Il 20 e 21 settembre saranno election days. Il plurale è d’obbligo, perché, per cercare di evitare un’eccessiva concentrazione di elettori, si torna a votare su due giorni. Tutti gli elettori avranno in mano almeno una scheda, quella per votare “Sì” o “No” alla riduzione del numero dei parlamentari. Ne avranno due o tre, quelli che risiedono in Regioni o Comuni che devono rinnovare gli organi.
Si tratterà di scelte fondamentali, relative alla rappresentanza nazionale e al governo di autonomie, che – come abbiamo visto durante la fase dell’emergenza – possono giocare un ruolo di grande rilievo e fare la differenza. Infatti, pur a fronte di un’emergenza nazionale, le Regioni e i Comuni non hanno mancato di assumere iniziative proprie, raramente giustificate dalla specificità territoriale, ma generalmente scampate all’annullamento del governo (applicato – a quanto risulta – solo all’ordinanza del sindaco di Messina) e dei giudici amministrativi (che ha colpito un numero esiguo di ordinanze).
Ai presidenti delle Regioni, abituati a sentirsi chiamare governatori, e ai sindaci l’esercizio del potere straordinario di ordinanza generalmente piace. Del resto la forma di governo delle Regioni e dei Comuni li ha abituati alla concentrazione del potere nelle loro mani, anche a fronte di Consigli generalmente appiattiti sulle loro posizioni e incapaci di esercitare quel potere di indirizzo al quale sarebbero chiamati per evitare di lasciare la gestione delle autonomie nelle mani di una sola persona. Nel merito, poi, raramente, l’esercizio di questi poteri ha prodotto qualche risultato utile, mentre nella maggior parte dei casi o si è risolto in vuote “grida” più o meno ripetitive di provvedimenti nazionali, ma utili a conquistare una mezza pagina di giornale, o addirittura ha fatto danni. In ogni caso, tutto questo conferma la grande importanza del voto settembrino, di fronte al quale preoccupa l’assenza di confronto politico nel merito delle questioni su cui saremo chiamati a decidere.
E questo è dovuto soprattutto alla sempre più evidente debolezza e latitanza dei partiti e dei movimenti politici.
L’articolo 49 della Costituzione individua i partiti come le associazioni partecipando alle quali i cittadini possono concorrere alla determinazione della politica nazionale. Il modello di democrazia che la Costituzione disegna, infatti, non è quello di una completa delega di lungo periodo alle istituzioni rappresentative, ma di…
L’autore: Andrea Pertici è professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Pisa
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