La Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa 2019/2819 è tanto grave quanto imbarazzante per chi l’ha prodotta e per chi l’ha votata. Frutto abborracciato delle tesi revisioniste di Ernst Nolte e di Francois Furet – ed utilizzando la categoria scarsamente significativa dal punto di vista ermeneutico di totalitarismo – equipara comunismo a fascismo e nazismo.
Non solo: facendo discendere in un trascendente ed assoluto nesso causale il nazismo come risposta al comunismo, attribuisce a quest’ultimo, di fatto, la responsabilità di aver fatto deviare la storia dal regno della Libertà autoavverata del liberalismo. Un po’ come accusare i partigiani delle stragi fasciste e naziste di civili. Attribuire al Patto Molotov-Ribbentropp la Seconda Guerra Mondiale non è che il maldestro tentativo di trovare riscontro nella storia di un presupposto che storico non è, al quale tra le altre basterebbe contrapporre l’antecedente Patto di Monaco, testimonianza della collusione antisovietica fra Gran Bretagna e Germania nazista.
Una risoluzione tutta politica per un verso, tesa a tenere dentro il perimetro costituente europeo proprio quei Paesi come Polonia ed Ungheria i cui governi – a parole – si vorrebbero criticati per il loro sovranismo nazionalistico ma sostanzialmente assolti in quanto vittime del male assoluto rappresentato dal comunismo, rappresentato in veste metafisica come sinonimo del Male.
Così come tutto politico è l’attacco e l’ingerenza nei confronti della Russia, e non al governo putiniano, proprio per quanto ancora rimanda all’esperienza dell’Ottobre, utilizzando le posizione dei Paesi baltici. Aspetto singolare e degno di nota come il ritorno nel regno della libertà dei Paesi dell’est non coincida solo con l’adesione all’Unione, ma primariamente al far parte della Nato, aspetto che tradisce il dato di verità. Non all’Europa hanno aderito in prima battuta tali Paesi, ma all’alleanza militare degli Usa in funzione prima anti Urss e successivamente di contenimento della Russia a potenza regionale anche militarmente accerchiata ed all’ideologia di liberismo economico e sociale di Reagan.
In ultima istanza, uno strumento nelle mani degli Usa proprio per condizionare il temuto protagonismo politico dell’Unione. In maniera paradossale, inoltre, molti dei problemi che attraversano l’attuale Europa derivano proprio dall’allargamento ad Est dell’Europa a 28, promossa durante la presidenza di Romano Prodi. E non si tratta solo dei differenziali regionali che minano un’unità fatta solo di moneta unica e di parametri che costituzionalizzando l’austerità neoliberista ampliano e moltiplicano diseguaglianze e spinte centrifughe.
Se c’era una memoria condivisa dei Paesi che avevano dato vita all’Unione ed all’Unione originaria, pur nel tornante ’89-’91, era proprio il tratto antifascista delle proprie Costituzioni, il riconoscimento avuto dalle espressioni politiche del movimento operaio sia nella veste socialista che comunista nella sconfitta del fascismo e del nazismo, il riconoscimento politico del pluralismo di classe della rappresentanza istituzionale, lo stato sociale e l’obbiettivo della piena e buona occupazione.
La Risoluzione, nel criticare le esperienze dei regimi autoritari, ne fa propri due aspetti costitutivi: la Storia di Stato ed il giudizio morale sugli accadimenti storici, ma forse il livello degli estensori e dei votanti ha fatto premio su questa piccola intrinseca contraddizione. Per il rispetto della storia, per i milioni di morti che fieri dei simboli che si vorrebbero mettere al bando, armi alla mano, hanno contrastato e sconfitto fascisti e nazisti non possiamo assistere inerti e senza reagire. Lo ha fatto l’Anpi, l’erede morale della Resistenza, lo facciano in Italia tutti coloro che singolarmente di quella Storia – grande anche nella tragedia hanno fatto parte.
Facciano sentire alta e forte la loro voce quelle associazioni figlie di quella storia, rifondate nell’Italia democratica da uomini e donne che dei simboli del lavoro e del riscatto menavano vanto. Quello che la maldestra Risoluzione criminalizza non è lo Stalinismo, dubbia categoria dello Spirito, ma la stessa speranza e possibilità che la Storia non sia contenuta nell’ambito dell’esperienza storicamente determinata del Capitalismo, nella sua forma liberale di primato dell’impresa e della proprietà: che questo si faccia nella fase che vede l’incipiente divorzio tra capitalismo e democrazia fa scorrere qualche motivato brivido.
Maurizio Brotini è segretario Cgil Toscana