È una frase bellissima il “per favore” quando viene declamato inter pares, tra persone che hanno le stesse possibilità e le stesse difficoltà e si scambiano gesti disinteressati per aiutarsi l’un l’altro. È un frase che contiene tutto il piacere di chiedere aiuto e di darlo, senza promettere e senza chiedere nulla in cambio: è qualcosa così lontano dall’iperproduttività di questi tempi, se ci pensate.
Il “per favore” dei potenti (soprattutto dei potenti prepotenti) invece contiene tutta una fuliggine di schegge che tintinnano come una minaccia. Dice Trump nella telefonata con l’allora neo presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, al centro dell’ultimo scandalo che ha portato il Partito Democratico ad aprire una procedura di impeachment contro il Presidente degli Usa:
«Vorrei chiederle di farci un favore, però, perché il nostro Paese ne ha passate molte e l’Ucraina ne è molto coinvolta. Vorrei che scopriste cosa è successo in tutta quella situazione con l’Ucraina, lo chiamano Crowdstrike… Credo che uno dei vostri cittadini più ricchi… Il server, dicono che ce l’abbia l’Ucraina»
E poi:
«Si parla molto del figlio di Biden, di come Biden ha fermato l’inchiesta, e molte persone vogliono scoprire cosa è successo. Quindi qualsiasi cosa lei possa fare insieme al nostro procuratore generale sarebbe fantastica. Biden andava in giro a vantarsi di avere fermato l’indagine, quindi se poteste controllare… a me sembra una cosa orribile.»
In quella telefonata Trump ricorda al presidente ucraino i soldi che gli Usa gli danno. Eccolo un “per favore” che risuona in tutta la sua perfidia. E pensavo a tutte le volte che i nostri ragazzi, solo per fare un esempio, si ritrovano a dovere fare un favore ai loro datori di lavoro (anche se spesso è un lavoro ma manca la retribuzione) per avere il diritto di sperare di avere un’occasione oppure tutte le volte che “per favore” viene detto da un potente a qualcuno che deve sottostare al potere.
Non c’è niente di peggio di un ricatto travestito da buona educazione. E noi ne siamo pieni, dappertutto, e siamo pieni di gente che non ha le armi per mostrare al mondo le loro piccole trascrizioni. Ci vorrebbe un nuovo patto sociale, un nuovo ecologismo anche lessicale per avere la dignità di chiamare le cose con il proprio nome. E bonificare il “per favore”.
Buon giovedì.