È in arrivo la tempesta perfetta nei rapporti fra Nord e Sud in questo inizio di 2020, causa la pandemia in corso che ha colpito principalmente le popolazioni del Nord a cui va garantita giusta solidarietà, ma che a livello europeo non ha ricevuto particolare vicinanza, come si può evincere dal contrasto fra Stati del Nord contro quelli Sud Europa in merito alle modalità di sostegno all’economia per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Un contrasto ben riprodotto nelle logiche interne al nostro Paese fra Nord e Sud Italia in merito alla stessa emergenza. Un contrasto che in un caso come nell’altro ha radici profonde e che in Italia si è sviluppato negli ultimi quarant’anni come sottrazione progressiva di risorse al Sud a favore del Nord. Fa quasi sorridere vedere partiti, politici e giornalisti che si lamentano della discriminazione operata verso i Sud d’Europa, di cui l’Italia fa parte nella sua interezza, ma che all’interno dei confini nazionali applicano senza vergogna le stesse ricette e pesi, che rigettano in Europa, nei confronti del Sud Italia. Una situazione di discriminazione in termini di risorse da sempre gestita in modo monoculare dai vari governi che si sono succeduti negli anni e che è accelerata nell’ultimo ventennio con la modifica del Titolo V della Costituzione nel 2001 con l’avvio del processo di Autonomia differenziata in base alla sola spesa storica e in perenne attesa della definizione di Lep e Lea, con conseguente progressivo trasferimento di risorse dal Sud a vantaggio del Nord per ben 840 Miliardi di Euro nel periodo 2000-20017 come ben dimostrato dall’ultimo rapporto Eurispes di fine gennaio scorso.
Un Sud, che ora ha anche la “colpa”, agli occhi di alcuni razzisti e boiardi di Stato, di essere riuscito coi propri scienziati, medici, politici, cittadini, ad organizzarsi e disciplinarsi contenendo l’ondata pandemica, resistendo anche al “rientro caotico dal Nord” dei propri emigrati innescato da colpevoli anticipazioni governative ai media, pur con mezzi ridotto all’osso dai continui tagli. Un Sud che ha rialzato la testa e perciò deve essere punito, per cui alle discriminazioni e furti già subiti nel recente passato ora se ne potrebbero aggiungere altri.
Vediamo quali in cinque fasi:
– Già l’11 marzo l’Europa per bocca della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, nello stallo che dura tutt’oggi dello stanziamento di risorse europee a favore degli Stati membri ha indicato lo spostamento totale dei Fondi di Coesione destinati al Sud verso il Nord a supporto delle Regioni più colpite.
-Inoltre la Commissione europea, nel quadro dell’iniziativa “Coronavirus Response Investment Initiative”, il 13 febbraio scorso ha dato il via libera alla spesa sanitaria e ha in parte sburocratizzato il sistema di aiuti per le imprese e i cittadini. Nel governo si sta facendo strada l’ipotesi di riprogrammare le risorse sanitarie da Sud verso Nord, a valere sul programma 2014-20 specificando che «l’eventuale maggiore contributo di risorse aggiuntive delle Regioni meridionali all’emergenza Coronavirus, (…) dovrebbe essere oggetto di una successiva ‘compensazione intertemporale’, che avverrebbe attraverso un ristoro premile di risorse dal Fondo di Sviluppo e Coesione per le Suddette Regioni nel ciclo di programmazione 2021-27, da prevedersi nel prossimo Documento di Economia e Finanza e da definire nell’ambito della legge di Bilancio 2021». In poche parole l’ennesima sottrazione di risorse ad una spesa sanitaria che già oggi, grazie a commissariamenti e tagli, in investimenti fissi in Sanità dal bilancio della Repubblica italiana vede spesi per un cittadino calabrese un terzo di quanto si spende per un cittadino piemontese, un quinto rispetto da un emiliano romagnolo, un quarto rispetto ad un veneto, mentre campani e pugliesi si devono accontentare della metà esatta di quanto ricevono i lombardi e di un terzo di quello che incassano i veneti, così come certificano i Conti Pubblici Territoriali della Repubblica italiana. Su questi due ultimi aspetti abbiamo inviato nei giorni una lettera aperta come “Laboratorio-Sud”al Ministro Giuseppe Provenzano.
-Anche per i fondi previsti dal “Piano per il Sud”, presentato in pompa magna dal governo prima dell’inizio dell’emergenza, si prevede uno stop, se non un trasferimento dei fondi al Nord. Ecco forse perché, con “rara attenzione”, sul frontespizio dello stesso appare il mare di Trieste.
-Come da relativa comunicazione la Commissione europea pochi giorni fa ha deciso che non sarà più necessario il cofinanziamento del Governo italiano sui fondi europei, il che si tradurrà in una più rapida possibilità di spesa senza impattare sul piano di stabilità, ma anche in un minor apporto di fondi (il 35%) e visto che gran parte del cofinanziamento riguarda regioni del Sud il tutto si tradurrà nei fatti nell’ennesima sottrazione di fondi al Sud.
-Infine giunge notizia che il Governo, come proposto dal Dipe, si appresta a sospende l’applicazione della “clausola 34%” a favore degli investimenti a valere sulle risorse ordinarie del Sud, anche se il ministro Provenzano su Twitter, pur ammettendo l’esistenza della proposta, ha specificato di essere contrario. Nota bene: il 34% si riferisce alla percentuale della popolazione del Sud, il che prevede la distribuzione degli investimenti in conto capitale delle amministrazioni pubbliche in proporzione alla popolazione, cosa che non è mai stata applicata in passato e forse nemmeno ora. Evidentemente i cittadini del Sud sono, da sempre, considerati di serie B, in barba a Costituzione e diritti di cittadinanza.
Appare evidente, anche da recente dichiarazioni dei “governatori secessionisti”, che l’intenzione, passata l’emergenza, è quella di proseguire con il Regionalismo, cioè un progetto classista, liberista, incostituzionale ed eversivo, che mette in pericolo l’unità stessa del Paese, e porta in gran parte la responsabilità dello smantellamento del Ssn e dell’apertura alle privatizzazioni in campo sanitario in nome di una efficienza che pare non trovare riscontro dagli aspetti che stanno lentamente emergendo soprattutto in Lombardia, e che stanno mettendo a nudo criticità che ci auguriamo siano chiarite al più presto da parte della Magistratura. È chiaro che la pervasiva sottrazione di risorse al Mezzogiorno è supportata dal racconto mediatico di un Nord organizzato e virtuoso opposto ad un Sud sregolato e sprecone. Questa affabulazione, che negli ultimi mesi vede schierati a reti unificate quasi tutti i media preoccupati di difendere lo status quo e la narrazione della “parte sana del Paese”, è quotidianamente contraddetta dalla sempre più evidente malagestione di alcune Regioni del Nord a partire dalla Lombardia. L’epidemia di Covid19 sta infatti facendo emergere crepe sempre più grosse nell’impianto narrativo che dall’Unità in poi è stato utile a mantenere il Sud in stato di perenne sudditanza ed inoltre sta mettendo in evidenza come il Regionalismo in campo sanitario, in casi d’emergenza come l’attuale, sia dannoso per un coordinamento nazionale operativo efficace. Lo vediamo in questi giorni con la fase 2, dove le Regioni avanzano in ordine sparso e dove ognuno sembra poter fare come gli pare.
Inoltre, ora che si procede con le riaperture, spesso in deroga, si può notare una frenesia mediatica in favore del finanziamento della “locomotiva del nord”. Ogni risorsa per gran parte del circuito mediatico-politico deve essere messa in campo per la ripresa e riorganizzazione delle fabbriche del Nord, come scritto chiaramente su di un giornale affine alla destra leghista, “al Nord si vuole tornare a lavorare, non a correre in strada a suonare il mandolino, a cui si aggiungono nelle ultime ore, ad opera sempre dello stesso giornalista, affermazioni televisive quali: “i meridionali sono inferiori a noi settentrionali” in un evidente incitamento all’odio razziale, senza che chi dovrebbe vigilare muova un dito. Una posizione, quella delle riaperture in deroga, in linea con le richieste confindustriali tutte volte alla privatizzazione degli utili socializzando il rischio del contagio. Sarebbe invece utile uscire dal lockdown in modo graduale e per Regione, in base a valutazioni squisitamente sanitarie e non alle volontà delle lobby confindustriali, peraltro in un periodo in cui le garanzie costituzionali sono pericolosamente sospese per Dpcm.
In poche parole come si è visto e a prescindere da cosa accadrà al summit del 23 aprile le ipotesi sul tavolo all’interno dei confini nazionali sono le solite: tagli al Sud e (comunque) soldi a pioggia al Nord. Visto che con le logiche fin qui seguite appare evidente che se l’Italia dovesse ottenere in sede europea quanto auspicabile, cioè nessun indebitamento a fronte di stanziamenti da parte della Bce, come avvenuto in Usa o in Gran Bretagna ad opera delle rispettive Banche centrali, gran parte dei fondi ottenuti andrà come sempre a Nord, insensibili al fatto che il Sud si ritrovi in condizioni infrastrutturali, e non solo, di estrema arretratezza rispetto al Nord, con una percentuale di disoccupati, neet e poveri che non ha eguali in Europa. Molto più semplice spremere come sempre il Sud privandolo di ogni stanziamento nazionale ed europeo invece di percorrere soluzioni diverse però invise a potentati e utili clientele. Ad esempio per finanziare gli interventi pubblici si potrebbe cominciare dal recupero dei 7,5 miliardi di dollari all’anno di tasse sulle imprese con sede nei paradisi fiscali, prevalentemente Ue, invece di dare a queste aziende con sede all’estero anche gli aiuti di Stato, nel cercare di recuperare i miliardi dell’evasione fiscale invece di impegnare uomini e mezzi nella caccia ai runner, di far pagare tasse adeguate alle multinazionali che si arricchiscono sul territorio nazionale invece di favorirle con una tassazione ridicola e casomai di studiare una adeguata tassazione progressiva invece di propugnare tasse piatte.
Questo vecchio approccio del Sud visto come un salvadanaio sempre a disposizione, dopo la presa di coscienza da parte di una moltitudine crescente di cittadini del Mezzogiorno che han preso atto in questa emergenza delle proprie eccellenze, delle discriminazioni da sempre subite a favore di territori la cui “virtuosità ed efficienza”, è stato messo in forte discussione dall’emergenza Coronavirus, potrebbe preludere, visto la contemporanea reiterazione delle richieste di “Secessione dei Ricchi” da parte dei governatori del Nord, le giornaliere e sempre più pesanti provocazioni mediatiche a reti unificate e lo stato di prostrazione economica di sempre più larghe fasce di popolazione del Sud, a quella “tempesta perfetta” prodromica a cambiamenti epocali. Alcuni cambiamenti potrebbero incontrare il favore dell’Europa, a partire da quelle lobby che da tempo “sponsorizzano” la creazione di una Macroregione Alpina che risolverebbe definitivamente le problematiche dell’industria tedesca, a partire da quella automobilistica, che vede proprio nelle tre “Regioni secessioniste” la presenza di filiere produttive senza le quali i colossi tedeschi andrebbero in crisi, come accaduto in questa emergenza, per mancanza di componenti. Prima però “dell’Anschluss” risulta evidentemente utile da parte di una certa classe predatoria del Nord completare del tutto il sacco giugulatorio del Sud affinché nulla di utile sia lasciato alle spalle, in una strategia ben orchestrata ed utile a mettere pezzi d’Italia in piena emergenza Covid19 l’uno contro l’altro.
Per fermare il tracollo nazionale sarebbe invece utile contrapporre alla visione egoistica e razzista del Regionalismo, figlio diretto su scala ridotta del nazionalismo, un progetto unitario di rinascita e coesione nazionale basato su solide tesi gramsciane, il solo che può permettere all’Italia di uscire dalla crisi, dare risposta alla richiesta di giustizia che sale dai cittadini, soprattutto da quei settori che più stanno soffrendo per questa emergenza a Nord come a Sud, e ripartire con eguali diritti e possibilità per ogni cittadino a prescindere dalla latitudine.
Natale Cuccurese è presidente del Partito del Sud-meridionalisti progressisti