Non si arresta l’immane mole di attenzioni che certa stampa continua a riversare sull’incidente a Roma in cui due ragazze hanno perso la vita e un giovane alla guida è finito agli arresti. Un incidente stradale che non contiene nessun mistero da risolvere e che è non è dissimile da molti altri incidenti che accadono spesso sulle nostre strade è diventato il fotoromanzo natalizio che inonda i giornali e i telegiornali.
Perfino i funerali sono diventati l’occasione per sciorinare dirette web con particolare attenzione sui visi affranti dei genitori e degli amici. Un incidente, per quanto violento e luttuoso, sembra essere la notizia su cui tutti ogni mattina pongono la propria attenzione e siccome non c’è molto da sapere di più delle indagini in corso allora è tutto un rovistare tra foto su Facebook, tra testimoni vari e perfino tra i contatti tra le famiglie dell’investitore e delle investite.
È un giornalismo emotivo che spinge sull’identificazione del lettore (in questo caso sono i genitori che pensano ai propri figli che si muovono per la città di notte con tutti gli eventuali rischi) e che usa un fatto di cronaca come lente per costruire elaborati discorsi antropologici e sociologici. Da qualche giorno sembra che su quel metro di asfalto si sia consumata una tragedia che spiega tutti i nostri vizi capitali degli ultimi dieci anni.
È una sorta di populismo giornalistico che ripete perfettamente le dinamiche di certo populismo politico, quello che usa la cronaca per corroborare una tesi. L’ultimo stadio di questa deriva consiste nel lanciare a briglia sciolta presunti giornalisti d’inchiesta per trovare adolescenti che attraversano la strada là dove non ci sono le strisce pedonali. Ieri addirittura è stata battuta la notizia di un’anziana signora che avrebbe tamponato l’auto che la precedeva per osservare i fiori lasciati in memoria delle ragazze.
Ma siamo sicuri che non ci farà male tutta questa abbuffata di complessità? Ma davvero?
Buon lunedì.