La fatica con cui si è edificato lo Stato italiano e le sue origini a partire dai singoli Stati monarchici il cui potere era assoggettato, se non derivante, al potere divino dispensato dal papa di turno, hanno fatto sì che gli italiani si siano sempre sentiti estranei alle istituzioni: il diritto era uno strumento di potenza dei signori, dispensato dall’alto a protezione dell’interesse di pochi, anziché a presidio dei diritti di tutti.
Nel realizzare lo Stato risorgimentale del 1870, dunque, si è pensato a una comunità unitaria e liberale della nazione italiana, compiendo così una profonda rivoluzione, la cui parabola ha trovato conferma nel referendum istituzionale del 2 giugno 1946, con il quale, per la prima volta in Italia, vi è stata una presa di coscienza collettiva del proprio destino politico, scegliendo la forma repubblicana popolare come soggetto giuridico collettivo e fonte di sovranità.
Questo nuovo soggetto produrrà una formidabile sintesi di idee e principi nella Costituzione italiana, che delinea una struttura civile unitaria secondo dei principi irrinunciabili, dei quali ogni cittadino, nessuno escluso, è depositario, responsabile ed anche promotore, pur nei diversi orientamenti.
Questa straordinaria sintesi è stata possibile proprio perché la nostra Costituzione è stata opera di un lavoro collettivo (e non di pochi esperti, o anche di uno solo, come in altri casi) a cui contribuirono tutte le forze politiche in gioco (Democrazia cristiana, Partito socialista, Partito comunista, Partito liberale, dell’Uomo qualunque, Partito repubblicano, monarchico, Partito d’azione), in un mirabile lavoro di mediazione, tanto più arduo e riuscito dove le varie parti risultavano essere ideologicamente distanti le une dalle altre.
È fondamentale ricordare…
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Valentina Angeli è avvocato penalista del Foro di Roma