Cinque case confiscate alla criminalità ora saranno un luogo di accoglienza per le donne vittime di violenza grazie al progetto «Differenza Donna in rete», promosso dall’Ong Differenza Donna. L’iniziativa è stata presentata il 22 gennaio alla Sala della Stampa estera a Roma. «Questo è il primo caso in Italia di collaborazione tra la sezione confische del Tribunale di Roma e la nostra associazione per la costruzione di un progetto sistemico di sostegno per le donne in uscita dalla violenza» spiega a Left Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna. La scelta di riassegnare i beni confiscati alla criminalità rendendoli protagonisti di un percorso di uscita dalla violenza delle donne e dei loro figli ha una forte valenza culturale, oltre che legale. Nella creazione del progetto si è instaurato un rapporto di reciprocità con le istituzioni che fa ben sperare in un momento in cui le case rifugio sono sempre meno e i posti letto disponibili per le donne che ne hanno bisogno restano di molto sotto la soglia prevista per legge. La volontà di vedere i problemi e riconoscere le criticità che queste donne devono affrontare rende questo progetto un importante tassello nella rivoluzione della cultura cosiddetta patriarcale, portata avanti dai movimenti e dalle associazioni di donne. La prima differenza con il passato è che l’assegnazione dei beni in via di confisca alla criminalità è arrivata prima che si arrivi al terzo grado di giudizio, una procedura lunga che può durare talmente tanto da rendere il bene in questione inutilizzabile a causa del degrado portato, ad esempio, dalla mancanza di manutenzione. La proposta di agevolare le operazioni è arrivata dal presidente della Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Roma (che si occupa appunto delle confische) Guglielmo Muntoni, ora in pensione ma che continuerà a seguire il progetto a fianco del nuovo presidente. «Le case che noi abbiamo ricevuto hanno superato il primo grado e stanno terminando il secondo» dice Ercoli. «Il Tribunale ha rilasciato delle nuove linee guida in cui ha dato l’opportunità direttamente alle associazioni di gestire questi beni prima che arrivino alla confisca definitiva, abbattendo i tempi di attesa che sono previsti invece nel caso in cui si debba passare dagli enti locali», ci spiega. «Le cinque case che per ora ci sono state assegnate fanno parte di un progetto che prevede varie fasi, per rispondere a tutti i bisogni concreti delle donne, delle bambine e dei bambini sopravvissuti alla violenza. Ci tengo a specificare che il progetto è rivolto a tutte le donne, senza nessuna distinzione e non lasciando mai escluso nessuno», conclude Ercoli. La prima casa, situata in via Tacito, nel quartiere Prati, diventerà la sede principale del progetto e sarà anche la sede del primo osservatorio per le donne con disabilità vittime di violenza. Questa struttura sarà riservata alla fase di emersione dalla violenza, con anche un servizio di assistenza telefonico: in totale la presidente Ercoli stima che si arriverà ad aiutare circa 1500 donne l’anno. «A Ostia ci sarà la casa rifugio di emergenza, un luogo che offrirà accoglienza a circa 96 donne ogni anno. Qui verranno ospitate per massimo 15 giorni quelle donne che arrivano al pronto soccorso a rischio di vita, eventualità che rende impossibile per loro ritornare a casa. In queste situazione noi di Differenza Donna abbiamo bisogno, come le forze dell’ordine e la magistratura, di un posto sicuro dove le donne possano incontrare persone che le sappiano orientare verso l’uscita dalla violenza. Una scelta, questa, che spesso viene compiuta quando sono presenti delle alternative concrete e sostenibili, ma soprattutto quando viene concesso alle donne del tempo per riflettere» racconta Ercoli. «Quando si parla di emergenza la spinta istituzionale è spesso quella di collocare la donna rapidamente. Invece abbiamo potuto notare che inserire una donna che ancora indecisa all’interno di un contesto di una casa rifugio, circondata invece da donne che hanno già scelto, causa delle difficoltà per le donne stesse. La casa di Ostia servirà proprio a offrire loro un contesto che le faccia sentire protette e libere di scegliere avendone il tempo», continua la presidente. Sempre nel quartiere Prati ci sarà la casa dedicata ai bambini e alle bambine. «Gestendo i centri antiviolenza dal 1992 e seguendo anche le donne nei procedimenti penali e civili, ci troviamo ad accompagnarle per tanti anni. In questo processo abbiamo potuto notare come i bambini e le bambine a volte ricevono inizialmente un sostegno dalle istituzioni, sostegno che però negli anni purtroppo si è sempre più sfaldato» spiega la presidente. La casa di Prati sarà un punto di riferimento continuo per i bambini e le bambine che si sono trovati a vivere una situazione di violenza o che hanno perso la mamma perché vittima di femminicidio, oltre che un luogo dove le mamme e i loro figli possano riconsolidare il rapporto, se necessario, dopo aver vissuto una situazione gravissima come quella da cui escono. La quarta casa, nel centro di Roma, è dedicata alla semi-autonomia, dove le donne potranno risiedere per un anno insieme ai loro figli. «In questa struttura le donne potranno consolidare la loro situazione economica e lavorativa, dando in questo modo anche più solidità alle loro vite», racconta Ercoli. L’ultima casa è in realtà una villa a Fregene che si occuperà di ospitare donne vittime di tratta degli esseri umani con lo scopo dello sfruttamento sessuale. «Noi dell’associazione siamo da sempre impegnate nel contrasto alla tratta e agli sfruttamenti sul nostro territorio, collaboriamo anche con la commissione territoriale per i richiedenti asilo per far emergere le situazioni di tratta che colpiscono in particolare le donne, per quanto riguarda noi di Differenza Donna. Ci tenevamo tantissimo che le vittime di questa terribile forma di violenza potessero beneficiare di questa bellissima villa di Fregene che avrà quattro posti di primo livello, che prevedono una permanenza di un anno, e poi altri due posti in semi-autonomia» dice a Left Elisa Ercoli. Il progetto, che farà da modello in tutta Italia, prevede di accogliere o aiutare ad uscire dalla violenza circa 1800 donne l’anno. Altro lato innovativo di questa iniziativa è che i finanziamenti sono tutti provenienti da donatori privati, senza alcun contributo pubblico. «Ikea, ad esempio, si è offerta di arredare gratuitamente le case entro il 31 marzo, in modo da renderle accessibili e operative a partire dal primo aprile» racconta Ercoli. Quello delle case confiscate alle criminalità è solo il primo passo: Differenza Donna pensa di ingrandire il progetto con l’aggiunta di altre case o anche di attività commerciali in cui coinvolgere le donne vittime di violenza. Una grande conquista per loro, un doppio smacco alla criminalità e al patriarcato.

Cinque case confiscate alla criminalità ora saranno un luogo di accoglienza per le donne vittime di violenza grazie al progetto «Differenza Donna in rete», promosso dall’Ong Differenza Donna. L’iniziativa è stata presentata il 22 gennaio alla Sala della Stampa estera a Roma. «Questo è il primo caso in Italia di collaborazione tra la sezione confische del Tribunale di Roma e la nostra associazione per la costruzione di un progetto sistemico di sostegno per le donne in uscita dalla violenza» spiega a Left Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna. La scelta di riassegnare i beni confiscati alla criminalità rendendoli protagonisti di un percorso di uscita dalla violenza delle donne e dei loro figli ha una forte valenza culturale, oltre che legale. Nella creazione del progetto si è instaurato un rapporto di reciprocità con le istituzioni che fa ben sperare in un momento in cui le case rifugio sono sempre meno e i posti letto disponibili per le donne che ne hanno bisogno restano di molto sotto la soglia prevista per legge. La volontà di vedere i problemi e riconoscere le criticità che queste donne devono affrontare rende questo progetto un importante tassello nella rivoluzione della cultura cosiddetta patriarcale, portata avanti dai movimenti e dalle associazioni di donne.

La prima differenza con il passato è che l’assegnazione dei beni in via di confisca alla criminalità è arrivata prima che si arrivi al terzo grado di giudizio, una procedura lunga che può durare talmente tanto da rendere il bene in questione inutilizzabile a causa del degrado portato, ad esempio, dalla mancanza di manutenzione. La proposta di agevolare le operazioni è arrivata dal presidente della Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Roma (che si occupa appunto delle confische) Guglielmo Muntoni, ora in pensione ma che continuerà a seguire il progetto a fianco del nuovo presidente. «Le case che noi abbiamo ricevuto hanno superato il primo grado e stanno terminando il secondo» dice Ercoli. «Il Tribunale ha rilasciato delle nuove linee guida in cui ha dato l’opportunità direttamente alle associazioni di gestire questi beni prima che arrivino alla confisca definitiva, abbattendo i tempi di attesa che sono previsti invece nel caso in cui si debba passare dagli enti locali», ci spiega. «Le cinque case che per ora ci sono state assegnate fanno parte di un progetto che prevede varie fasi, per rispondere a tutti i bisogni concreti delle donne, delle bambine e dei bambini sopravvissuti alla violenza. Ci tengo a specificare che il progetto è rivolto a tutte le donne, senza nessuna distinzione e non lasciando mai escluso nessuno», conclude Ercoli.

La prima casa, situata in via Tacito, nel quartiere Prati, diventerà la sede principale del progetto e sarà anche la sede del primo osservatorio per le donne con disabilità vittime di violenza. Questa struttura sarà riservata alla fase di emersione dalla violenza, con anche un servizio di assistenza telefonico: in totale la presidente Ercoli stima che si arriverà ad aiutare circa 1500 donne l’anno.

«A Ostia ci sarà la casa rifugio di emergenza, un luogo che offrirà accoglienza a circa 96 donne ogni anno. Qui verranno ospitate per massimo 15 giorni quelle donne che arrivano al pronto soccorso a rischio di vita, eventualità che rende impossibile per loro ritornare a casa. In queste situazione noi di Differenza Donna abbiamo bisogno, come le forze dell’ordine e la magistratura, di un posto sicuro dove le donne possano incontrare persone che le sappiano orientare verso l’uscita dalla violenza. Una scelta, questa, che spesso viene compiuta quando sono presenti delle alternative concrete e sostenibili, ma soprattutto quando viene concesso alle donne del tempo per riflettere» racconta Ercoli. «Quando si parla di emergenza la spinta istituzionale è spesso quella di collocare la donna rapidamente. Invece abbiamo potuto notare che inserire una donna che ancora indecisa all’interno di un contesto di una casa rifugio, circondata invece da donne che hanno già scelto, causa delle difficoltà per le donne stesse. La casa di Ostia servirà proprio a offrire loro un contesto che le faccia sentire protette e libere di scegliere avendone il tempo», continua la presidente.

Sempre nel quartiere Prati ci sarà la casa dedicata ai bambini e alle bambine. «Gestendo i centri antiviolenza dal 1992 e seguendo anche le donne nei procedimenti penali e civili, ci troviamo ad accompagnarle per tanti anni. In questo processo abbiamo potuto notare come i bambini e le bambine a volte ricevono inizialmente un sostegno dalle istituzioni, sostegno che però negli anni purtroppo si è sempre più sfaldato» spiega la presidente. La casa di Prati sarà un punto di riferimento continuo per i bambini e le bambine che si sono trovati a vivere una situazione di violenza o che hanno perso la mamma perché vittima di femminicidio, oltre che un luogo dove le mamme e i loro figli possano riconsolidare il rapporto, se necessario, dopo aver vissuto una situazione gravissima come quella da cui escono.

La quarta casa, nel centro di Roma, è dedicata alla semi-autonomia, dove le donne potranno risiedere per un anno insieme ai loro figli. «In questa struttura le donne potranno consolidare la loro situazione economica e lavorativa, dando in questo modo anche più solidità alle loro vite», racconta Ercoli.

L’ultima casa è in realtà una villa a Fregene che si occuperà di ospitare donne vittime di tratta degli esseri umani con lo scopo dello sfruttamento sessuale. «Noi dell’associazione siamo da sempre impegnate nel contrasto alla tratta e agli sfruttamenti sul nostro territorio, collaboriamo anche con la commissione territoriale per i richiedenti asilo per far emergere le situazioni di tratta che colpiscono in particolare le donne, per quanto riguarda noi di Differenza Donna. Ci tenevamo tantissimo che le vittime di questa terribile forma di violenza potessero beneficiare di questa bellissima villa di Fregene che avrà quattro posti di primo livello, che prevedono una permanenza di un anno, e poi altri due posti in semi-autonomia» dice a Left Elisa Ercoli.

Il progetto, che farà da modello in tutta Italia, prevede di accogliere o aiutare ad uscire dalla violenza circa 1800 donne l’anno. Altro lato innovativo di questa iniziativa è che i finanziamenti sono tutti provenienti da donatori privati, senza alcun contributo pubblico. «Ikea, ad esempio, si è offerta di arredare gratuitamente le case entro il 31 marzo, in modo da renderle accessibili e operative a partire dal primo aprile» racconta Ercoli. Quello delle case confiscate alle criminalità è solo il primo passo: Differenza Donna pensa di ingrandire il progetto con l’aggiunta di altre case o anche di attività commerciali in cui coinvolgere le donne vittime di violenza. Una grande conquista per loro, un doppio smacco alla criminalità e al patriarcato.