Mi scrive una donna che lavora nella segreteria di una cardiodiagnostica privata: «io ancora lavoro (nessun contratto ma collaborazione occasionale. Il che significa che vado tutti i giorni e se manco non ho diritto allo stipendio). Ma il punto non è questo, sarò più chiara. Nel mio studio ci sono più cardiologi, ognuno dei quali visita in giorni prestabiliti. Di 6 solo uno mi ha fatto chiamare i pazienti più anziani e debilitati per disdire. Gli altri assolutamente no. Anzi, uno di loro mi ha fatto chiamare per prendere nuovi appuntamenti evitati solo grazie al buonsenso dei pazienti stessi. Per questa loro smania di soldi io viaggio con i mezzi a mio rischio e pericolo, non contando che molti di questi medici la mattina lavorano in ospedale». Mi scrive un operaio di una nota azienda, lavora in fabbrica, dice che non c'è nessuna disposizione sanitaria, si lavora come sempre gomito a gomito, la catena non si può fermare. No, non è un prodotto indispensabile, proprio per niente, solo che l'azienda ha proposto di prendere ferie e se qualcuno, come lui che mi scrive, non può prenderne, allora si lavora come sempre. Mi racconta anche dei mezzi pubblici, pieni ovviamente di persone che non possono permettersi di stare a casa e che si innervosiscono non poco perché si parla troppo poco di loro. Eccoci qui. Mi scrive un altra persona a proposito di una multinazionale: «la provincia di Alessandria è zona rossa da domenica: l’unica cosa che ha fatto quella bravissima multinazionale è stato diramare le solite due direttive, senza nemmeno distribuire soluzioni idroalcoliche ai propri dipendenti, che sono circa 600 e spesso si trovano ad affollare le sale quadro, o comunque devono lavorare a contatto per manipolare i macchinari ed i materiali che vengono prodotti all’interno dello stabilimento. Una situazione del genere è inaccettabile. Ancora oggi, 12 marzo, non hanno fornito agli operai altro al di fuori di pacchi di salviette igienizzanti per pulire le tastiere, i mouse ecc., salviette che vanno usata "con parsimonia"». Sono solo tre delle decine di testimonianze che mi arrivano. Ora, al di là di tutto, una domanda fondamentale siamo sicuri che anche il profitto, quello che non ha nulla a che vedere con le esigenze fondamentali di sussistenza, sia in quarantena? E siamo sicuri che i lavoratori si sentano rappresentati, quelli che non possono stare a casa? Buon venerdì.

Mi scrive una donna che lavora nella segreteria di una cardiodiagnostica privata: «io ancora lavoro (nessun contratto ma collaborazione occasionale. Il che significa che vado tutti i giorni e se manco non ho diritto allo stipendio). Ma il punto non è questo, sarò più chiara. Nel mio studio ci sono più cardiologi, ognuno dei quali visita in giorni prestabiliti. Di 6 solo uno mi ha fatto chiamare i pazienti più anziani e debilitati per disdire. Gli altri assolutamente no. Anzi, uno di loro mi ha fatto chiamare per prendere nuovi appuntamenti evitati solo grazie al buonsenso dei pazienti stessi. Per questa loro smania di soldi io viaggio con i mezzi a mio rischio e pericolo, non contando che molti di questi medici la mattina lavorano in ospedale».

Mi scrive un operaio di una nota azienda, lavora in fabbrica, dice che non c’è nessuna disposizione sanitaria, si lavora come sempre gomito a gomito, la catena non si può fermare. No, non è un prodotto indispensabile, proprio per niente, solo che l’azienda ha proposto di prendere ferie e se qualcuno, come lui che mi scrive, non può prenderne, allora si lavora come sempre. Mi racconta anche dei mezzi pubblici, pieni ovviamente di persone che non possono permettersi di stare a casa e che si innervosiscono non poco perché si parla troppo poco di loro. Eccoci qui.

Mi scrive un altra persona a proposito di una multinazionale: «la provincia di Alessandria è zona rossa da domenica: l’unica cosa che ha fatto quella bravissima multinazionale è stato diramare le solite due direttive, senza nemmeno distribuire soluzioni idroalcoliche ai propri dipendenti, che sono circa 600 e spesso si trovano ad affollare le sale quadro, o comunque devono lavorare a contatto per manipolare i macchinari ed i materiali che vengono prodotti all’interno dello stabilimento. Una situazione del genere è inaccettabile. Ancora oggi, 12 marzo, non hanno fornito agli operai altro al di fuori di pacchi di salviette igienizzanti per pulire le tastiere, i mouse ecc., salviette che vanno usata “con parsimonia”».

Sono solo tre delle decine di testimonianze che mi arrivano. Ora, al di là di tutto, una domanda fondamentale siamo sicuri che anche il profitto, quello che non ha nulla a che vedere con le esigenze fondamentali di sussistenza, sia in quarantena? E siamo sicuri che i lavoratori si sentano rappresentati, quelli che non possono stare a casa?

Buon venerdì.