Basta con gli aiuti di Stato miliardari a chi produce petrolio e carbone

Uno degli errori più persistenti di noi ecologisti è quello di dire che l’umanità «rischia» un disastro ecologico, invece di dire ciò che è più esatto e più vero, ovvero che l’umanità è già da decenni, dentro una catastrofe ecoclimatica, per la quale sta già pagando un caro prezzo, che nel prossimo futuro diverrà insostenibile.
È un errore comunicativo, ma anche di percezione e di conoscenza teorica da parte di tanti ecologisti, e ci penalizza molto. Anzi, oserei dire che esso è il nostro principale errore politico e strategico. Perché permette di derubricare la questione ecologica ad allarme, sì importante, sì da affrontare, prima o poi, ma che, essendo comunque bene o male un problema futuro, si può mettere nell’immediato tra parentesi, in nome dell’emergenza di turno.

Insomma, l’ambiente è importante, come no, ma ora c’è da pensare al lavoro, ora c’è da pensare al debito, ora c’è da pensare a questo e a quello: quante volte lo abbiamo sentito dire, da parte di superficiali in buona fede, o da parte di furbi in malafede?

Ogni crisi ha visto la questione ecologica nel ruolo di agnello sacrificale, la prima a cadere e finire nel mucchio delle pratiche momentaneamente sospese. Questa volta non ce lo possiamo permettere. Questo Pianeta, non se lo può permettere. Stavolta, se prevarrà la logica del “fare qualsiasi cosa”, anche la più truce e distruttiva, pur di dare fiato all’economia, l’ecosistema globale stramazzerà definitivamente. È assolutamente necessario invece far capire alle persone che tutto ciò che stiamo vivendo è già parte della crisi ecosistemica, che non è affatto estraneo alla questione ecologica, anzi, che nella contraddizione ecologica trova le sue cause più profonde e più vere.

Forse non abbiamo detto abbastanza, ad esempio, che la crisi del 2008, in fondo, era già una crisi del picco estrattivo del petrolio, anche se è apparsa una crisi sovrastrutturale, tutta dentro gli artifici della finanza: ma l’economia non si finanziarizza a caso, si finanziarizza quando i margini di profitto dell’economia reale vengono ad esaurirsi. E forse non abbiamo detto abbastanza, che le migrazioni disperate, in grandissima maggioranza, dipendono da problemi legati alla desertificazione, alle catastrofi naturali, alle guerre per l’acqua, o per le risorse in esaurimento.

Non abbiamo speranza di vincere questa partita, se non facciamo percepire che i tagli allo Stato sociale, la precarizzazione, il razzismo, seminato usando le contraddizioni conseguenti alle migrazioni, e poi gran parte delle malattie croniche, di quelle respiratorie e cardiocircolatorie, da inquinamento urbano e da cattiva alimentazione, fino alla presente pandemia, sono già i frutti avvelenati del nostro modello di sviluppo squilibrato e quindi della crisi ecosistemica in atto, e che conseguentemente se ne esce solo accelerando la conversione verde dell’economia, con un cambio di paradigma economico, mentre se tale cambiamento lo sospendiamo in nome dell’emergenza, nella crisi si affonderà sempre di più.

Noi di Ecolobby vogliamo stare in questa sfida politica, e provare a comunicare in maniera convincente che c’è una sola via, quella della conversione ecologica, per uscire dalla crisi. E che quindi i soldi per il rilancio vanno presi da chi ha inquinato, dai venti miliardi annui di sussidi statali a petrolio, gas e carbone, che chiediamo di abolire subito (non nel 2040 come da compromesso raggiunto all’interno del governo), per dirottarli verso la svolta rinnovabile, del risparmio energetico, dell’innovazione industriale.

Paghi chi ha inquinato, è il titolo della petizione che abbiamo caricato online, sulla piattaforma Change.org. Sostenetela, fatela circolare: una petizione non cambia il mondo, ma servirà a far capire che queste cose le pensiamo in molti.

> Sottoscrivi la petizione di Ecolobby: “Paghi chi ha inquinato”