L'ex ministro Tremonti ha scritto una lettera a Left in merito ad alcune affermazioni fatte dal ministro Giuseppe Provenzano nel corso dell'intervista rilasciata di recente alla nostra direttrice, Simona Maggiorelli. Ecco la risposta del ministro e, di seguito, il testo della missiva.

Cara Direttrice,
ho appreso con piacere dell’interesse che la mia intervista pubblicata sul Suo giornale ha suscitato nell’ex Ministro Giulio Tremonti (v. testo in calce, ndr).
Ritengo infatti molto utile il suo contributo al dibattito in questo cruciale passaggio storico, non solo per il ruolo di responsabilità che ha rivestito per diversi anni nel nostro Paese, ma anche per le posizioni originali che è andato via via maturando sui temi europei e internazionali, non di rado discostandosi dalle scelte compiute, partecipando all’indirizzo politico complessivo dei Governi di cui è stato autorevolissimo membro.
Non credo, dunque, per quest’onestà intellettuale, che Tremonti voglia e possa negare la “colossale” distrazione di risorse in conto capitale già destinate al Sud per coprire spese nazionali, anche di parte corrente. Noto una certa confusione intorno al concetto di fondi della coesione, che discendono da due origini: i cosiddetti “fondi strutturali” del Bilancio Ue e i fondi nazionali, previsti ai sensi del quinto comma dell’art. 119 della Costituzione, del Fondo Aree Sottoutilizzate (FAS), così denominato ai tempi in cui era ministro Tremonti e ora Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC).
Tra le ipotesi che Tremonti avanza nella sua ricostruzione di quella vicenda omette stranamente proprio quella corretta. Che ricorderà e che comunque qui ricordo: il “dirottamento” non certo dei fondi strutturali europei, ma delle risorse del FAS, la gamba nazionale delle politiche di coesione, risorse aggiuntive che, destinate in quegli anni per l’85% al Mezzogiorno, avrebbero dovuto sommarsi a quelle ordinarie in conto capitale e a quelle della coesione europea.
Basandosi sulle analisi della Svimez e del Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica, Francesco Prota e Gianfranco Viesti stimano che per effetto delle disposizioni di legge e delle delibere CIPE intervenute negli anni in cui Tremonti è stato Ministro, gli stanziamenti del FAS allocati al Mezzogiorno dal Quadro Strategico Nazionale 2007-13 e dalla delibera CIPE 166/2007 si sono ridotti da 36,9 a 11 miliardi (Senza Cassa. Le politiche di sviluppo del Mezzogiorno dopo l’Intervento Straordinario, Il Mulino, 2012).
Non attribuisco queste decisioni all’iniziativa personale dell’ex Ministro, come non ritengo che il disimpegno della gamba nazionale della politica di coesione durante quella crisi sia stata una prerogativa esclusiva di quel Governo. Non di rado sono state le stesse Regioni meridionali a chiedere di utilizzare quelle risorse per altre finalità. Il risultato di tutto questo è riassumibile in pochi dati. Complessivamente, il Servizio studi della Camera dei Deputati ha evidenziato che le riduzioni del Fondo intervenute negli anni dal 2008 al 2012, sulle risorse stanziate per gli esercizi finanziari 2008-2013, ammontano a 31,8 miliardi, a fronte di un modesto rifinanziamento per 2,8 miliardi disposto per l’annualità 2015 dalla Legge di Stabilità 2012.
La mia è una profonda inversione di rotta rispetto a una politica nazionale miope che ha fatto pagare al Sud, e perciò al Paese, la gestione di quella crisi. Anche a causa di quella “distrazione” di risorse il Mezzogiorno ancora non ha sanato le ferite della crisi precedente e oggi si mostra più fragile di fronte a questa. È un errore che non dobbiamo replicare.
Per un ventennio la politica nazionale ha disinvestito progressivamente dal Sud basandosi sull’assunto sbagliato che la crescita del Paese nel suo complesso e il riequilibrio territoriale fossero due obiettivi distinti, se non addirittura contrapposti. Non intendo unirmi al coro dello “scippo al Sud”, urlato dai professionisti citati dall’On. Tremonti. Come non ho difficoltà a riconoscere all’On. Tremonti il merito di aver anticipato certe scelte. Penso alla Banca del Mezzogiorno, comunque assai lontana, per mandato e organizzazione, dalla Cassa per il Mezzogiorno (al riconoscimento dei cui meriti storici, tra molte contraddizioni, credo di aver contribuito con qualche analisi, anche quando non andava così di moda).
Sono consapevole che il tema principale, oggi, non è la difesa o la richiesta di nuove risorse, tema anch’esso rilevante alla luce delle nuove possibilità che si aprono in Europa, ma la capacità di spendere quelle già stanziate. La via è una semplificazione procedurale ma anche un profondo processo di rigenerazione amministrativa, reclutando le nuove competenze che servono a governare lo sviluppo e realizzare gli investimenti, a livello centrale e a livello locale.
Ma si pone anche un tema di architettura istituzionale nella governance delle politiche. Non mi sfugge la differenza suggerita da Tremonti tra “destinazione” regionale e “gestione” regionale dei fondi della coesione, anzi la ritengo cruciale. Sui fondi strutturali europei è la Commissione che prevede la coincidenza dei concetti. Il Piano Sud 2030, invece, prevede di assumere innovazioni strategiche, organizzative e procedurali finalizzate a riattivare la leva nazionale delle politiche di coesione con un rafforzamento del presidio centrale.
Su questo aspetto e su altri temi di comune interesse resto aperto al dialogo e auspico il contributo di chiunque, finalmente, soprattutto dopo la pandemia, si mostri pronto a identificare nel Sud, pur con tutti i problemi da affrontare, non la “zavorra” ma un’opportunità per il Paese e per l’Europa.

Giuseppe Provenzano

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Giulio Tremonti

La lettera inviata a Left dall’ex ministro Giulio Tremonti

Signor Direttore:
ho letto l’intervista al ministro Giuseppe Provenzano pubblicata ieri sul Suo giornale sotto il titolo: “Non un soldo verrà tolto al Sud”.
Nell’intervista è scritto tra l’altro quanto segue: “… Ricordo che tra il 2009 e il 2011, con l’allora ministro Tremonti, circa 26 miliardi di spesa in conto capitale vennero dirottati dal Sud per coprire spese nazionali…”.
Al proposito mi permetto di notare quanto segue:
a) il ministro fa riferimento ad un “dirottamento” che avrebbe avuto una dimensione colossale (26 miliardi di euro), ma che sarebbe avvenuto in un solo triennio (2009-2011) e tra l’altro non per effetto di voti del Parlamento (trattandosi di voci del pubblico bilancio), ma per mia singolare iniziativa;
b) mi pare di notare una qualche confusione tra “spesa in conto capitale” e “coprire spese nazionali”. Sarebbe davvero interessante avere un’idea dei concetti che sono alla base di questa profonda riflessione;
c) se l’accusa per “dirottamento” da Sud a Nord è fatta dal ministro con riferimento ai fondi “europei” (fondi di coesione, etc.) va notato che un “dirottamento” di questo tipo sarebbe stato allora e sarebbe ancora tecnicamente assolutamente impossibile ed in effetti non se ne ha riscontro tanto nella contabilità europea quanto nella contabilità italiana;
d) una ipotesi residuale (magari da verificare con il ministro) potrebbe essere che questi abbia fatto riferimento al meccanismo “europeo” basato sulla “regola del 33%”. Un meccanismo per cui si segnalavano ed ancora si segnalano a Bruxelles volumi di spesa superiori a quelli effettivamente realizzabili nel Sud. In termini concettuali e morali questa ipotesi è tra quelle fatte sopra la peggiore considerando che da sempre, da quando è stata attivata quella regola, sempre si è manifestata una differenza che nessuno ha mai onestamente pensato di poter qualificare come un “dirottamento”. In ogni caso, a voler insistere sulla falsa ipotesi del “dirottamento”, il ministro avrebbe dovuto cominciare accusando onestamente il Presidente Ciampi!
e) tutto ciò premesso noto che il Trattato europeo prevede che i fondi “europei” (in realtà nazionali) debbano avere “destinazione” regionale (nel caso dell’Italia destinazione verso il nostro meridione), ma non “gestione” regionale. Questo è il punto che credo essenziale. Per quanto mi riguarda, quando ero al Governo, ho sempre cercato di introdurre questo criterio ad esempio ipotizzando il ritorno alla Cassa del Mezzogiorno o l’applicazione di strumenti equivalenti. Per contro il nostro meridione non merita quanto è stato ed è: non solo gli effetti devastanti delle clientele, non solo l’incapacità delle classi cosiddette “dirigenti”, neppure il “pensiero” parassitario degli “intellettuali” che da decenni del meridione si occupano professionalmente derivando dalle altrui disgrazie la loro fortuna.
Con preghiera di pubblicazione,

Giulio Tremonti