La senatrice Liliana Segre è stata minacciata al punto di essere posta sotto scorta perché, dice lo storico Luca Bravi, «non si è limitata a raccontare la memoria del passato ma ha deciso di essere donna del presente». Con una volontà d’azione all’interno delle istituzioni

Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, testimone della Shoah e senatrice a vita, a ottantanove anni è stata posta sotto scorta per le continue minacce ricevute. «La senatrice Segre viene presa di mira perché ha scelto di essere donna del presente, legando il suo ruolo di testimone alla contemporaneità», dice lo storico Luca Bravi, ricercatore presso l’Università di Firenze e collaboratore della Fondazione Museo della deportazione di Prato e dell’Istituto storico di Grosseto (Isgrec).

Liliana Segre sotto scorta. Cosa rappresenta questa vergognosa vicenda?
La scorta a Liliana Segre è lo specchio di ciò che sta accadendo intorno a noi. È particolarmente significativa perché tocca quella che è una testimone della Shoah, tuttavia credo che la senatrice Segre venga attaccata perché non si è limitata a raccontare la sua memoria del passato, ma ha deciso di essere donna del presente. E va ringraziata perché, di fatto, in tutta questa vicenda, fra i grandi assenti ci sono proprio le istituzioni. E il silenzio è smorzato dalla sua voce. Non è un caso se, per l’ingresso al binario 21 della stazione di Milano Centrale, dov’è situato il memoriale della Shoah, lei abbia scelto la parola “indifferenza”, che è la prima incontrata da chi entra in quel luogo, un tempo luogo di deportazione.

La senatrice Segre, come tanti altri testimoni della memoria, è bravissima a parlare ai ragazzi…
Sì, il suo dono più grande è la non retorica, la volontà d’azione. Si avvicina così a quelle figure che hanno risvegliato le coscienze su temi importanti. Solo che, a differenza sua, sono tutte figure private, non pubbliche. Penso a Simone, il quindicenne di Torre Maura che affronta il picchetto di Casapound contro una famiglia rom, “rea” di essere assegnataria di una casa popolare. E penso a Lorenzo Orsetti, il partigiano fiorentino che è morto in Rojava, combattendo al fianco dei curdi, per difendere un’idea diversa e più giusta di società.

Con Liliana Segre abbiamo l’esempio di una testimone che traccia un forte legame fra storia e presente, così da rendere vivo quel “mai più” che si usa sempre riferito alla Shoah. Quale dovrebbe essere il ruolo del testimone?
Il testimone..

L’intervista di Sara Ligutti a Luca Bravi prosegue su Left in edicola dal 15 novembre 2019

SOMMARIO ACQUISTA