Ermächtigungsgesetz, “legge abilitante”, è il nome del decreto che il 24 marzo 1933 il Partito Nazionalsocialista dei lavoratori fece approvare dal Parlamento tedesco, il Reichstag, per dichiarare lo stato di emergenza nel Paese e accentrare così ogni potere nelle mani del governo, del cancelliere in particolare, che dal 30 gennaio di quello stesso anno, meno di due mesi prima, si chiamava Adolf Hitler.
Ecco, Viktor Orbán, dal 2010 primo ministro ungherese, poteva decisamente scegliere un nome più felice per la legge eccezionale che si appresta a far approvare al Parlamento, per poi esautorarlo. “Legge abilitante” dunque, giustificata dall’uomo forte di Budapest dalla necessità di rispondere prontamente all’emergenza coronavirus. Pieni poteri di governance mediante decreto senza un limite di tempo specificato.
Il premier, che ha molti ammiratori alle nostre latitudini fra i leader sovranisti che fino ad agosto scorso facevano parte della maggioranza parlamentare, potrà sospendere l’applicazione delle leggi esistenti, discostarsi dalle norme in corso e attuare misure straordinarie aggiuntive. Nessuna altra specifica: in sostanza qualsiasi legge può essere sospesa o annullata finché l’emergenza prosegue. Il governo è chiamato a fornire informazioni sul proprio operato ai capigruppo, ma il Parlamento non può agire per contrastare le misure prese dall’esecutivo.
Del resto Orbán è nato a Székesfehérvár, nota come “la città dei re” perché vi avevano luogo le incoronazioni dei sovrani ungheresi. E come un monarca potrà ora governare, senza nemmeno la parvenza democratica offerta fino ad oggi da un Parlamento per due terzi nelle mani di Fidesz. Un rantolo di opposizione resisteva, e ora viene spazzata via dallo stato di urgenza. È dunque un assegno in bianco quello che l’Assemblea nazionale ha votato ieri 30 marzo. E all’incasso passerà Orbán.
Proprio l’assenza di una data di termine dell’emergenza è uno dei punti che allarma maggiormente molti osservatori internazionali, e quattro Ong che operano nella nazione magiara (fra queste Amnesty e l’Hungarian Helsinki committee) e che hanno prodotto un lungo e articolato documento di profonda critica al testo. «Gli ultimi 10 anni hanno fornito molte prove del fatto che il governo ungherese sfrutta e abusa delle opportunità per indebolire le istituzioni che fungono da controllo del suo potere (crisi migratoria docet), ogni volta che ha la possibilità di farlo», ha affermato il think tank politico con sede a Budapest. «Situazioni legali straordinarie sono molto facili da introdurre, ma è molto più difficile tornare alla situazione pregressa».
La nuova legge crea inoltre due nuove tipologie di crimini. Chiunque pubblicizzi fatti falsi o distorti che interferiscono con la protezione dell’opinione pubblica può essere punito con la reclusione fino a cinque anni. L’assenza di specifiche chiare lascia ampio margine di intendimento della norma e induce le organizzazioni non governative a evidenziare la volontà di applicare un ulteriore bavaglio a una stampa già assoggettata in larga parte. E chiunque violi le misure di coprifuoco in atto può esser punito con il carcere da cinque o otto anni.
Intanto dai primi di marzo nessuno entra nel Paese. Il provvedimento è motivato con la necessità di bloccare l’ingresso del virus; le frontiere già blindate sono state definitivamente sigillate. Nessuna parola è stata spesa sul fronte degli incentivi fiscali per sostenere un’economia che avrà bisogno di grandi aiuti una volta terminata l’emergenza, mentre si ha avuto invece notizia di un ampio ricorso al richiamo di militari riservisti per pattugliare le strade in questo periodo. La disastrata sanità è attesa a una prova cui non è in grado di far fronte. Da qui le critiche già ricevute per il numero di contagi ufficiali, che pare eccezionalmente bassa. Ma se il virus non lo si cerca…
In Italia la legge n. 225 del 1992 e le sue successive modifiche hanno introdotto un orizzonte temporale di 90 giorni per lo stato di emergenza, rinnovabile una sola volta. Sei mesi in totale dunque, da qui la data del 31 luglio quale scadenza prevista indicata dal premier Giuseppe Conte, a sei mesi dal 31 gennaio, data della proclamazione, all’emergere dei primi casi di Covid-19 fra i nostri confini. Abbiamo una Costituzione che ci tutela. Ma ce l’hanno anche gli ungheresi. Eppure.
Nella favola di Esopo le rane, che vivevano libere nelle paludi, chiesero a Zeus di frenare i loro costumi inviando un re che facesse un po’ d’ordine. Il padre degli Dei gettò un pezzo di legno nella palude: Le rane spaventate per il rumore si nascosero a lungo, ma capito nel tempo come il legno fosse immobile, uscirono e presero fin a insultarlo e molestarlo, tornando infine da Zeus per chiedere un sovrano meno inutile. Questi gettò dunque una biscia d’acqua che le morse e uccise a una a una. Se è vero che la favola insegna che è meglio un governo immobile a uno autoritario, in fondo mostra anche che bisogna prestare molta bene attenzione a cosa si chiede.