Si stima che un immobile su cinque in Italia sia di proprietà della Chiesa cattolica. E gran parte sono sfitti. Ma quando persone bisognose ne prendono possesso, non sempre le curie reagiscono in modo misericordioso. Ecco un’antologia breve di sgomberi ecclesiastici

In Italia si stima che un quinto degli immobili di culto e non siano di proprietà della Chiesa cattolica. L’esenzione Imu di cui beneficia in virtù del Concordato ammonta ad oltre 600 milioni di euro l’anno. Senza poi considerare i circa 200 milioni di euro l’anno di benefici per le concessioni gratuite (o quasi) di beni immobili statali adibiti ad edifici di culto, comprensivi dei costi (a nostro carico) per il loro mantenimento. Sono i dati dell’inchiesta dell’Uaar sui fondi pubblici e le esenzioni di cui gode la Chiesa cattolica. Cifre esorbitanti, che più volte abbiamo ricordato ai nostri lettori (v. Left del 16 febbraio 2018). E che stridono – o forse risuonano, dipende dal punto di vista – con l’atteggiamento di chiusura che diverse curie d’Italia nutrono verso chi, nei molti immobili sfitti di proprietà ecclesiastica, trova rifugio.

Dal Nord a Sud, accade che i prelati prediligano il business all’accoglienza di persone in difficoltà economica. E così, le emergenze abitative vengono “misericordiosamente” affidate all’intervento poliziesco della celere, e “risolte” a suon di sgomberi. Di seguito, vi proponiamo una mappa delle curie che apprezzano le ruspe. Ruspe sante, sia ben chiaro, alimentate a “fede” nella proprietà privata e “amore” per l’esclusione sociale. Con buona pace di

 

L’inchiesta di Leonardo Filippi prosegue su Left in edicola dal 15 novembre 2019

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