La Scozia ha promulgato una legge che renderà completamente gratuiti tamponi e assorbenti. È la prima in Europa. Si chiama Period pruducts Scotland Billed ed è stata presentata dalla laburista Monica Lennon. La battaglia contro l’Iva sugli assorbenti è molto accesa in Europa, perché in diversi Paesi è molto alta, quasi fossero prodotti di lusso. Tanto che nel 2020 in Scozia si registra ancora un problema di «period poverty» con ragazzine delle classi più indigenti che saltano la scuola nei giorni del ciclo. Per combattere questo problema, che non è solo economico, ma anche culturale, già da alcuni anni grazie all’iniziativa dei laburisti erano comparsi distributori gratuiti di assorbenti igienici in alcune scuole, college e università scozzesi. Ora è stato fatto un passo ulteriore e molto importante contro questo stigma di classe e di genere. Un passo avanti che tanti altri Paesi del mondo aspettano, specie quelli segnati da forti disparità sociali, oppressi da culture, tradizioni e religioni dove le mestruazioni sono ancora motivo di condanna delle donne e di vergogna interiorizzata fin da giovanissime.
Il film PadMan diretto da R. Balki lo racconta bene, denunciando le discriminazioni che le donne subiscono nell’India rurale, ma anche ripercorrendo la storia dell’attivista Arunachalam Muruganantham che è riuscita a migliorare la condizione di molte donne inventando una macchina per confezionare assorbenti a basso costo. «Secondo i dati di una ricerca Nielsen, il 70% delle donne in India non si possono permettere prodotti igenico sanitari, il 23% delle ragazze lascia la scuola al momento del raggiungimento della pubertà, anche per le umiliazioni subite dai propri compagni di scuola maschi e per l’impossibilità di avere accesso a servizi igienici privati e puliti». A denunciarlo è ActionAid, organizzazione attiva in varie parti del mondo con progetti contro la violenza sulle donne e di empowerment femminile.
«Ho sentito dire che è una malattia. Riguarda soprattutto le ragazze, giusto?», così una ragazzina di Hapur, vicino Delhi risponde imbarazzata all’insegnante che domanda alle alunne cosa sanno del ciclo mestruale. È una scena di un docufilm girato nel 2018 da Ryka Zehtabchi e descrive una situazione purtroppo molto diffusa. «Lo stigma che vede il periodo mestruale come una malattia, è molto radicato», rimarca ActionAid tracciando una mappa che va dall’India al Bangladesh ad altri Paesi asiatici e che coinvolge gran parte dell’Africa, dove la maggior parte delle ragazze non va a scuola nei periodi mestruali (si parla di 8 ragazze su 10) e il ritiro dalla scuola è non di rado accompagnato da un matrimonio precoce.
Molto violento è lo stigma sulle mestruazioni in Nepal, dove si arriva a mettere a rischio la vita stessa delle donne durante il ciclo. ActonAid ha messo a punto un piano speciale di lavoro contro il Chaupadi, l’esilio mestruale, che costringe adolescenti e donne con le mestruazioni ad allontanarsi da casa e a dormire in capanne esposte a intemperie e ad aggressioni di animali. Ishu ha 14 anni e deve isolarsi in un rifugio quando ha le mestruazioni. «Ho paura di rimanere sola nella capanna», dice alle attiviste di ActionAid. «Ho paura dei serpenti e di alcune persone cattive». È accaduto più di una volta che in quei luoghi insicuri e malsani le donne siano state uccise da morsi di serpenti o da incendi accesi per scaldarsi.
Benché la promulgazione della nuova costituzione nel 2015 abbia segnato una svolta, riconoscendo alle donne un nuovo ruolo nella società, insieme al diritto di ereditare e di potersi difendere dalla sopraffazione maschile in famiglia, l’antica tradizione del Chaupadi (legata all’induismo), benché messa fuori legge nel 2005, continua a mietere vittime, specie dopo il terremoto del 2015. Non avere più una casa, dover vivere in baracche aggrava ulteriormente la condizione delle donne, che non hanno spazi di intimità e sono considerate impure durante il periodo mestruale. La superstizione locale dice che se durante il ciclo toccano erbe e piante esse muoiono, proibisce loro di toccare cibi, di entrare in cucina perché giudicate sporche e contagiose. Una concezione barbarica, inumana, che ha contrassegnato lungamente l’Occidente cristiano con migliaia di donne condannate come streghe magari perché affette da endometriosi i cui sintomi venivano letti come segnali di possessione demoniaca. Tutti e tre i monoteismi, come ben sappiamo, si sono accaniti sulle donne, condannate anche per le mestruazioni. Nel Levitico si dice che «quando la donna ha il flusso il sangue rimarrà per sette giorni nell’impurità mestruale».
La donna mestruata nella religione ebraica è stigmatizzata come impura. Altrettanto accade nella religione musulmana e in quella cristiana. Le ragazze in quei giorni vengono allontanate dalla vita collettiva, devono sottoporsi a rituali di purificazione prima di pregare, ma soprattutto viene trasmesso loro un senso di inferiorità, l’idea di essere sporche, inadeguate e un fatto naturale, biologico, come il ciclo viene utilizzato per ledere la loro autostima. Ancora oggi «nonostante la sua banalità naturale, resta un fenomeno misterioso, circondato da leggende e superstizioni, reticenze e stereotipi, la cui persistenza non può che stupire» scrive Elise Thiébaut nel libro Questo è il mio sangue (Einaudi), un pamphlet che quando è uscito in Francia due anni fa ha acceso il dibattito mostrando come anche nella società occidentale dove le donne hanno conquistato molti diritti civili ancora esista un non detto sulle mestruazioni. Se ne parla a bassa voce tra donne, si chiede alle colleghe se per caso hanno un assorbente, non come si chiederebbe un fazzoletto se butta sangue il naso o un cerotto se ci siamo accidentalmente tagliate. Per non dire dei pregiudizi che ancora circolano nella evoluta Europa: per cui quando una «ha le proprie cose» non dovrebbe fare attività fisica, non dovrebbe fare il bagno, mentre c’è chi addirittura sconsiglia di impastare il pane e montare la maionese perché impazzirebbe! Quasi non si contano tante sono le superstizioni legate al ciclo della luna.
La superstizione riguardo alle mestruazioni e la negazione dell’identità della donna, uguale e diversa dall’uomo hanno radici millenarie, come ci ricorda qui l’antichista Maria Pellegrini. Se Tommaso D’Aquino negava che la «Vergine Maria» potesse aver avuto le mestruazioni, gli esegeti degli altri monoteismi non erano da meno.
Ma cosa accadeva prima dell’instaurazione di un pensiero unico di un dio onnipotente e maschile? Riguardo al modo di considerare le mestruazioni è interessante tornare a leggere Questo è il mio sangue.
Quando il dominio patriarcale si è saldato con il monoteismo per le donne non c’è più stato scampo. Nella religione islamica le mestruazioni (Middah) si accompagnano alla paura maschile di essere contaminati. Il Corano definisce le mestruazioni un male, un’infermità. «Non abbiate contatto con le donne mestruate», viene prescritto agli uomini. «Statevene a distanza finché non si siano purificate».
Qualcosa di analogo prevede anche la religione ebraica. Ma è sempre stato così? Cosa accadeva nelle società pagane? E nel più remoto passato preistorico? A questo proposito alcuni antropologi hanno ritenuto che durante il paleolitico le donne per evitare predatori attratti dall’odore di sangue nei periodi mestruali avessero preso l’abitudine di isolarsi in luoghi protetti. Secondo Chris Knight, durante il ciclo, le donne si sarebbero ritirate in grotte dove realizzavano pitture rupestri, come ha dimostrato in tempi recenti l’antropologo Snow studiando le impronte di mani femminili rinvenute accanto alle più importanti espressioni artistiche del paleolitico. In quelle circostante avrebbero realizzato anche tatuaggi e decorazioni sul corpo col sangue mestruale.
Come in tempi recenti ha fatto l’artista curda Zehra Dogan, ingiustamente imprigionata dal regime di Erdoğan e privata di ogni mezzo di espressione nelle prigioni turche, dove ha realizzato pitture con il sangue mestruale.
Tornando all’epoca antica sappiamo che ad Artemide si offrivano panni intrisi di sangue mestruale e che molti cicli pagani si legavano al ciclo femminile e lunare. Nella tradizione pagana esisteva una leggenda della nascita dell’uomo da una mestruazione lunare che poi fu sussunta dal Cristianesimo che parla di Adamo creato da Dio e «fatto di sangue e terra». E chissà, suggerisce Elise Thiébaut, che la formula «bevetene tutti questo è il mio sangue» non provenga da antichi misteri che facevano ricorso al sangue mestruale. Ancora: leggendo il ricchissimo libro della collega francese si scopre che nell’antico Egitto i faraoni potevano diventare immortali ingerendo il sangue di Iside, la bevanda chiamata “SA”. In Persia, invece, l’elisir di immortalità era l’Amrita, «il latte della dea madre»; per i Celti l’idromele rosso era il dono di Mab, la regina delle fate, grazie al quale i re diventavano dei, mentre per i taoisti l’uomo poteva vivere molto a lungo assumendo sangue mestruale chiamato «succo rosso yin».
Ma queste favole belle furono tutte cancellate dai monoteismi e/o da forme di organizzazione sociale rigidamente patriarcale (come il confucianesimo in Cina). Tanto che anche nella pagana Roma, ma regno del pater familias, Plinio fu fra i più grandi detrattori delle donne soggette a mestruazioni. Più libero da pregiudizi era stato Ippocrate, padre della medicina nella Grecia antica, ma contribuì fortemente a generare e a trasmettere l’idea che le emicranie, gli sbalzi di umore, i dolori, i crampi fossero causati dal cattivo sangue delle donne da cui dovevano liberarsi. Da qui l’idea di eliminare il sangue cattivo con i salassi. Ma questa è un’altra storia.
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