«Sembra proprio che di indipendente e sovrano sul suolo di questo Paese ci sia solo quello Stato nello Stato che è la Chiesa. Che non esita a contravvenire a provvedimenti sanitari che valgono per i comuni mortali. E, peggio ancora, che di fatto istiga a commettere reati e a mettere in pratica comportamenti contrari alla tutela della salute pubblica e in particolare delle persone più deboli. Il presidente della Repubblica è stato chiaro: “L’’Italia sta attraversando una condizione di difficoltà” e “nel comune interesse” non si aspetta “mosse che possono ostacolarne l’azione”. Perché dunque Mattarella non rivolge lo stesso monito alla Santa Sede?».
Così Roberto Grendene, segretario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar), in merito alla decisione del cardinal vicario di Roma, Angelo de Donatis, che ieri ha revocato il decreto di chiusura delle chiese parrocchiali della capitale.
«Non si capisce peraltro quali spazi vi siano nel decreto per l’apertura delle parrocchie», prosegue Grendene: «All’articolo 3 c’è scritto che “sono sospese le attività inerenti i servizi alla persona (fra cui parrucchieri, barbieri, estetisti) diverse da quelle individuate nell’allegato 2”, e le chiese non ci sono. Sarei poi curioso di sapere come funziona l’autocertificazione per chi dichiara di voler andare in parrocchia: non mi risulta che tale spostamento sia giustificabile con “comprovate esigenze lavorative”, “situazioni di necessità”, “motivi di salute” o “rientro presso il proprio domicilio”».
«Il Concordato e la sua allegra applicazione mettono insomma a repentaglio la salute degli italiani. Tutele speciali e margini di libertà privilegiati alla Chiesa costituiscono una violazione del principio di laicità e dell’uguaglianza di tutti i cittadini: il governo – conclude Grendene – imponga la chiusura delle chiese e denunci unilateralmente il Concordato inverando l’articolo 3 della Costituzione. Siamo tutti differenti, ma ci devono essere garantiti gli stessi identici diritti. E ovviamente anche gli stessi identici doveri».