Viviamo in un Paese con problemi di bilancio. È quindi ovvio che da anni il Parlamento, la politica e la stampa si interessino del contenimento della spesa pubblica. Ciò che desta stupore è la quantità impressionante di tempo, risorse, parole dedicati a uno specifico possibile risparmio stimato in 80 milioni quando ne esiste uno che porterebbe a risparmiarne 3mila di milioni. Che se attuato sanerebbe pure ingiustizie che ci portiamo dietro dal Ventennio.
Sono entrambe questioni impegnative per le forze parlamentari, visto che impattano sulla Costituzione. Sia la prima, il taglio dei parlamentari, che la seconda, l’abolizione del Concordato con lo Stato vaticano. Si badi, il punto non è se la riduzione del numero di parlamentari sia una causa da sostenere o da respingere: si svolga il dibattito e si decida, i nostri rappresentanti sono lì per quello. È un termine di paragone come potrebbe esserlo l’abolizione del Cnel, se l’abolizione del Cnel avesse occupato il dibattito politico per anni. Il punto è che a parità di sforzo necessario – avere i numeri in Parlamento per far passare una modifica costituzionale – i fatti ci dicono che c’è stata e ci sarà attività politica straordinariamente intensa per risparmiare 80 milioni, mentre c’è il vuoto pneumatico per risparmiare quaranta volte tanto.
Se sull’aritmetica non c’è storia, l’obiezione potrebbe esserci sul merito. Andiamo quindi a vedere se i 3 miliardi di costi diretti e indiretti che gravano ogni anno sui contribuenti italiani a causa del Concordato Stato-Chiesa sono tutto sommato un sacrificio di cui essere soddisfatti in una democrazia liberale. E la risposta è no, perché come anticipato ci troviamo di fronte a ingiustizie che non a caso hanno origine in epoca fascista, quando l’11 febbraio 1929 Mussolini firmò i Patti Lateranensi con la Santa Sede.
Le cifre meno rilevanti sono per certi versi le più odiose: possibile che nel terzo millennio si debbano pagare 5 milioni l’anno per le bollette di acqua e luce del Vaticano? O che gli assistenti religiosi cattolici negli ospedali (costo 35 milioni), i cappellani nelle Forze armate (20), nella Polizia (9), nei cimiteri (6) e nelle carceri (8) siano a libro paga dello Stato? Le voci più importanti sono le più note: l’otto per mille, col suo impianto ingannevole e palesemente discriminatorio…
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