Consiglio di rileggere in questi giorni le testimonianze e i discorsi raccolti nel libro di Norberto Bobbio, Eravamo ridiventati uomini. Testimonianze e discorsi sulla Resistenza in Italia, Einaudi, Torino 2015 (a cura di Pina Impagliazzo e di chi scrive). Da Bobbio ci viene un suggerimento utile per (ri)pensare la Resistenza in questo passaggio decisivo (epocale?) della storia d’Italia e d’Europa, e più in generale dell’umanità e del Pianeta. Seguendo le “istruzioni” del filosofo si può interpretare la Resistenza dal punto di vista della storia, della filosofia della storia e della storia personale dei suoi protagonisti. Se si adotta come chiave di lettura il rapporto tra Resistenza e Storia, quegli avvenimenti possono essere considerati sotto tre aspetti diversi:
1. una svolta, sul piano della storia d’Italia e d’Europa;
2. un cambio di paradigma, sul piano della filosofia della storia;
3. una scelta, sul piano della storia personale.
Una svolta
La Resistenza è stata “una mediazione”, un “anello di congiunzione” tra l’Italia prefascista e l’Italia repubblicana: «Rispetto al fascismo è stata una svolta, rispetto all’Italia prefascista, un ricominciamento su un piano più alto: insieme frattura e continuazione». Infatti, i venti mesi della guerra partigiana hanno impresso un nuovo corso alla nostra storia: «Se la Resistenza non fosse avvenuta, la storia d’Italia sarebbe stata diversa». In questo senso essa è «il punto di partenza della nuova storia d’Italia». Non si potrebbe esprimere meglio il senso della novità radicale introdotta dalla guerra partigiana meglio che con queste parole di Bobbio che risalgono al 1972: «Resistenza e Repubblica democratica fanno tutt’uno, altrettanto fanno tutt’uno fascismo e negazione radicale di ogni principio di democrazia». Si tratta di un punto fermo che all’inizio degli anni Novanta, ribadendo l’antitesi integrale tra fascismo e antifascismo, Bobbio ripete ancora una volta, perché erano in tanti allora, e sono in tanti ancora, a non voler sentire: «La Resistenza ha segnato la grande frattura tra l’Italia di ieri e l’Italia di oggi».
Un cambio di paradigma
La Resistenza nella lettura di Bobbio è un grande tema di filosofia della storia, intesa la storia non come «un parco ordinato in cui ciascuno possa scegliere comodamente la strada che più gli conviene» ma come «una selva intricata, dove non vi è libero che un piccolo sentiero che conduce all’aperto. Nei momenti cruciali ci pone di fronte a dure alternative. O di qua o di là». Bobbio ascolta la lezione di Benedetto Croce: la storia è storia della libertà e, se ha un senso, questo sta nello sviluppo sempre più ampio di tutte le libertà, e civili e politiche. Ma egli si allontana dalla lezione del maestro, aggiungendo che il senso ultimo della storia è da ritrovare «nella progressiva diminuzione delle diseguaglianze, nella rottura delle barriere tra le nazioni, nella formazione graduale di un ordine internazionale nella pace, nella solidarietà, nella fratellanza».
Qual è il principale insegnamento della Resistenza? Alla domanda egli dà in primo luogo una risposta esistenziale: «L’aver partecipato alle ansie e alle speranze della resistenza mi ha insegnato a vedere la storia dalla parte degli umili, dei poveri, degli oppressi a vedere in loro la forza di domani». Alla stessa domanda dà in secondo luogo la risposta del filosofo: «Nella storia dei rapporti tra governanti e governati si è sempre contrapposto il dovere di obbedienza invocato dai sovrani al diritto di resistenza invocato dai popoli. Ebbene, la Resistenza è stato un gigantesco fenomeno di disobbedienza civile in nome di ideali superiori come libertà, eguaglianza, giustizia, fratellanza dei popoli. Richiamarsi alla Resistenza oggi vuol dire richiamarsi al valore perenne di questi ideali, rispetto ai quali si giudica la vitalità, la nobiltà, la dignità di un popolo».
Una scelta
Sul piano della storia individuale la Resistenza è stata «l’avvenimento straordinario della nostra vita, quello che ci ha consentito di sentirci di nuovo uomini in un mondo di uomini, di aprire il nostro animo alla speranza di un’Italia più civile»; come fatto personale, «la partecipazione alla Resistenza è stato un evento decisivo: un atto di rinnovamento, di rigenerazione, di rottura col passato, che ha spaccato la nostra vita in due parti: dalla soggezione alla libertà, dall’inerzia all’azione, dal silenzio alla parola»; quei giorni «hanno diviso in due parti contrapposte non più destinate a ricongiungersi e, sia detto una volta per sempre, storicamente irreconciliabili, non solo la nostra vita, ma la storia di questo secolo».
La Resistenza è stata «un atto di libera scelta» da parte di chi, «accettando la responsabilità e il rischio di una lotta senza quartiere, si era trovato solo di fronte alla propria scelta»; la scelta «fatta allora da molti che non avevano avuto molti lumi ma hanno saputo accendere la scintilla del grande incendio». Una scelta decisiva per l’avvenire del Paese compiuta da coloro che «seppero fare la scelta storicamente giusta»; una scelta che «vive nel cuore, nel ricordo e nelle speranze, dei compagni che l’hanno combattuta sul serio, e che sono pronti a ricombatterla qualora il fascismo dovesse impadronirsi ancora una volta del potere»; una scelta che col passare del tempo continua ad apparire «non meno necessaria» e «non meno giusta».
Pietro Polito è direttore del Centro studi Piero Gobetti