assenza di sentimenti?

Giuseppe Genna in un articolo dell’espresso del 30 luglio scorso fa riferimento ad Hobbes per dire che la politica moderna è geometria. Per ricostruire la sinistra bisognerebbe quindi trovare una terza dimensione spaziale che superi la codificazione spaziale “destra-sinistra” senza annullarla.
È sicuramente una suggestione molto affascinante ma io credo che bisogna cogliere quello che c’è dietro a questa immagine della politica come geometria.
La geometria è ciò che serve a definire e misurare lo spazio e a rendere con la matematica le relazioni spaziali tra gli enti che esistono nello spazio. Quindi non è tanto che la politica è geometria. Ma è più interessante pensare che la politica moderna, secondo la definizione di Hobbes, si occupa della gestione dello spazio e di ciò che nello spazio esiste. Ovvero della realtà materiale non umana. Di tutto ciò che è fuori di noi. In altre parole, la politica si occupa principalmente dei bisogni. Di ciò che è materiale. Dove la parola materiale va intesa come tutto ciò che non è umano.
E allora l’essere umano dove lo mettiamo? Certamente ha necessità materiali, ovvero bisogni. Ma tutti sappiamo perfettamente che i bisogni non esauriscono ciò che l’essere umano cerca e vuole. Significa avere una visione molto limitata della vita umana pensare che essa realtà si esaurisca nella soddisfazione dei bisogni.

Visto in questo modo ciò che manca nella politica è banalmente l’idea del tempo. Tempo che deve essere necessariamente riferito all’essere umano.
Tutti gli esseri umani, tutti noi, abbiamo un tempo. Siamo nati, viviamo per un tempo più o meno lungo e poi moriamo. Nessuno è immortale. Nessuno non è nato.
Con la morte scompare il pensiero ma non il corpo. Il corpo di un essere umano prima di scomparire del tutto impiega migliaia di anni. Il pensiero invece scompare istantaneamente.
Il pensiero compare alla nascita nel corpo del feto che proprio per questa comparsa non è più feto e diventa bambino. Il feto non esiste più, quel corpo scompare per sempre e compare un essere umano. Essere umano che per il tempo della sua vita sarà corpo e mente.
Fino appunto alla morte, che è il termine del funzionamento del corpo che ha, come conseguenza, la scomparsa del pensiero.
Tutti gli esseri umani hanno una biologia simile tra di essi. Ma sono tutti diversi tra loro. La sequenza del Dna di ogni persona attualmente vivente sulla terra è unica e questa determina caratteri somatici del tutto irripetibili. Ma questo è vero non solo nello spazio ma anche nel tempo. Tutti gli esseri umani vissuti sulla terra dalla comparsa dell’homo sapiens ad oggi hanno Dna diverso tra di loro. Non esistono due esseri umani uguali (con l’unica eccezione evidente dei gemelli monocoriali).

Data questa ineliminabile diversità fisica cosa è ciò che ci rende tutti uguali?
Ciò che ci rende tutti uguali è la dinamica psichica della nascita, scoperta da Massimo Fagioli nel 1970 e teorizzata in Istinto di morte e conoscenza.
Molto sinteticamente essa dice che il pensiero compare alla nascita per la reazione della sostanza cerebrale della retina dell’occhio allo stimolo assolutamente nuovo della luce. Questo stimolo fisico (la luce) sulla sostanza biologica (la retina) determina una reazione che è un pensiero di non esistenza dello stimolo stesso. Ma questo pensiero di inesistenza non è assoluto. L’esistenza materiale della biologia del corpo del feto, che proviene dalla stasi del liquido amniotico, fa si che il pensiero di inesistenza del mondo diventi una fantasia di esistenza di se stesso in rapporto con un altra realtà di essere umano simile a se stesso.
Possiamo dire che ciò che fa l’uguaglianza non è una dinamica spaziale (la realtà biologica del corpo, diverso per tutti) ma è una questione temporale (la dinamica di comparsa della mente, uguale per tutti alla nascita).
Ciò che manca alla politica è allora la comprensione che essa deve riguardare sia lo spazio che il tempo. Non è quindi una semplice questione di trovare una terza dimensione spaziale. Ma è che bisogna trovare una quarta dimensione temporale.
Allora ora forse possiamo ipotizzare quello che in realtà è la paura nascosta in quella che viene chiamata “sostituzione etnica”.
Il nostro tempo è limitato.

Tutti siamo destinati prima o poi a non essere più. Ci saranno altri che vivranno la loro vita e il loro tempo. Vedendola in modo distorto, in maniera spaziale, viene fuori un concetto di “sostituzione”. Noi saremo “sostituiti” da altri, saremo “rimossi e sostituiti”.
In realtà non c’è alcuna sostituzione. È soltanto la realtà della vita che ha un inizio e una fine.
Volendo usare questa brutta parola è quindi in qualche modo una “sostituzione temporale”.
Chi pensa alla “sostituzione etnica” sono allora quelli che pensano di essere eterni. Pensano che il tempo non esista. Hanno paura della morte. Della loro propria morte che in realtà è la morte del pensiero.
Hanno un pensiero razionale che non ha nessuna possibilità di comprendere che la vita non si svolge solo nello spazio ma anche nel tempo.
Un tempo nel quale, ogni istante può essere una nuova nascita nella misura in cui riusciamo a realizzarci nel rapporto con gli altri. E la realizzazione può essere qualcosa che riesce ad essere oltre ai limiti del tempo e a vincere il tempo e la morte nella misura in cui crea qualcosa che può rimanere oltre i limiti della propria vita.
Se si accetta la propria nascita si accetta anche la propria morte. Si accetta la propria esistenza nel tempo.
Altrimenti si vivrà come dei morti che fanno morire gli altri. Non sono riusciti a vivere perché hanno annullato il tempo e credono che l’essere umano sia soltanto spazio.
Essi sono in verità gli ultracorpi da cui dobbiamo difenderci.

L’editoriale di Matteo Fago è tratto da Left in edicola dal 9 agosto 2019


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