Che brutta fine che ha fatto l'antimafia che prima era dappertutto, quando ci dicevano che la lotta alla criminalità valesse pure qualche film bruttino, qualche messa sciacquata e qualche eroe da bancarella ma si insisteva nel convincersi che l'importante era parlarne, che se ne parlasse, che fosse all'ordine del giorno. Finito il lato spettacolare dell'antimafia (a parte qualche film, sempre bruttino) la politica è riuscita comunque a scrollarsela di dosso come se fosse stata solo una moda passeggera, qualcosa che era importante attraversare per dire "io c'ero". Anche i movimenti civici sembrano averla retrocessa tra le priorità di cui parlare solo "se c'è tempo". Mentre in Italia le associazioni e gli studiosi (tanti, bravi e competenti) insistono nello studiare, discutere e imparare le pratiche antimafiose, la politica italiana, tutta, ha dimenticato il fenomeno dando la preoccupante percezione di averlo perfettamente assorbito, esattamente come temevano e denunciavano molti di quelli che ci sono morti, per mano della mafia. La Procura antimafia di Torino negli atti del processo contro 19 persone in Val d'Aosta (si è dimesso il presidente della regione, tanto per dare un'idea delle proporzioni dello scandalo) racconta come Antonio Raso (calabrese di origine ma valdostano per imprenditoria nel campo della ristorazione) abbia gettato già da tempo le basi per eleggere sindaci e senatori che fossero a disposizione della cosca per assunzioni, per la lubrificazione di pratiche amministrative e per altri favori. La locale 'Ndrangheta di Aosta avrebbe addirittura "influenza" su diversi candidati di diversi partiti, creando una sorta di oscena alleanza trasversale che troppo spesso capita di vedere nella politica italiana. I fratelli Di Donato (che secondo gli inquirenti sarebbero a capo del clan che controlla Aosta) avrebbero incontrato il governatore dimissionario Fosson ma anche gli ex governatori Augusto Rollandin, Laurent Viérin e Pierluigi Marquis. Un'infiltrazione che comincia addirittura nel 1999 con la costituzione del Movimento Immigrati ValdostanoPer gli inquirenti le indagini (come le precedenti inchieste) «hanno rivelato che il ‘volere’ elettorale del locale ha condizionato gli ultimi decenni della storia politica valdostana creando un connubio politico-criminale ben radicato». Un bubbone enorme. Eppure poiché la destra non può usarlo come manganello contro la sinistra e la sinistra non può usarlo come manganello contro la destra va a finire che non commenta nessuno. Una volta qui era tutto antimafia, ora è roba solo per affezionati. Buon martedì.

Che brutta fine che ha fatto l’antimafia che prima era dappertutto, quando ci dicevano che la lotta alla criminalità valesse pure qualche film bruttino, qualche messa sciacquata e qualche eroe da bancarella ma si insisteva nel convincersi che l’importante era parlarne, che se ne parlasse, che fosse all’ordine del giorno. Finito il lato spettacolare dell’antimafia (a parte qualche film, sempre bruttino) la politica è riuscita comunque a scrollarsela di dosso come se fosse stata solo una moda passeggera, qualcosa che era importante attraversare per dire “io c’ero”. Anche i movimenti civici sembrano averla retrocessa tra le priorità di cui parlare solo “se c’è tempo”.

Mentre in Italia le associazioni e gli studiosi (tanti, bravi e competenti) insistono nello studiare, discutere e imparare le pratiche antimafiose, la politica italiana, tutta, ha dimenticato il fenomeno dando la preoccupante percezione di averlo perfettamente assorbito, esattamente come temevano e denunciavano molti di quelli che ci sono morti, per mano della mafia.

La Procura antimafia di Torino negli atti del processo contro 19 persone in Val d’Aosta (si è dimesso il presidente della regione, tanto per dare un’idea delle proporzioni dello scandalo) racconta come Antonio Raso (calabrese di origine ma valdostano per imprenditoria nel campo della ristorazione) abbia gettato già da tempo le basi per eleggere sindaci e senatori che fossero a disposizione della cosca per assunzioni, per la lubrificazione di pratiche amministrative e per altri favori.

La locale ‘Ndrangheta di Aosta avrebbe addirittura “influenza” su diversi candidati di diversi partiti, creando una sorta di oscena alleanza trasversale che troppo spesso capita di vedere nella politica italiana. I fratelli Di Donato (che secondo gli inquirenti sarebbero a capo del clan che controlla Aosta) avrebbero incontrato il governatore dimissionario Fosson ma anche gli ex governatori Augusto Rollandin, Laurent Viérin e Pierluigi Marquis. Un’infiltrazione che comincia addirittura nel 1999 con la costituzione del Movimento Immigrati ValdostanoPer gli inquirenti le indagini (come le precedenti inchieste) «hanno rivelato che il ‘volere’ elettorale del locale ha condizionato gli ultimi decenni della storia politica valdostana creando un connubio politico-criminale ben radicato».

Un bubbone enorme. Eppure poiché la destra non può usarlo come manganello contro la sinistra e la sinistra non può usarlo come manganello contro la destra va a finire che non commenta nessuno. Una volta qui era tutto antimafia, ora è roba solo per affezionati.

Buon martedì.