Il 24 marzo è l'anniversario del golpe civico militare che si consumò nel 1976 in Argentina. Esercito, gerarchie ecclesiastiche, quelli che oggi chiameremmo “poteri forti” economici e finanziari, P2 e multinazionali straniere (anche europee...) unirono le forze per attuare una politica basata sul terrore che venne definita a livello istituzionale ‘Processo di riorganizzazione nazionale’. Parte integrante del progetto furono i rapimenti, la tortura, le uccisioni e le sparizioni forzate dei “sovversivi”. Persone cioè che avevano la colpa di voler vivere in un Paese democratico, laico, rispettoso dei diritti di tutti senza distinzioni. In pochi mesi, dirigenti sindacali, studenti universitari e liceali, professori, giornalisti, religiosi, avvocati, medici, artisti, intellettuali, neonati figli dei “sovversivi”, a migliaia iniziarono a scomparire... ... La storia di Hilario Bourg fa parte dell’Archivio desaparecido, un progetto di memoria attiva del Centro di giornalismo permanente. Attraverso queste video interviste - alcune delle quali saranno pubblicate anche sul sito e i canali social di Left - gli autori, Elena Basso, Marco Mastrandrea e Alfredo Sprovieri, intendono ricostruire con una lunga inchiesta giornalistica le biografie dei cittadini italiani scomparsi durante gli anni delle dittature sudamericane degli anni ’70 e di chi è arrivato nel nostro Paese da esule politico. Le loro storie saranno contenute in un archivio multimediale libero e aperto a tutti. Per poterlo creare hanno aperto una raccolta fondi su Produzioni dal Basso: http://sostieni.link/24307 https://youtu.be/kutAsojAyFw   In cerca di Ana Libertad (Dal libro “Figli rubati” di Federico Tulli - L'Asino d'oro edizioni, 2015) Verso le ore 21 del 23 febbraio 1977, undici mesi dopo che una giunta militare aveva preso il potere in Argentina, scatenando quella ‘guerra sporca’ che fece conoscere al mondo il fenomeno dei desaparecidos, un commando di uomini armati e in divisa attaccò improvvisamente con gas e lacrimogeni uno studio dentistico a La Plata, una tranquilla cittadina a circa 60 chilometri da Buenos Aires, al cui interno si stava svolgendo una riunione tra attivisti del Partito comunista marxista leninista (Pcml). L’azione militare durò pochi minuti; secondo la testimonianza di alcuni vicini si concluse con la cattura di sei persone costrette a uscire dall’appartamento per via dell’aria irrespirabile. Héctor Carlos Baratti, Elena de la Cuadra, Eduardo Roberto Bonín, Pedro Campano, Norma Estela Campano de Serra e Humberto Luis Fraccarolli Molina vennero caricati a forza su delle camionette, incappucciati e portati via velocemente verso il V Commissariato cittadino. In un giorno imprecisato di luglio dello stesso anno, Alicia (Licha) Zubasnabar de la Cuadra trovò un biglietto sotto la porta dell’appartamento in cui viveva a La Plata: «16/6 la signora ha avuto una bambina, non si sa dove sia la bambina, i genitori stanno bene, de la Cuadra» scriveva un anonimo confermando così ad Alicia e al marito Roberto che la loro figlia Elena, rapita al quinto mese di gravidanza e di cui non avevano più avuto notizie, aveva partorito. La famiglia di Roberto e Alicia de la Cuadra era stata già duramente colpita dalla repressione. Il 2 settembre 1976, Roberto José, fratello di Elena e anch’egli membro del Pcml, era stato rapito in casa dei genitori. Sempre nel 1977 era stata la volta del marito di Estelita, sorella di Elena e Roberto José, Gustavo Fraire, e del cognato, Juan Raúl Bourg, e della moglie, Alicia Rodríguez Saenz. L’arresto di Gustavo costrinse Estelita a un esilio rocambolesco verso l’Italia dove viveva un altro fratello, Luis Eduardo: passò attraverso il Brasile dove entrò con suo padre, fingendo di essere una coppia di turisti. Poco dopo dovettero fuggire dall’Argentina anche l’altra sorella Soledad e il marito Carlos Horacio Bourg, fratello di Juan Raúl. Due giorni dopo il rapimento di Elena i suoi genitori cominciarono a cercarla e presentarono immediatamente una richiesta di habeas corpus all’autorità giudiziaria senza alcun esito. Non ebbero fortuna nemmeno su intercessione della Chiesa cattolica locale. Il loro colloquio con il vicario militare Emilio Teodoro Grasselli, che gli confermò l’arresto di Elena, fu descritto nel 2011 da Estelita de la Cuadra nel corso del processo contro il Piano sistematico di appropriazione dei bambini, leggendo alcuni appunti presi dal fratello Roberto durante l’incontro. Grasselli «dice che Elenita sta bene e che si trova vicino La Plata», lesse la sorella Estelita davanti ai giudici. «Dopo di che il vicario militare consigliò di interrompere le ricerche e di tornare alcuni giorni dopo. Forse avrebbe potuto aiutarli ad avere ulteriori notizie». Ma quello di Grasselli era solo un modo per liberarsi in fretta di due persone disperate. Figura ambigua, il prelato per anni era stato fedele segretario di quel cardinale Antonio Caggiano che nel 1961 aveva firmato la prefazione di un libro di Jean Ousset, leader del gruppo della Cité catholique e teorizzatore della violenza cristiana contro i pericoli del marxismo leninismo. Secondo molte testimonianze, compresa quella di Estelita de la Cuadra, monsignor Grasselli aveva creato un ufficio nella cappella Stella Maris a Buenos Aires in cui riceveva i familiari dei desaparecidos. Accanto ai nomi dei morti aveva segnato delle croci, e molto probabilmente Elena era ancora viva quando il vicario parlò con Roberto e Alicia; ma da lui non seppero più nulla. Grasselli si adoperò anche per far fuggire all’estero molti ricercati e loro parenti; ma il fatto che procurasse dei biglietti aerei intestati al conto corrente della marina militare, unito alle informazioni sulla sorte dei desaparecidos, faceva pensare a un suo stretto legame con i loro assassini e torturatori. Un doppio registro molto diffuso tra le autorità ecclesiastiche argentine. E non era un caso che la Stella Maris fosse attigua al quartier generale della marina; proprio dove peraltro si trovava l’ufficio dell’ammiraglio Emilio Massera, uno dei capi della giunta. «Monsignor Grasselli», chiosa Estelita, «era uno che si divertiva a dare false piste ai familiari, pronunciando frasi del tipo: ‘Signora, corra a casa ché suo figlio è là che l’aspetta’. Cosa che poi non era vera». Il 28 ottobre 1977, mentre Alicia Zubasnabar de la Cuadra sfilava con le prime madri di desaparecidos in Plaza de Mayo a Buenos Aires davanti alla Casa Rosada, sede del palazzo presidenziale, suo marito fu ricevuto da padre Jorge Mario Bergoglio, all’epoca provinciale dei gesuiti argentini. Poco tempo prima avevano ricevuto da Luis Velasco, un sopravvissuto del V Commissariato di La Plata (fratello del ct della nazionale italiana di pallavolo pluricampione del mondo, Julio Velasco), la conferma che il 16 giugno Elena aveva partorito una bimba: Ana Libertad. [prosegue su "Figli rubati"]  

Il 24 marzo è l’anniversario del golpe civico militare che si consumò nel 1976 in Argentina. Esercito, gerarchie ecclesiastiche, quelli che oggi chiameremmo “poteri forti” economici e finanziari, P2 e multinazionali straniere (anche europee…) unirono le forze per attuare una politica basata sul terrore che venne definita a livello istituzionale ‘Processo di riorganizzazione nazionale’. Parte integrante del progetto furono i rapimenti, la tortura, le uccisioni e le sparizioni forzate dei “sovversivi”. Persone cioè che avevano la colpa di voler vivere in un Paese democratico, laico, rispettoso dei diritti di tutti senza distinzioni. In pochi mesi, dirigenti sindacali, studenti universitari e liceali, professori, giornalisti, religiosi, avvocati, medici, artisti, intellettuali, neonati figli dei “sovversivi”, a migliaia iniziarono a scomparire…

La storia di Hilario Bourg fa parte dell’Archivio desaparecido, un progetto di memoria attiva del Centro di giornalismo permanente. Attraverso queste video interviste – alcune delle quali saranno pubblicate anche sul sito e i canali social di Left – gli autori, Elena Basso, Marco Mastrandrea e Alfredo Sprovieri, intendono ricostruire con una lunga inchiesta giornalistica le biografie dei cittadini italiani scomparsi durante gli anni delle dittature sudamericane degli anni ’70 e di chi è arrivato nel nostro Paese da esule politico. Le loro storie saranno contenute in un archivio multimediale libero e aperto a tutti. Per poterlo creare hanno aperto una raccolta fondi su Produzioni dal Basso: http://sostieni.link/24307

 

In cerca di Ana Libertad

(Dal libro “Figli rubati” di Federico TulliL’Asino d’oro edizioni, 2015)

Verso le ore 21 del 23 febbraio 1977, undici mesi dopo che una giunta militare aveva preso il potere in Argentina, scatenando quella ‘guerra sporca’ che fece conoscere al mondo il fenomeno dei desaparecidos, un commando di uomini armati e in divisa attaccò improvvisamente con gas e lacrimogeni uno studio dentistico a La Plata, una tranquilla cittadina a circa 60 chilometri da Buenos Aires, al cui interno si stava svolgendo una riunione tra attivisti del Partito comunista marxista leninista (Pcml). L’azione militare durò pochi minuti; secondo la testimonianza di alcuni vicini si concluse con la cattura di sei persone costrette a uscire dall’appartamento per via dell’aria irrespirabile. Héctor Carlos Baratti, Elena de la Cuadra, Eduardo Roberto Bonín, Pedro Campano, Norma Estela Campano de Serra e Humberto Luis Fraccarolli Molina vennero caricati a forza su delle camionette, incappucciati e portati via velocemente verso il V Commissariato cittadino.

In un giorno imprecisato di luglio dello stesso anno, Alicia (Licha) Zubasnabar de la Cuadra trovò un biglietto sotto la porta dell’appartamento in cui viveva a La Plata: «16/6 la signora ha avuto una bambina, non si sa dove sia la bambina, i genitori stanno bene, de la Cuadra» scriveva un anonimo confermando così ad Alicia e al marito Roberto che la loro figlia Elena, rapita al quinto mese di gravidanza e di cui non avevano più avuto notizie, aveva partorito.

La famiglia di Roberto e Alicia de la Cuadra era stata già duramente colpita dalla repressione. Il 2 settembre 1976, Roberto José, fratello di Elena e anch’egli membro del Pcml, era stato rapito in casa dei genitori. Sempre nel 1977 era stata la volta del marito di Estelita, sorella di Elena e Roberto José, Gustavo Fraire, e del cognato, Juan Raúl Bourg, e della moglie, Alicia Rodríguez Saenz. L’arresto di Gustavo costrinse Estelita a un esilio rocambolesco verso l’Italia dove viveva un altro fratello, Luis Eduardo: passò attraverso il Brasile dove entrò con suo padre, fingendo di essere una coppia di turisti. Poco dopo dovettero fuggire dall’Argentina anche l’altra sorella Soledad e il marito Carlos Horacio Bourg, fratello di Juan Raúl. Due giorni dopo il rapimento di Elena i suoi genitori cominciarono a cercarla e presentarono immediatamente una richiesta di habeas corpus all’autorità giudiziaria senza alcun esito. Non ebbero fortuna nemmeno su intercessione della Chiesa cattolica locale. Il loro colloquio con il vicario militare Emilio Teodoro Grasselli, che gli confermò l’arresto di Elena, fu descritto nel 2011 da Estelita de la Cuadra nel corso del processo contro il Piano sistematico di appropriazione dei bambini, leggendo alcuni appunti presi dal fratello Roberto durante l’incontro. Grasselli «dice che Elenita sta bene e che si trova vicino La Plata», lesse la sorella Estelita davanti ai giudici. «Dopo di che il vicario militare consigliò di interrompere le ricerche e di tornare alcuni giorni dopo. Forse avrebbe potuto aiutarli ad avere ulteriori notizie».

Ma quello di Grasselli era solo un modo per liberarsi in fretta di due persone disperate. Figura ambigua, il prelato per anni era stato fedele segretario di quel cardinale Antonio Caggiano che nel 1961 aveva firmato la prefazione di un libro di Jean Ousset, leader del gruppo della Cité catholique e teorizzatore della violenza cristiana contro i pericoli del marxismo leninismo. Secondo molte testimonianze, compresa quella di Estelita de la Cuadra, monsignor Grasselli aveva creato un ufficio nella cappella Stella Maris a Buenos Aires in cui riceveva i familiari dei desaparecidos. Accanto ai nomi dei morti aveva segnato delle croci, e molto probabilmente Elena era ancora viva quando il vicario parlò con Roberto e Alicia; ma da lui non seppero più nulla. Grasselli si adoperò anche per far fuggire all’estero molti ricercati e loro parenti; ma il fatto che procurasse dei biglietti aerei intestati al conto corrente della marina militare, unito alle informazioni sulla sorte dei desaparecidos, faceva pensare a un suo stretto legame con i loro assassini e torturatori. Un doppio registro molto diffuso tra le autorità ecclesiastiche argentine. E non era un caso che la Stella Maris fosse attigua al quartier generale della marina; proprio dove peraltro si trovava l’ufficio dell’ammiraglio Emilio Massera, uno dei capi della giunta. «Monsignor Grasselli», chiosa Estelita, «era uno che si divertiva a dare false piste ai familiari, pronunciando frasi del tipo: ‘Signora, corra a casa ché suo figlio è là che l’aspetta’. Cosa che poi non era vera».

Il 28 ottobre 1977, mentre Alicia Zubasnabar de la Cuadra sfilava con le prime madri di desaparecidos in Plaza de Mayo a Buenos Aires davanti alla Casa Rosada, sede del palazzo presidenziale, suo marito fu ricevuto da padre Jorge Mario Bergoglio, all’epoca provinciale dei gesuiti argentini. Poco tempo prima avevano ricevuto da Luis Velasco, un sopravvissuto del V Commissariato di La Plata (fratello del ct della nazionale italiana di pallavolo pluricampione del mondo, Julio Velasco), la conferma che il 16 giugno Elena aveva partorito una bimba: Ana Libertad.

[prosegue su “Figli rubati”]