La perla dell’Oceano indiano, patrimonio Unesco e terza biodiversità al mondo, rischia di essere devastata sia a causa del climate change sia del conflitto che in soli cinque anni ne ha già mutato aspetto e natura. Per cercare di riportare l’isola al mondo è stata organizzata una conferenza a Palermo

Isola chiama isola. Sicilia chiama Socotra. E a connettere due luoghi di estrema bellezza ci pensa l’Unesco che proprio dalla Sicilia fa partire, dal 26 settembre in poi, la campagna Connect2Socotra: un modo per lanciare un’allerta mondiale in difesa della terza biodiversità al mondo che rischia di essere danneggiata sia a causa del cambiamento climatico che del conflitto in Yemen che ne ha cambiato aspetto e natura.

Perché Socotra, da più di cinque anni non è più l’isola leggendaria di Sinbad il marinaio; la Galapagos dell’Oceano indiano; l’Isola degli alberi di sangue di drago; non è nemmeno l’Eden in terra che ha sempre attratto i viaggiatori occidentali più instancabili – da Enzo Manzoni a Eric Hansen fino a Moravia e Pasolini – insieme alle coppie yemenite in cerca di una luna di miele mediamente costosa.

«A Socotra purtroppo è arrivata la civiltà con il suo carico di ponti, scuole, ospedali ma anche militarizzazione e consumismo», così parla Marco Livadiotti, italiano vissuto in Yemen fin da bambino per via del lavoro del padre Mario, medico dell’ultimo imam del Paese prima dell’avvento della Repubblica. «Perché cinque anni fa, scoppiato il conflitto in Yemen, nonostante l’isola di Socotra non sia un obiettivo militare, è stata occupata dalle truppe della Lega Araba: c’è una base, e arrivano molti investimenti che sono pericolosi specie se si pensa che…

L’articolo di Laura Silvia Battaglia prosegue su Left in edicola fino al 3 ottobre 2019

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