C’è un aspetto curioso in questa caciara sulla lotta all’evasione fiscale (vera o presunta che sia e che sarà) che agita le acque del governo: quelli che giudicano con i risolini i soldi degli altri (quasi sempre per screditarli) sono gli stessi che in questi giorni gridano allo scandalo se lo Stato vuole controllare i loro soldi. Sono quelli che dicono che Saviano ha un attico a Manhattan (che non ha), sono gli stessi che verificano gli orologi o le borse di questo o di quel politico, sono quelli che giudicano falsa la storia di un migrante in base al modello di scarpe o di telefonino, sono gli stessi che non vedono l’ora di incontrare un “sinistro” (chiamano così gli avversari, simpatici) con un’auto che non sia scassata per esprimere dubbi: in pratica sono quelli che pretendono di avere “l’occhio clinico” sui guadagni dei nemici ma che non vogliono essere osservati.
Il risultato? Il risultato è che sono proprio loro a volerci insegnare cosa sia la libertà, loro che sulla moralità usata come manganello hanno costruito la propria credibilità di conservatori. Conservatori, ovviamente, concentrati sul conservare e mantenere i propri privilegi. Tra quei privilegi, viene il dubbio, probabilmente considerano anche la loro evasione fiscale. Evasione “giusta”, ovviamente, perché sono gli stessi che ci dicono che rubano solo quello che gli serve per sopravvivere. Saranno i famosi 30 euro al giorno, quelli che (non) danno ai migranti.
Poi, magari, un giorno invece discutiamo del fatto che la grosse web company (ma mica solo loro) utilizzino l’Italia come sede di profitti ma non di doveri. Però si sa che è difficile fare i forti con i forti. Non gli riesce proprio bene, ai governanti.
Buon mercoledì.