Il movimento ambientalista torna a scioperare in tutto il mondo, questa volta in forma digitale. E in Italia i giovani attivisti propongono sette punti per una ripartenza ecosostenibile del Paese

Il 23 aprile si tiene il primo #GlobalDigitalStrike. Anche se la crisi sanitaria ci ha costretti alla limitazione, al momento necessaria, di alcune delle nostre libertà, lo sciopero globale di Fridays for future si è solo spostato online; ragazzi e ragazze, lavoratori e lavoratrici: a migliaia manifesteremo sotto Palazzo Chigi, grazie ad uno strumento di geo-localizzazione, con un solo messaggio: giustizia climatica. Ora.

Siamo davanti a un bivio, la crisi economica causata dall’emergenza coronavirus ci mette di fronte alla scelta più grande mai presa: ricominciare, o rinascere. Noi scegliamo di rinascere. Scegliamo di ripensare il nostro sistema, di riuscire a garantire un lavoro ben pagato a tutte e tutti e porteremo avanti delle proposte che siano in grado di affrontare entrambe le crisi: quella economica e quella climatica. Due crisi: una soluzione. E la soluzione è un ritorno, sì. Ma che sia un #RitornoAlFuturo, che sia una rinascita. Un nuovo inizio per la nostra società.

Per questo, infatti, lanciamo la più grande e ambiziosa campagna per la #ripartenza post-coronavirus, insieme a molte altre realtà della società civile (e tante altre si uniranno a noi nel percorso). Dopo la lettera indirizzata a tutta Italia della scorsa settimana siamo pronti a lanciare i 7 punti per il #RitornoAlFuturo

La riconversione ecologica dovrà necessariamente essere il cuore e il motore di questa nostra rinascita, essa assicurerà posti di lavoro e potrà garantirci un futuro in cui vivere. La crisi climatica ci sembra sempre un fenomeno lontano, nel tempo e nello spazio, ma non è così. Essa è già qui: è nelle temperature che superano i 20 gradi in Antartide, è nella siccità che strangola i nostri agricoltori e i nostri allevatori, è nelle tempeste che si abbattono sul nostro Paese, è nelle guerre e nelle desertificazioni che costringono decine di milioni di persone ad abbandonare tutto e scappare dalle proprie case.

Non solo la ripartenza economica non è in contraddizione con l’ecologia, ma anzi ripensare il nostro sistema è il modo migliore per uscire tutti insieme da questa crisi e impedire che il collasso climatico ponga fine alla nostra società. E così come per la crisi sanitaria le misure che prendiamo oggi per affrontare la crisi climatica avranno effetto domani, non in tempi di 15 giorni ma di decenni. Gli effetti delle scelte di oggi le vedremo tra 10, 15, 20 anni. Non prima.

Ed è oggi che dobbiamo agire, perché questa è l’ultima possibilità che abbiamo per ridare speranza ed evitare che crisi sempre peggiori possano tornare a mettere a rischio la nostra vita. Abbiamo bisogno di un Ritorno al futuro, se vogliamo andare avanti. Ecco quindi quali sono i nostri 7 punti per una rinascita (potete trovarli in versione estesa in calce all’articolo, ndr), che ci porti sulla strada della giusta transizione. La vita è possibile solo in un mondo migliore. È giunto il momento di costruirlo.

1. Rilanciare l’economia investendo nella riconversione ecologica
Creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro puntando su energia rinnovabile diffusa, mobilità sostenibile, efficientamento energetico degli edifici.

2. Riaffermare il ruolo pubblico nell’economia
Stimolare l’economia con sussidi pubblici vincolati alla riconversione ecologica e istituire una programmazione precisa per una rapida riconversione verso imprese sostenibili.

3. Realizzare la giustizia climatica e sociale
Tutelare i lavoratori e le lavoratrici, i territori e le fasce della popolazione più esposte alle conseguenze della crisi economica e climatica.

4. Ripensare il sistema agroalimentare
Promuovere la transizione verso un’agricoltura che salvaguardi i suoli e gli ecosistemi e che sia più sostenibile a livello climatico.

5. Tutelare la salute, il territorio e la comunità
Promuovere la tutela e la messa in sicurezza dei territori, implementare opere che garantiscano la riduzione dell’inquinamento e la revisione sostenibile dell’intera filiera produttiva.

6. Promuovere la democrazia, l’istruzione e la ricerca
Aumentare il finanziamento dell’istruzione pubblica e della ricerca assicurandone l’accesso e garantendo che siano condotte in maniera trasparente e libera da conflitti di interesse.

7. Costruire l’Europa della riconversione e dei popoli
Aumentare la portata del Green Deal europeo, al fine di alzarne i target climatici, e superare il paradigma dell’austerità a livello europeo.

Cara Italia, è il momento di farci sentire, è il momento del #RitornoAlFuturo. Per partecipare al GlobalStrike visita il sito dedicato e posiziona il tuo avatar sotto Palazzo Chigi. Fai sentire la tua voce.


Alla campagna aderiscono, assieme a Left

Wwf Italia, Legambiente, Greenpeace, Stop Ttip Italia, Terra, Cgil, Rete della conoscenza (Uds, Link), Rete degli studenti medi, Udu, A sud, Attac, Solidarius, Bilanci di giustizia, Associazione per la decrescita, Slowfood Italia, Climate save movement, Comune-info, Sbilanciamoci, Transform! Italia


I sette punti della campagna #RitornoAlFuturo, in versione integrale

1. Rilanciare l’economia investendo nella riconversione ecologica
Creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro puntando su energia rinnovabile diffusa, mobilità sostenibile, efficientamento energetico degli edifici.
Per rilanciare l’economia è necessario un imponente piano di finanziamenti pubblici nella transizione ecologica. Ciò rappresenta un interesse strategico nazionale in ambito economico, occupazionale e climatico. Occorre investire nella conversione delle industrie inquinanti, nell’efficientamento energetico degli edifici, nelle infrastrutture per le energie rinnovabili, nell’economia circolare e in una mobilità sostenibile, accessibile e capillare. Dobbiamo interrompere la dipendenza del nostro Paese dai combustibili fossili e puntare a raggiungere l’alimentazione energetica con fonti al 100% rinnovabili. I 19 miliardi di sussidi ambientalmente dannosi devono essere gradualmente eliminati e devoluti a misure di compensazione per evitare ricadute sociali ed occupazionali. Il piano per la riconversione è in grado di creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro, ben retribuiti, di qualità e con tutele sindacali. È fondamentale assicurare la formazione ed il ricollocamento dei lavoratori e delle lavoratrici nei nuovi posti di lavoro. Non deve esistere contrapposizione tra lavoro e salute, lavoro e ambiente, lavoro e sostenibilità.

2. Riaffermare il ruolo pubblico nell’economia
Stimolare l’economia con sussidi pubblici vincolati alla riconversione ecologica e istituire una programmazione precisa per una rapida riconversione verso imprese sostenibili.
È importante riaffermare il ruolo del settore pubblico nell’economia, nella produzione di beni e servizi essenziali e soprattutto nella transizione, affinché prevalga l’interesse collettivo sul profitto personale. Gli enormi pacchetti di stimolo economico che verranno varati devono essere garantiti solo a seguito di impegni vincolanti verso la riconversione ecologica. È fondamentale che lo stato diventi un attore primario di indirizzo nel processo della transizione su tutto il territorio e quindi coordini, supporti e controlli le aziende – in particolar modo le partecipate – affinché rispettino i target climatici dell’Ipcc. La crisi petrolifera crea il momento perfetto perché il controllo del settore energetico torni in mano pubblica, in modo da puntare verso una rapida e totale riconversione. È necessario infine contrastare con decisione l’evasione fiscale, per mettere a disposizione pubblica più risorse per il benessere della collettività, e per assicurare una tassazione più equa e inferiore in special modo sul lavoro.

3. Realizzare la giustizia climatica e sociale
Tutelare i lavoratori e le lavoratrici, i territori e le fasce della popolazione più esposte alle conseguenze della crisi economica e climatica.
La riconversione deve avvenire tutelando i lavoratori e le lavoratrici ed il suo costo deve gravare su coloro che hanno le maggiori disponibilità economiche, nonché le maggiori responsabilità nella crisi climatica. È inoltre necessario predisporre un piano di aiuti economici per le persone ed i territori che subiscono direttamente le conseguenze degli stravolgimenti climatici. Lo Stato deve tornare a garantire davvero la salute di tutti i suoi cittadini, indipendentemente da reddito e status, e a tal fine deve rifinanziare in modo consistente il sistema sanitario nazionale, indebolito drasticamente negli ultimi anni dai tagli alla spesa pubblica. È inaccettabile il finanziamento dell’industria bellica, e tali fondi devono essere devoluti al welfare state e alla riconversione. La crisi climatica infine, oltre a minacciare la salute del nostro paese, ha conseguenze perfino peggiori sui Paesi più poveri. La siccità, la scarsità di cibo, la desertificazione alimentano tra l’altro le migrazioni di massa e i conflitti armati.

4. Ripensare il sistema agroalimentare
Promuovere la transizione verso un’agricoltura che salvaguardi i suoli e gli ecosistemi e che sia più sostenibile a livello climatico.
Attualmente oltre un terzo del bilancio UE finanzia sussidi agricoli nell’ambito della Pac: questo denaro pubblico deve essere trasferito per finanziare lo sviluppo di un’agricoltura più sostenibile nei vari Paesi. È fondamentale che il governo promuova il passaggio a un sistema alimentare meno impattante, più locale, più trasparente e a base principalmente vegetale, disincentivando il consumo dei prodotti di origine animale e favorendo la riconversione delle aziende e il ricollocamento dei lavoratori e delle lavoratrici. E’ inoltre fondamentale lottare contro lo spreco alimentare, che in Italia ammonta a 1.6 mln di tonnellate di alimenti ogni anno (equivalenti a 15 mld di euro). È infine vitale abbattere tutte quelle piaghe che caratterizzano il nostro sistema produttivo alimentare, a partire dal caporalato, una vera e propria forma di sfruttamento, continuando con il sovrautilizzo e l’inquinamento idrico, l’eutrofizzazione, la deforestazione e l’uso non sostenibile dei suoli.

5. Tutelare la salute, il territorio e la comunità
Promuovere la tutela e la messa in sicurezza dei territori, implementare opere che garantiscano la riduzione dell’inquinamento e la revisione sostenibile dell’intera filiera produttiva.
Lo Stato deve tutelare la sanità pubblica garantendo condizioni ambientali salutari e deve impegnarsi a superare l’attuale modello produttivo che mette a rischio le persone e gli ecosistemi. Acqua e aria pulite sono diritti che devono essere universalmente garantiti. È necessario interrompere la costruzione di ogni infrastruttura legata ai combustibili fossili, evitando investimenti sempre più sconvenienti dal punto di vista economico e climatico. Serve riconvertire ogni impianto inquinante attualmente operativo, come l’Ilva, utilizzando le risorse finanziarie previste dal Green Deal europeo e garantendo la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici. Sono inoltre fondamentali la messa in sicurezza dell’intero territorio nazionale, per contrastare il dissesto idrogeologico, ed una lotta più incisiva all’abuso edilizio, al consumo di suolo e alla deforestazione. Deve infine essere implementato il piano nazionale di gestione dei rifiuti, massimizzando il riciclo e riducendo la quantità di rifiuti prodotta. Per raggiungere questi obiettivi, lo Stato deve affrontare senza timore la criminalità organizzata, che tiene in ostaggio la salute del nostro Paese.

6. Promuovere la democrazia, l’istruzione e la ricerca
Aumentare il finanziamento dell’istruzione pubblica e della ricerca assicurandone l’accesso e garantendo che siano condotte in maniera trasparente e libera da conflitti di interesse.
Vogliamo una società in cui esista maggiore partecipazione democratica nelle scelte collettive. La democrazia si basa anche sulla possibilità di informarsi da fonti affidabili e indipendenti. La formazione di ogni livello e la ricerca devono ricevere un consistente rifinanziamento e devono essere condotte in maniera trasparente, corretta e libera da influenze terze, per scongiurare conflitti di interesse. La ricerca dev’essere di interesse collettivo. Il sistema scolastico deve essere ripensato per assicurare il diritto allo studio, combattere le disuguaglianze sociali e formare cittadini e cittadine capaci di guidare una riconversione ecologica dell’economia. Negli insegnamenti vanno integrati princìpi di ecologia e corretto uso delle risorse al fine di garantire giustizia intergenerazionale.

7. Costruire l’Europa della riconversione e dei popoli
Aumentare la portata del Green deal europeo, al fine di alzarne i target climatici, e superare il paradigma dell’austerità a livello europeo.
È necessario un piano di investimenti pubblici a livello europeo per la ripartenza e la riconversione di tutti i Paesi dell’Ue. Il Green Deal europeo va nella giusta direzione ma è ancora ampiamente insufficiente, tanto per le risorse stanziate quanto per gli obiettivi perseguiti. Crediamo inoltre che l’Unione europea debba dimostrare di essere veramente fondata su sentimenti di solidarietà e condivisione e debba superare il paradigma cieco e sterile dell’austerità – che si è dimostrato un macigno per le economie e per le fasce più deboli dei popoli europei, come denunciato a gran voce da moltissimi economisti – adottando invece iniziative coraggiose e che guardino al futuro. Allo stesso modo, deve essere evitata la firma di trattati commerciali che inaspriscono gli effetti della crisi climatica e le disuguaglianze economiche e sociali.