Dopo ogni terremoto si mette in moto la macchina emergenziale finalizzata solo alla ricostruzione. Ma questi eventi sono purtroppo la normalità sul nostro territorio, da Sud a Nord. Eppure non esiste ancora una legge quadro che disciplini l’intero ciclo del rischio sismico. Ecco cosa dovrebbe prevedere

Negli ultimi decenni il nostro Paese ha assistito a tante cosiddette emergenze: catastrofi naturali che paiono interrompere bruscamente il naturale scorrere delle cose. Quando accadono, la macchina statale che si mette in moto, per tutelare la salute delle persone e riparare ai danni materiali, genera e consolida in tutto e per tutto una “retorica emergenziale”. Dalla produzione intensiva di norme “ad hoc”, tramite decretazione d’urgenza, alla narrazione dei media che amplifica il senso di pericolo incombente che tali eventi generano nella popolazione. Ma se guardiamo con attenzione a questi eventi è facile comprendere come in molti casi non si tratterebbe di emergenze, ma di problemi strutturali del nostro Paese. E, come tali, andrebbero affrontati.

A proposito di terremoti, il paradigma andrebbe completamente rovesciato: questi fenomeni non sono una emergenza in Italia. Il territorio della Penisola è attraversato da un complesso sistema di faglie che la espone quasi per intero al rischio sismico. Una situazione assai evidente sull’arco appenninico, che dall’Emilia Romagna alla Sicilia è teatro di eventi potenzialmente distruttivi. Ciò che rende però il terremoto pericoloso – è bene ricordarlo – non è il fenomeno in sé, bensì l’elemento umano, ossia costruzioni poco sicure e cura del territorio talvolta del tutto assente.

A seguito dei terremoti che dal 24 agosto 2016 hanno colpito il Centro Italia abbiamo assistito al consueto copione emergenziale e di conseguenza all’ennesima esperienza di gestione post-sisma fallimentare. Oggi – a tre anni di distanza – quei territori vivono ancora in un tempo sospeso. La ricostruzione è impantanata. L’emergenza sociale ed economica che sperimentano è fatta, prima di tutto, di spopolamento, crisi delle imprese, assenza di reddito e lavoro per chi decide di continuare a vivere quelle terre meravigliose.

Ma come si sono mossi i tre governi (Renzi, Gentiloni, Conte, ndr) che si sono succeduti in questi tre anni? Da un…

L’articolo di Riccardo Bucci prosegue su Left in edicola dal 23 agosto 2019


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