Ispirarsi ai valori del 25 aprile per uscire dalla crisi provocata dalla pandemia. Dopo la fase uno fatta di resistenza, liberazione significa ripensare il lavoro, il reddito, la società perché la politica sia messa finalmente al servizio delle persone e della tutela dell’ambiente

Il 25 aprile ci trova a metà del guado tra quella che possiamo definire la resistenza al virus e la speranza della liberazione. Tra tante metafore fastidiosamente guerresche che ci vengono proposte scelgo invece di attingere alla nostra storia. Non a caso Resistenza, Liberazione, antifascismo non sono il passato ma elementi permanenti che ispirano un agire.

Di resistenza abbiamo bisogno. Non solo contro un virus ma contro un modo di essere del mondo che lo ha reso più forte ed ha invece reso meno disponibili quelle capacità di difesa che pure abbiamo assai più che nel passato. Una cattiva globalizzazione, al servizio di un pessimo modello di economia e di società e di un potere più arrogante che capace. Ferite all’ambiente come non mai. Capacità di far circolare merci ma non ciò che serve a difendersi dal contagio. Politiche liberiste e di austerity che hanno distrutto le difese sociali, sanitarie, pubbliche. Conoscenze sulle pandemie rimaste lettera morta ed inazione. Tutto ciò ha reso il virus più forte. Così come il fascismo si nutrì delle ingiustizie del mondo e della codardia delle democrazie.

Possiamo dire che i popoli stanno resistendo al virus con forza e dignità? Io penso di sì. L’indulgere dei mass media sui “furbetti” che vanno a fare jogging lo trovo un modo anche un po’ odioso di non fare inchiesta su ciò che il virus mette in mostra e cioè la bancarotta politica (e forse anche morale) delle classi dirigenti del…

L’articolo prosegue su Left in edicola dal 24 aprile 

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