La condanna e la carcerazione di Nicoletta Dosio, per aver esposto uno striscione contro la devastazione dell’ambiente in Val Susa, dimostrano che la repressione del dissenso ha origini lontane. «La radice culturale è quella del fascismo», dice l’avvocato Gianluca Vitale

Sono quelle dell’ambiente e quelle della libertà di movimento le ragioni di Nicoletta e di tutte e tutti i suoi compagni di strada nelle marce No Tav, nei presidi in valle, nei conflitti ambientali che costellano una penisola mediterranea, più di altri luoghi esposta agli effetti dell’ingiustizia climatica.

Ragioni scippate e deluse – Left ne ha scritto – da un Movimento 5 stelle che, una volta al governo, ha tradito ogni causa ambientalista. Per i fanatici della legalità vale la pena ricordare i 548 milioni di euro per mancato rispetto della normativa comunitaria e le 21 procedure di infrazione Ue su 67 che riguardano le normative sull’ambiente e l’energia. Senza contare le procedure istruttorie del sistema Eu Pilot (la richiesta di chiarimenti tra Commissione e Stati membri prima dell’apertura formale della procedura): nel 2017 l’Italia è stato il Paese con il maggior numero di casi Eu Pilot, 43 su 178 totali.

Intanto Nicoletta ci ha scritto dalla sua cella delle Vallette a Torino in cui è rinchiusa dal 30 dicembre per scontare una condanna definitiva a un anno (il pm ne aveva chiesti 3). «Sta bene, convinta della sua scelta – racconta a Left Gianluca Vitale, uno degli avvocati del Legal Team – una delle prime cose che mi ha detto è di aver toccato con mano che il carcere è il cassonetto della marginalità: tossicodipendenti, migranti comunque persone svantaggiate. O chi viene considerato dissidente».

La vicenda della sua carcerazione dimostra che, anche senza i decreti Minniti e Salvini, questo non è mai stato un Paese agibile per il conflitto sociale. «Il decreto Salvini – spiega Vitale – tenta un salto di qualità nel senso e diventa più facile contestare cose che prima dovevano essere forzate dentro paradigmi sanzionatori, ad esempio l’interruzione di pubblico servizio o il blocco stradale». Un reato che…

L’inchiesta di Checchino Antonini prosegue su Left in edicola dal 10 gennaio

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