Guardare le persone annegare in diretta. Dai nostri droni. Barconi rovesciarsi come in un’immagine fissa, ripetitiva, anestetizzata. In cerchio, navi europee, osservano. Senza intervenire. Quello che descriviamo ancora come una “tragedia”, è in realtà, in modo innegabile, una politica intenzionale, attentamente calcolata e pianificata con cura. Un crimine linguisticamente “legittimato” con l’invenzione ex novo di una popolazione bersaglio – “i migranti” -, categoria senza volto né nome, perseguitabili ed “eliminabili” per il loro solo desiderio di movimento.
Una necro-politica che ha avuto come conseguenze il massacro sistematico di 20mila bambini, donne e uomini, in soli tre anni e il trasferimento forzato e la schiavitù di 50mila sopravvissuti nei campi di concentramento libici. Si tratta in realtà di “crimini contro l’umanità”, come accusa un team di avvocati internazionali, capeggiati da Omer Shatz e Juan Branco, che ha presentato alla Corte penale internazionale (Cpi), un esposto che accusa l’Unione Europea e gli Stati membri per le politiche migratorie. Sono 242 pagine che analizzano ogni scelta, decisione, dichiarazione pubblica dei funzionari e dei politici dei Paesi membri e delle istituzioni comunitarie. Tutto nero su bianco.
Al cuore della tesi di Shatz e Branco finora incontestata, la consapevolezza delle autorità italiane e europee delle conseguenze letali dei loro atti e dei respingimenti sistematici dei migranti in Libia. I capi d’imputazione sono sostanzialmente due: ommissione di soccorso – l’Ue non ha intenzionalmente salvato i migranti in difficoltà in mare per scoraggiare gli altri (deterrence), pur consapevoli del crescente numero di morti a seguito del passaggio da “Mare Nostrum” a Triton (2014-2016); svuotamento del mare Mediterraneo delle Ong criminalizzate; e crimini per procura – l’Ue ha delegato alla sedicente Guardia costiera libica l’intercettazione e il refoulement dei migranti nei campi libici, commettendo crimini contro l’umanità: persecuzione, deportazione, detenzione, schiavitù, stupro, tortura e altri atti inumani. In altre parole, l’Ue, resa de facto alle teorie della destra populista sulla presunta “sostituzione etnica”, paga milizie criminali e warlords per bloccare a tutti costi l’arrivo delle persone migranti sulle sue rive. Mentre in un orwelliano incubo, l’Ue continua a proclamare che “salva” la vita dei migranti e migliora le loro vite…
Dopo otto anni di indagine la Corte Penale Internazionale (Cpi), che era stata creata proprio allo scopo di limitare la violenza politica degli Stati, non ha processato alcun alto responsabile europeo, anzi, continua ad indagare per gli stessi crimini, solo gli attori africani, lasciando ai loro omologhi bianchi europei piena impunità. Dopo l’esposto, la Cpi non ha finora aperto alcuna indagine negli archivi di Roma, Parigi e Berlino. Quello che gli avvocati pro bono si apprestano ora a fare: indagare la zona grigia della catena di commando – i circa 200 burocrati (anaffettivi) europei che hanno preso decisioni o applicato ordini per la morte di massa della popolazione bersaglio.
Al cuore della vostra tesi ci sono consapevolezza, premeditazione e intenzionalità delle autorità italiane e europee nella creazione a tavolino della rotta migratoria più letale del mondo, e delle conseguenze letali dei respingimenti sistematici dei migranti in Libia. Ci spieghi meglio cosa intendete per “consapevolezza” (awareness) nel caso di cui ci occupiamo?
Nel 2012 la Corte europea dei diritti umani (Cedu) aveva dichiarato illegali i refoulement diretti della Ue e dall’Italia. Nel 2014, Frontex ha dichiarato che il rispetto del principio di non respingimento escludeva i respingimenti verso la Libia. Nel 2015, l’Unhcr ha invitato tutti i Paesi ad astenersi dal respingimento in Libia, e ha invitato i civili in fuga dalla Libia ad entrare in altri Paesi. Ma dal 2016 ad oggi, l’Ue ha trasferito in Libia, con la forza, 50mila civili in pericolo in mare. Poiché i funzionari dell’UE e dell’Italia erano a conoscenza dell’illegalità dell’espulsione collettiva di civili bisognosi di protezione internazionale verso la Libia, l’Ue e l’Italia hanno dovuto farlo indirettamente, affidando questa pratica ad una terza parte. Sulla base del Memorandum italo-libico del 2017 e della Dichiarazione di Malta dell’Ue, l’Italia e l’Ue hanno ricostruito e stipulato un contratto con un consorzio di milizie (che oggi chiamiamo la Guardia costiera libica), in cambio di denaro e di sostegno di materiale, disposto a commettere crimini contro l’umanità di morte per annegamento, persecuzione, deportazione, detenzione, schiavitù, stupro, tortura e altri atti disumani.
Una settimana prima della conclusione del memorandum d’intesa, un rapporto confidenziale dell’Ue ha descritto torture, abusi sessuali, prostituzione forzata, schiavitù e maltrattamenti nei campi libici. A gennaio 2017, l’ambasciatore tedesco in Niger in visita nei campi libici ha inviato alla cancelleria Merkel un cablo confidenziale che descriveva «le condizioni nei campi libici simili a campi di concentramento», dove «uccisioni di un numero imprecisato di profughi … torture, stupri, deportazioni nel deserto e richieste di tangenti sono avvenimenti quotidiani (ecc…)». L’8 maggio 2017 la Procuratrice generale della Corte penale internazionale, nel suo tredicesimo rapporto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite sulla situazione in Libia, esprimeva la propria preoccupazione con riferimento alla natura e alla portata dei crimini presumibilmente commessi a danno dei migranti in transito nel Paese nordafricano, dichiarando di valutare l’apertura di un’indagine in merito. In particolare, facendo esplicito riferimento all’allarmante numero di persone arbitrariamente detenute in condizioni disumane, il rapporto riscontrava la commissione delle fattispecie di omicidio (killings), stupro e altre forme di violenza sessuale (rape and other forms of sexual violence), tortura e lavoro forzato (torture and forced labour) e tratta di esseri umani (human trafficking). Ad agosto 2017, pochi giorni dopo che le nave italiane erano attraccate a Tripoli per facilitare le operazioni della guardia costiera libica, il viceministro degli esteri Mario Giro osservava che «riportarli [i migranti ] in Libia, in questo momento, vuol dire riportarli all’inferno».
Persino l’architetto del MoU, Minniti ammetteva che esisteva un problema per le condizioni di vita di quelli respinti in Libia.
Riguardo a questa questione il Rapporto Onu per le esecuzioni extragiudiziali incalzava la Cpi di aprire un indagine sui crimini atroci contro migranti e rifugiati in Libia (15 agosto 2017). Funzionari dell’UE e italiani erano anche a conoscenza della loro precedente politica, delle conseguenze letali del porre fine a Mare Nostrum e di lanciare Triton (senza salvataggi). I documenti interni dell’Ue rivelano che hanno stimato che un cambiamento di politica avrebbe causato un maggior numero di vittime e lo hanno usato come un atto deterrente: cioè sacrificare la vita di alcuni per dissuadere altri dall’attraversare il mare. Ma gli attraversamenti non diminuivano e la mortalità è aumentata di 30 volte. In sintesi, gli attori europei e italiani erano pienamente consapevoli delle conseguenze delle loro decisioni per quanto riguarda 50mila civili respinti in Libia e 20mila altri che hanno perso la vita in mare. La stessa UE ha dichiarato nel 2017 che «siamo pienamente consapevoli delle condizioni inaccettabili, spesso scandalose, anche disumane in cui i migranti sono trattati nei campi di detenzione in Libia». Dimitri Avramopoulos, commissario europeo per la migrazione e la sicurezza, ha dichiarato che «siamo tutti consapevoli delle spaventose e degradanti condizioni in cui alcuni migranti sono detenuti in Libia». Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha espresso preoccupazione per la schiavitù dei migranti in Libia e il Presidente francese Macron ha sintetizzato la situazione come crimine contro l’umanità (novembre 2017). Lo Statuto della Corte penale internazionale (Cpi) richiede tre livelli di consapevolezza: il primo riguarda il piano generale, delle politiche dell’Ue in materia di migrazione, le quali mirano ad arginare i flussi migratori dall’Africa; il secondo è la consapevolezza della commissione rispetto all’atto proibito, per esempio la deportazione o l’omissione di soccorso che comporta l’uccisione dei migranti per annegamento; terzo, la consapevolezza delle conseguenze ulteriori che queste condotte omissive e commissive possono avere in circostanze ordinarie, per esempio la consapevolezza della conseguenza di una deportazione sono i crimini di tortura e stupri che avvengono nei campi di detenzione. Tutti e tre livelli di consapevolezza sono presenti in questo caso.
L’Ue non ha personalità giuridica (come lo Stato) ed è stata condannata con varie sentenze nel quadro del diritto internazionale e regionale in materia di diritti umani (sentenza Hirsi, 2012), ma sembra che oggi non ci siano limiti alla sua violenza di massa, e ci sia una crescente impunità?
Ancora peggio. Non solo il diritto internazionale dei diritti umani non riesce a proteggere la vita e i diritti dei migranti. Ma questo fallimento dei diritti umani gioca anche un ruolo chiave nello spingere gli Stati ad adottare politiche ancora più violente contro i migranti; sono proprio queste politiche che raggiungono la soglia di crimini atroci: crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Prima della sentenza Hirsi, il fatto che l’Italia abbia rispedito direttamente in Libia i richiedenti asilo ha violato “solo” i diritti di coloro che sono stati rimandati indietro. Dopo Hirsi, l’Ue ha dovuto disumanizzare e colpire l’intera popolazione dei migranti al fine di consentire sia la commissione dei crimini contro i suoi membri, sia di facilitare l’accettazione nell’opinione pubblica di questi crimini, definendoli una “tragedia umanitaria”. Quindi il discorso sui diritti umani viene usato per coprire i crimini più orribili.
Mentre da un lato uccide, dall’altro l’Ue continua a parlare di salvataggi e di diritti umani. La propaganda è sempre stata intrinseca alla violenza politica di Stato…
Esatto, allo stesso modo del crimine organizzato, per consentire il pieno funzionamento delle sue operazioni e legittimarli, l’Ue paga de facto sia partners legittimi sia criminali. L’Ue paga le milizie libiche per eseguire i crimini di cui è complice, ad esempio il respingimento e l’internamento nei campi di concentramento; mentre paga anche l’Unhcr e l’Oim per mantenere in vita i sopravvissuti e farli accettare di tornare nei loro Paesi; l’Ue finanzia l’operazione Sophia per addestrare le milizie libiche e gestire i droni per monitorare il refoulement e l’uccisione dei sopravvissuti che cercano di fuggire da questo inferno; le armi Ue sono utilizzate da Haftar contro i campi di detenzione per migranti, e l’Ue sostiene al contempo il governo di unità nazionale che gestisce quei campi; l’Ue finanzia persino le Ong e gli istituti politici per discutere delle sue orribili violazioni dei diritti umani; e infine l’Ue paga, più di chiunque altro, la Cpi per garantire che non sarà mai processata per le proprie politiche. Abbiamo quindi a che fare con un apparato di potere molto sofisticato, che utilizza mezzi materiali, finanziari, tecnologici e simbolici per razionalizzare al massimo le proprie azioni illecite, tenerle lontane dall’attenzione pubblica ed evitare le proprie responsabilità.
L’Europa, per la sua storia e la Shoah, non può oggi permettersi sul proprio territorio, i campi di sterminio, ma può spostare altrove, in Libia, nel deserto e nel mare, e delegando ad altri l’operatività del “crimine”, uccidendo per delega?
In primo luogo, anche durante la seconda guerra mondiale e durante l’Olocausto c’era un livello di coloro che premeditavano, progettavano e orchestravano la politica (i funzionari tedeschi) e di coloro che la eseguivano sul campo (principalmente polacchi e altre nazionalità dell’Europa orientale). Questa struttura di joint impresa criminale o di co-perpetrazione (corresponsabilità) in cui la politica è congiuntamente mandante e si serve di esecutori, è un classico nella legge penale internazionale. In secondo luogo, l’Ue ha capito che non solo questi campi non sarebbero tollerati sul suo suolo, ma che non possono nemmeno accadere nelle acque sue: i naufragi di Lampedusa del 2013 hanno portato a Mare Nostrum e la settimana nera di aprile 2015 ha portato ad un cambiamento di strategia dell’Ue: per mantenere i crimini contro i migranti lontani dall’attenzione pubblica, l’Ue li delega ad altri, e li copre con il finanziamento a organismi come Unhcr, Oim e persino la Cpi.
Secondo il giurista italiano Luigi Ferrajoli, assistiamo alla nascita di un nuovo“popolo migrante” (“Popolo costituente e migrante”, cfr. Manifesto 24.10.2018), che perché in movimento, non ha finora diritti e che l’esistente diritto penale internazionale, spesso impotente, fa fatica a proteggere… Non sarebbe necessario oggi fare emergere nuove categorie e strategie del diritto (nell’accezione della sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli)?
Non penso che abbiamo bisogno di più leggi né di più diritti. Abbiamo bisogno di far applicare la legge esistente e di rispettare i doveri dello Stato per garantire i diritti individuali. Ma dobbiamo ricorrere al diritto penale internazionale piuttosto che ai diritti umani. Attraverso la reificazione e la disumanizzazione, i migranti non sono una categoria di per sé, ma una categoria inventata per prenderli di mira (perseguitarli), tramite lla loro discriminazione, criminalizzazione, rifiuto e ultimamente il loro sterminio. Mentre c’è poco di comune tra i membri di questo gruppo “migrante” a parte la loro caratteristica di essere in movimento: provengono da diverse nazionalità, religioni, culture e contesti socioeconomici, le loro motivazioni per il transito sono diverse.
Vedete la possibilità, intanto, di un movimento di coscienza e di disobbedienza civile, europeo o mondiale, per fermare questa necro-politica di cui siamo i complici? In Italia per esempio rifiutando di pagare la quota delle nostre tasse usate per finanziare la sedicente guardia costiera libica e accordi bilaterali letali?
Non credo sia possibile. A differenza di altri gruppi perseguitati oggi nel mondo, i rifugiati, come scriveva la Arendt, per tutte le conseguenze pratiche sono di fatto apolidi. Non avendo alcuna autorità e potere politico, sono il perfetto capro espiatorio indifeso. Poiché la sinistra liberale ha adottato le opinioni della destra popolare secondo cui i migranti sono un “problema” e nonostante i numeri siano estremamente bassi, il loro arrivo una “crisi”, non vedo le condizioni per il sorgere di un tale movimento. Dobbiamo anche ricordare che i responsabili dei crimini europei contro l’umanità, per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, non sono dei nazifascisti, ma “progressisti” con le loro politiche “progressiste” sull’immigrazione, non l’estrema destra ma i liberali seduti a Bruxelles. L’unico modo per fermare la loro campagna sistematica è quello di ritenere responsabili individualmente coloro che oggi godono dell’impunità. Ma per questo è necessario un tribunale penale internazionale davvero imparziale.