L'ex vicepresidente degli Stati Uniti vince in 9 Stati su 14 in cui si sono tenute le primarie democratiche. Il candidato socialista conquista la California

Le votazioni delle primarie del Partito democratico statunitense che si sono tenute nel famoso Super tuesday hanno ristretto il campo della corsa alla nomination a due candidati: Joe Biden e Bernie Sanders. Con il vicepresidente di Obama che ha vinto nove Stati sui 14 (più la Samoa americana e i Democrats abroad, gli americani all’estero) in palio, la corsa di Sanders si fa in salita. Certo il senatore del Vermont ha conquistato la California, il primo premio immaginario di questo martedì elettorale quanto a numero di delegati in palio, ben 451 che sono però comunque da spartire anche con gli altri contendenti che abbiano ottenuto più del 15% dei voti. In California, l’86% dei giovani ha votato Sanders. Il candidato socialista ha vinto anche in Utah, Colorado e nel “suo” Vermont (mentre in Maine ancora si sta consumando un testa a testa).

Grafico del New York Times, dati aggiornati al 4 marzo 2020, ore 12:30

L’apparente sconfitta di Sanders nel Super tuesday non ha comunque fiaccato lo spirito del movimento che è nato per portare Bernie alla Casa Bianca. Sui social spopolano gli hashtag #FeeltheBern e #NotMeUs, simbolo della sua campagna elettorale.

D’altronde, questo Super martedì ha rappresentato il vero inizio delle primarie. Dopo la falsa partenza in Iowa, con i risultati elettorali dispersi per ore senza che il partito Dem facesse sapere nulla al riguardo, e i risultati eterogenei di New Hampshire, Nevada e South Carolina (nei primi tre casi Bernie Sanders si era assicurato la maggioranza dei voti popolari, mentre Biden ha vinto in South Carolina), le primarie hanno subito diverse svolte. In particolare, i ritiri sorprendentemente vicini al giorno del Super tuesday di due candidati importanti in queste primarie, cioè Pete Buttigieg e Amy Klobuchar, e il loro immediato endorsement a Joe Biden sono parse a molti una coincidenza davvero strana. A poche ore dalle votazioni si è creato un fronte compatto di sostenitori di Biden fino a quel momento insospettabili: oltre ai due ormai ex candidati, è arrivato l’endorsement anche di Beto O’Rourke, ritiratosi a novembre da queste primarie e sconfitto per un soffio alle elezioni di midterm del 2018 per la carica di senatore del Texas.

Alla vigilia del Super tuesday c’era poi l’incognita Michael Bloomberg, che nonostante i 500 milioni di dollari investiti nella sua campagna non si è dimostrato all’altezza nei dibattiti televisivi, in cui è apparso insicuro e non pienamente in grado di sostenere una discussione su temi che riguardano le persone comuni. Il Super martedì è stato il suo primo banco di prova elettorale, per sua scelta. Ma si è arrivati alle urne con la sensazione che la sfida sarebbe stata tutta incentrata sul duello Sanders-Biden, vecchio e nuovo, radical contro moderato. Una sensazione che si è rivelata giusta, visto che il miliardario newyorkese ha guadagnato un numero irrisorio di delegati tra quelli in palio durante il Super martedì.

Dopo questa tornata elettorale, è emerso più che mai che la maggioranza degli afroamericani e degli over 65 preferiscono Biden, i giovani e i latinos invece votano più per Sanders, anche grazie all’appoggio di Alexandria Ocasio-Cortez al senatore del Vermont. I potenziali elettori del Super tuesday erano composti al 53% da bianchi, al 25% da ispanici, all’11% da afroamericani, al 7% da asiatici e al 4% da altre etnie. Ben 15,5 milioni sono gli ispanici che vivono in California, mentre l’Alabama ha alcune contee abitate solo da afroamericani. Molto bassa l’affluenza alle urne degli under 29: solo il 13% di loro si è recato alle urne, dieci punti percentuali in meno rispetto alla fascia 30-44, come ha riportato Nbc news.

Bernie Sanders non è l’uomo che il partito vorrebbe come candidato alle presidenziali contro Donald Trump. Ma l’emergenza coronavirus ha messo in evidenza uno dei cavalli di battaglia di Tìo Bernie, cioè la sanità pubblica. Mentre il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo prova a prendere iniziative per non bloccare l’accesso ai test per il virus a causa di problemi economici, l’importanza di un sistema sanitario nazionale “all’europea” inizia a diventare palese agli occhi anche dei più scettici. Un malaugurato vantaggio di cui avrebbe potuto godere anche Elizabeth Warren, anche lei sostenitrice del Medicare for all, ma da cui sembra non aver ricevuto alcun effetto positivo: durante il Super tuesday non è riuscita a conquistare nemmeno lo Stato in cui è senatrice, il Massachusetts, andato invece a Biden.

Ora le statistiche vedono Sanders dietro Biden, rispettivamente con l’8% e il 31% di probabilità di ottenere la nomination. Ma la possibilità più quotata è quella di avere una cosiddetta brokered convention, cioè la possibilità che alla convention democratica che si terrà a luglio a Milwaukee non si presenterà un chiaro vincitore delle primarie. In quel caso, sarebbero i delegati a decidere chi sfiderà Donald Trump a novembre, senza rispettare le indicazioni del voto popolare, oppure il partito potrebbe addirittura proporre una figura terza. Se Sanders vuole davvero rivoluzionare l’America, ora è il momento di spingere sull’acceleratore.