Esattamente novantanove anni fa, il 23 ottobre del 1920, ad Omegna, nasceva colui che tutti conosciamo come l’autore di “Favole al Telefono” e “Grammatica della Fantasia”, ma Gianni Rodari, uomo riservato ma dotato di grande sensibilità e curiosità, è stato un intellettuale e un artista assai più ricco e complesso di quanto comunemente si creda.
Rodari infatti, oltre ad essere scrittore e poeta per bambini è stato maestro elementare, giornalista dell’“Unità” e di “Paese Sera”, fu direttore del “Pioniere” e del “Giornale dei Genitori”, è stato pedagogo e politicamente attivo, è stata una figura poliedrica che anche attraverso versi e filastrocche ha richiamato l’attenzione a temi sociali di grande importanza.
Per desiderio e per stima, dopo aver potuto conoscere alcuni dei suoi lavori già dalla scuola primaria, aver scritto una tesi su di lui e avendo la possibilità di leggere e sapere da vicino il percorso che come autore e uomo attivo nel dibattito politico ha compiuto, anche grazie ai racconti, ai testi e alle documentazioni con cui per amichevole cortesia sua moglie Maria Teresa mi nutre accrescendo in me il desiderio di conoscenza, scrivo qualche riga qui che possa far apprendere almeno in parte e accendere, mi auguro, la curiosità per la grande ricerca che egli intraprese sui processi dell’invenzione e della fantasia.
Le esperienze di infanzia, per Rodari, sono state indubbiamente, come spesso accade, fondamentali. Ad influire è l’ambiente: il lago d’Orta e i monti, che forse, insieme alle sue prime letture dei giornaletti, letti di sera, sotto al lampione del cortile, gli hanno regalato delle immagini che cominciò molto presto a sviluppare. Il padre, («L’uomo che chiuse gli occhi per non vedermi vestito da Balilla») proprietario di un forno e con cui aveva un ottimo rapporto. La religione, è dalla madre infatti che il piccolo Gianni subisce l’influsso religioso ma, nonostante entra in seminario dagli undici ai tredici anni, probabilmente anche per la possibilità di aver facilmente accesso a molte letture, comincia a maturare in lui, appunto grazie anche ad autori che gli capitò di leggere, quel pensiero militante che lo portò poi nella maturità ad essere un uomo laico. Esce dal seminario con la certezza che fosse un percorso da non continuare, di quel periodo dice: «Non saprei ricostruire per quale processo vi sia entrato, ne sono uscito perché trovavo umiliante la disciplina». Le prime critiche al fascismo le formulò quando aveva sedici anni, durante la guerra di Abissina.
Nel 1937, si diploma maestro, preparando da solo, in un anno, l’ultimo biennio.
Le capacità di Rodari si annunciano già da bambino nelle poesie delle elementari quando si divertiva a scriverle sul suo quaderno e a farle illustrare dal suo compagno di classe.
Dalla prima adolescenza avviene la lettura di autori come Verne e Salgari, di poeti come Montale e Gatto, di russi come Dostojeski e Tolstoi.
Riesce a leggere vari testi politici e approfondisce la conoscenza di Marx grazie al direttore della Biblioteca civica di Varese che concede al giovane qualsiasi libro richiesto, comincia tra i sedici e i diciotto anni ad aver chiara l’idea politica. Si appassionerà a Gramsci,Vittorini, Calvino, Zanzotto, Zavattini, Palzzeschi, Propp, Lewis Carroll…La sua curiosità continuerà nel tempo spaziando e offrendosi la possibilità di non avere confini di letture di autori, poeti e filosofi.
E’ però con i surrealisti d’oltralpe che Rodari trova quell’esigenza di emancipazione dalla cultura tradizionale, anzi, forse ancor prima e lo cita nell’Antefatto della “Grammatica della Fantasia”, – la scoperta è nel ritrovamento di quel frammento filosofico di Novalis «Se avessimo anche una Fantastica, oltre una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare»– e trova in quasi tutti i frammenti di Novalis varie illuminazioni. E’ lì che Rodari, comprende e poi matura col tempo, l’importanza della Fantastica che gli permetterà poi di scrivere manuali su come inventare storie e quali esercizi compiere per esercitarci a far nascere immagini. E’ nell’aver appreso che nella Fantasia c’è l’ideazione, Rodari scrive e ci fa comprendere l’utilità e la necessità dell’immaginazione che deve avere un suo posto nell’educazione, ripeterà più e più volte nei suoi discorsi. E che dobbiamo avere fiducia nella creatività dei bambini e difendere il valore di liberazione che la parola ha.
Rodari è rivoluzionario nell’uso delle frasi, nella ricerca che ha fatto del nonsense. Crea immagini, incita all’azione, è un giocoliere colorato che ha la capacità di esprimersi in modo semplice e far arrivare a tutti un pensiero che è vitale e può cambiare il modo di pensare. Nei suoi giochi di parole e in alcuni dei suoi lavori si denota una ricerca scientifica sulle persone e sul quotidiano che descrive nei sui racconti con espressioni semplici per far comprendere la lettura a tutti.
Tornando all’uomo militante, Rodari nel maggio del ’44 entra in clandestinità, si aggrega alla 121° brigata d’assalto garibaldina Walter Marcobi in azione nel Varesotto. Risale al periodo della lotta partigiana un episodio poco noto che lo vede salvare la vita a Mario Sironi, il 25 aprile. Lo scrittore in un appunto racconta l’intera giornata e quell’incontro col pittore. Non se ne vantò mai di avergli firmato il lascia passare, in nome dell’arte, ma aveva appena consegnato al comandante della sua brigata John Emery, super traditore inglese, figlio di un ministro inglese addetto alla propaganda fascista. Quel Sironi, in fondo, si poteva anche far passare. Era il pittore della metafisica, dei gazometri e delle periferie.
Nel ’47 viene chiamato all’Unità di Milano, da prima si fece già notare dagli intellettuali milanesi per le sue capacità di analisi, inizia la sua carriera da inviato speciale ed è lì, attraverso la visione della realtà dei fatti, che si denota il giornalista capace di riportare gli accadimenti reali attraverso dei racconti. Prende sempre più forma il Rodari intellettuale che fa ricerca ed esprime le sue opinioni con parole concrete che suggeriscono immagini immediate.
Dal ’49 al ’50 risalgono i suoi primi scritti per bambini con “La Domenica dei piccoli” ma è con la direzione del “Pioniere” che elabora il ruolo di giornalista e di scrittore per ragazzi, essendo divenuto funzionario di partito si rende conto dell’importanza che questo comporta, votarsi come missionario politico, ed è nella scelta di impegno e cultura che nasce l’autore che ancora oggi possiamo leggere. E’ chiaro che la scrittura dedicata ai bambini cambierà nel tempo in base anche al suo percorso di ricerche fino a quando si dedicherà principalmente a questa portando esempi di pedagogia nelle scuole. Comunque, anche se sono chiare le ispirazioni di ideali, il Pioniere non si occupa di politica, questo non rientra nello spirito dell’Api e Rodari – ci tiene particolarmente a fare in modo che il suo giornale e l’Associazione dei Pionieri non sia una settaria associazione di piccoli militanti politici ma un’associazione con ragazzi che hanno voglia di studiare, conoscere la natura e la società –
Ma succederà qualcosa che forse pochi sanno ed è interessante sapere.
Ci sarà contro Pioniere e contro l’Api una vergognosa campagna da parte del clero, che calunnierà il lavoro svolto bruciando copie del giornale sui sagrati. Lo scrittore cercherà di non cadere nella provocazione continuando a dirigerlo con intenti laici. Il Pioniere infatti rileva uno sforzo continuo a far passare il messaggio ideale attraverso la fantasia, l’invenzione, il racconto, proponendo una forma innovativa ed onesta. Rodari e la redazione, si fanno delle vere domande: “Come deve essere un giornale nuovo? Come può divertire senza illudere, svagare senza distrarre, educare senza annoiare, appassionare senza corrompere?”.
Successe altro, nel 1951 viene discussa alla Camera una legge per “moralizzare” la stampa per ragazzi. Nilde Jotti sferra una requisitoria contro i fumetti esplicitamente indirizzata alle immagini pubblicate dal Pionierie. Rodari si risente, Togliatti appoggerà la Jotti con la richiesta di far diventare quei fumetti delle storie educative e più italiane che americane. Che tutto questa polemica suscitata dalla chiesa e portata avanti dal Partito faccia pensare a me, oggi, a quanto il cattocomunismo sia stato castrante per generazioni, è un pensiero che non metto a tacere, così come fece Rodari che continuò comunque a far pubblicare fumetti sul “Pioniere” che fu il primo giornale, nella pubblicistica infantile, a rovesciare il modulo razzista del pellerossa feroce e selvaggio.
Alcuni dei personaggi che presero vita su queste pagine diventarono famosi non solo tra i lettori italiani, ma anche all’estero. Nasceranno qui le storie di Cipollino. Frutta e ortaggi illustrati dal disegnatore umorista, Raul Verdini. Forse Rodari nelle sue prime avventure di inviato, quando per l’Unità andava in giro per mercati a fare sondaggi ed intervistar persone, ha fatto nascere nella sua mente tali personaggi antropomorfi. Usciranno diverse tavole e Cipollino ormai importante, diventerà Il romanzo di Cipollino dove protagonista è il popolo portatore di valori positivi. Rodari gioca in chiave ironica col neorealismo e il surrealismo, fa essere Cipollino l’eroe proletario insieme a Ciliegino giovane intellettuale e forse, un po’ di ideologia accompagna tutta la storia, ma il racconto dimostra anche la grande conoscenza dell’autore e l’ammirazione che sempre ha dimostrato di avere nei confronti di Pinocchio e di Collodi. Ci sono analogie tra il giovane ortaggio e il burattino. Cipollino è un bambino cipolla che cresce attraverso le esperienze del mondo che lo circonda. Rodari, come Brecht, da fiducia alle nuove generazioni e gli lascia la possibilità di cambiare le cose che non vanno. Lo scrittore è infatti un po’ agli antipodi rispetto alla letteratura italiana per ragazzi che lo aveva preceduto, come il libro Cuore ad esempio, dove la borghesia e la sottomissione emergono fortemente come messaggi principali evitando qualsiasi emancipazione da parte dei giovani.
Rodari scriverà tanto, scriverà articoli ironici con pseudonimi diversi come per Benelux. Scriverà poesie, filastrocche, storie e programmi televisivi come Giocagiò, rimarrà sempre un autore con una chiara identità, gentile e rispettoso con tutti i colleghi che sempre lo hanno ricordato con affetto e stima, ma sempre preferirà alla chiassosità dei salotti la sua scrivania e tutti i suoi personaggi di fantasia.
Girerà le scuole d’Italia per avere un confronto con gli insegnanti e poter comunicare direttamente con i suoi piccoli lettori, ed è proprio in una scuola di Roma, nella borgata del Trullo, nei primi anni ’60 che Rodari, in una quinta elementare, poiché conosceva la maestra con cui collaborava nella Movimento di Cooperazione Educativa, fa nascere, aiutato dai piccoli alunni, la famosa storia della “Torta in Cielo”. Rodari sapeva far divertire i più piccoli, riusciva a tirar fuori la fantasia anche ai più pigri, era lui che andava incontro a loro diventando poi contagioso e innescando processi continui di invenzione. Ci ha lasciato un messaggio importantissimo, con la dissacrazione dei luoghi comuni e lo stravolgimento del linguaggio ci aiuta a liberarci dal conformismo e dai pregiudizi a oltrepassare gli schemi. I suoi continui esperimenti linguistici, il riportare tutto ad una forma semplice, chiara, sincera anche nei discorsi più impegnati, smuove il lettore a pensare, a provare ad agire, anche solo a dargli la possibilità di immaginare e le immagini si sa, sono portatrici sane di nuove formule e pensieri, innescano una creatività conoscitiva. Il bambino matura anche attraverso le immagini che ha nel quotidiano, Rodari crea storie senza “bamboleggiare” cercando di far crescere con un uso moderno delle parole, fatto di tutto ciò che fa parte del mondo che viviamo. Le favole possono contribuire ad educare la mente “è un modo per entrare nella realtà, anzi che attraverso la porta dal tetto, dalla finestra”.
Cosa direbbe oggi Rodari della Buona Scuola di Renzi non posso saperlo esattamente ma non mi è difficile intuirlo anche in base alle testimonianze che ci ha lasciato. Lui che sempre ha desiderato e ha lavorato insieme ai colleghi per una scuola laica e solidale, dove gli studenti devono essere i protagonisti della riforma della scuola. Ed è proprio sulla comune idea di scuola che ha lavorato, sul ruolo che la scuola deve avere nella società, sull’idea che le riunioni devono tendere, con preferenza, per l’assemblea perché questa offre la più ampia partecipazione. Al centro della scuola Rodari ha messo sempre il bambino, proponendo una società nuova amica dell’infanzia. Direbbe che è coscienza di ognuno di noi, di ogni singola persona, fare in modo che questo avvenga sempre.
Prenderebbe parola o la darebbe ad uno dei suoi personaggi per fargli dire che non dobbiamo farci togliere il diritto allo studio “Cultura significa dare un senso unitario a tutte le conoscenze”.
I suoi messaggi portatori di grandi ideali rimarranno con noi. Ci è comune ritrovare sue frasi nel quotidiano, ci accompagna ancora e ci accompagnerà ancora poiché è il maestro di tutti.
I suoi libri sono stati illustrati da gradi disegnatori come Munari, Lele Luzzati, Altan e molti altri.
Le sue opere sono tantissime e vengono pubblicate in tantissime lingue diverse in quasi tutti i paesi del mondo, così che ogni bambino possa conoscerle.
Gianni Rodari rimarrà sempre in vita come il protagonista del suo romanzo C‘era due volte il barone Lamberto dove il presente è un tema fondamentale, e proprio come Lamberto ogni volta che qualcuno ripeterà il suo nome, lui ringiovanirà. Nell’epilogo di questo libro Rodari lascia il finale aperto permettendo al lettore la possibilità di terminare la storia come vuole, per non aver mai paura della parola FINE.
Grazie Gianni.