Cosa succederà al mondo dell’arte quando sarà passata l’emergenza Covid-19 e riapriranno gli studi degli Artisti, i Musei, le Fondazioni, gli spazi no-profit, le gallerie private, le fiere d’arte?
Ci sarà stato un cambiamento della fruizione dell’arte, soprattutto di quella contemporanea? Si riuscirà a sostenere anche gli Artisti visivi e performativi che creano la bellezza, ma che nonostante questo sono senza Albo professionale e senza Associazioni di categoria e con difficoltà troveranno accesso alle misure governative di sostentamento?
Gli artisti si ritroveranno ad affrontare senza strumenti un’economia globale malmessa che difficilmente li considererà degni di tutela, questione con cui anche le gallerie private, curatori e direttori di Musei dovranno fare i conti. Si può sperare, come è successo in passato, che dopo una mostruosa crisi segua una grande ripresa economica, ma le riprese economiche non avvengono da sole. Gli addetti ai lavori dell’arte stanno cercando una “cura” che oltre alla guarigione possa strutturare anticorpi?
Il gruppo informale AWI – Art Workers Italia risponde ai quesiti di Alessio Ancillai:
Le tue domande evidenziano come l’attuale crisi sanitaria abbia determinato la sospensione, più spesso la perdita, di impieghi, progetti, impegni lavorativi nazionali e internazionali. Si tratta di una situazione che ha colpito duramente chi opera nel settore delle arti e della cultura, e che accomuna gran parte delle lavoratrici e dei lavoratori a livello globale. Tuttavia, oltre alle ovvie e drammatiche conseguenze contestuali alla crisi, questa sospensione forzata ha mostrato con chiarezza che a renderci vulnerabili e in molti casi inermi di fronte alla situazione è la configurazione stessa dei nostri rapporti di lavoro: nella maggior parte dei casi, la parcellizzazione e la discontinuità dei nostri impieghi sono state infatti sino ad oggi motivo di esclusione da qualsiasi forma di ammortizzatore sociale, oltre che dai meccanismi di tutela previsti dal governo nel decreto “Cura Italia”, come la cassa integrazione in deroga o il bonus una tantum erogato dall’INPS.
Ciò ha creato le condizioni politiche e materiali per mettere finalmente in discussione tutto ciò che è considerato come norma nella configurazione dei rapporti di lavoro all’interno del sistema dell’arte contemporanea, in cui convivono meccanismi e standard propri dell’industria del lusso e salari poco al di sopra della soglia di povertà, nonché intollerabili percentuali di lavoro sommerso ed elevati livelli di istruzione.
Per tutte queste ragioni, non riteniamo auspicabile alcuna ripartenza che non tenga conto delle problematiche strutturali dell’intero sistema. Crediamo che i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori dell’arte contemporanea debbano costituire il centro di qualsiasi riflessione concernente il futuro. Crediamo non possa esistere alcuna modalità di ripartenza che prescinda da una concreta adesione a principi di inclusività e sostenibilità, in relazione solidale con tutte le lavoratrici e i lavoratori sottopagati e sfruttati, in direzione di un cambiamento profondo che metta a valore l’obiettivo di un orizzonte egualitario per tutte le soggettività marginalizzate e invisibilizzate. E non è possibile fare questo senza passare attraverso una radicale redistribuzione delle risorse e un impegno concreto in direzione di politiche volte a sviluppare forme di sostegno economico di base per chi lavora.
A tale scopo, attraverso pratiche di ricerca e scrittura collettiva, da fine marzo a oggi abbiamo elaborato un manifesto in cui esponiamo una serie di obiettivi a breve e lungo termine. Le nostre proposte affrontano il riconoscimento delle specificità delle professioni che operano nell’arte contemporanea, la regolamentazione dei rapporti di lavoro, la redistribuzione delle risorse, nonché l’avvio e il consolidamento di attività formative per le professioniste e i professionisti del settore con l’obiettivo di ridare valore al ruolo della ricerca e dell’educazione all’arte contemporanea. Si tratta di uno sforzo importante ma necessario, che parte dalla riforma e dal ripensamento delle logiche che alimentano l’intero settore, costituendo la nostra imprescindibile prospettiva strategica nel breve e nel lungo periodo.
A tal proposito, il 24 aprile 2020 abbiamo inviato una lettera al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo alla quale non abbiamo ancora ricevuto risposta. Ciononostante, continueremo a lavorare affinché le lavoratrici e i lavoratori dell’arte contemporanea riescano a emanciparsi da una condizione di invisibilità ingiustificata e inaccettabile, nella direzione di un pieno riconoscimento civile e politico delle specificità e del ruolo fondamentale all’interno delle dinamiche locali e globali della produzione culturale.
Art Workers Italia è un gruppo informale di lavoratrici e lavoratori delle arti contemporanee nato durante la crisi dovuta alla pandemia di Covid-19. AWI include figure che operano nella ricerca, produzione, esposizione e mediazione dell’arte contemporanea, riunite per veicolare le loro istanze con voce indipendente. Il gruppo, attraverso una pratica di ricerca collaborativa, lavora per il riconoscimento e la tutela delle professioniste e dei professionisti del settore, realizzando indagini specifiche e proponendo proposte concrete, sia nel contesto emergenziale, sia sul lungo termine.
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