Il nuovo clima di paura e di incertezza che suscitano stragi come quella di Hanau, anche in ambiti tradizionalmente multiculturali, riaprono l’interrogativo che vale non solo per la Germania, ma anche per l’Italia e l’Europa, se il ritorno del nazifascismo sia un pericolo reale

Hanau era considerata un melting pot, un’isola di tolleranza dove la multietnicità esisteva ben prima dell’arrivo in Germania di circa un milione di richiedenti asilo cinque anni fa. L’attacco armato del 19 febbraio da parte di Tobias Rathjen in due locali della cittadina tedesca ha fatto dieci morti, fra i quali la madre, culminando nel suicidio: la maggior parte delle vittime proveniva da famiglie turche o curde residenti in Germania da generazioni. Negli ultime tre decadi la popolazione tedesca si è progressivamente diversificata per la presenza di immigrati che costituiscono quasi un quarto del totale che è di 86 milioni di abitanti: chi può dirsi allora tedesco e chi straniero?

Il nuovo contesto culturale a ambientale favorisce le formazioni di estrema destra che sono divenute sempre più aggressive con la nascita e l’affermazione in parlamento nel 2018 della AfD (Alternative fur Deutschland): il leader Alexander Gauland ha definito il nazismo una cacca di uccello cioè una macchia irrilevante. Il numero di delitti legati alla campagna di odio della destra estrema sono cresciuti da 1200 nel 2017 a 1664 nel 2018 secondo i rapporti della polizia: sono state colpite minoranze o politici chi si battevano per il supporto ai rifugiati. Il 2 giugno 2019 un politico conservatore Walter Lübcke che sosteneva la causa dei migranti è stato assassinato. Un uomo con legami con ambienti neonazisti e una storia di aggressioni a minoranze straniere ha confessato l’omicidio, considerato dalle autorità il primo dall’era nazista effettuato da un appartenente alla destra estrema. Il 9 ottobre 2019 un individuo con una “streaming head camera”, a imitazione del terrorista australiano Brenton Tarrant, ha sferrato un attacco contro una sinagoga di Halle uccidendo due persone.

I profili di questi attentatori sono incredibilmente simili. Tutti sono individui socialmente isolati che passano moltissimo del loro tempo on line e hanno problemi con le donne. Tutti creano dei manifesti che sono patchworks ideologici che inneggiano al suprematismo bianco e al razzismo. Particolarmente interessante sotto il profilo psicopatologico è la lettera che Tobias Rathjen ha reso disponibile sul web prima della sparatoria. In essa, fra le tante farneticazioni complottistiche e di furto del pensiero, di sostituzione etnica, deliri di influenzamento e di controllo planetario da parte di misteriose organizzazioni, si dice che se esistesse…

 

L’articolo prosegue su Left in edicola dal 28 febbraio

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