Il 23 agosto del 1927 in un clima segnato dal razzismo contro gli immigrati i due anarchici furono giustiziati, a sette anni dall’arresto, dopo un processo farsa. Pensando all’“esecuzione” di George Floyd, è lecito affermare che in cento anni negli Stati Uniti poco è cambiato

L’orologio del penitenziario di Charlestown aveva passato da poco la mezzanotte; era iniziato il 23 agosto 1927, quando la “Old sparky” (la vecchia scintillante) – affettuoso nomignolo yankee della sedia elettrica – rubava la vita a Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Una delle tante battaglie del presidente Woodrow Wilson contro “il pericolo rosso”. Contro quella sovversione che dieci anni prima aveva rivoluzionato la Russia, e che come una pandemia ideologica s’era propagata fino a scavalcare l’oceano, minando la civiltà americana. Quegli Stati Uniti così faticosamente costituitisi lottando, prima, contro gli inglesi, poi, contro i nativi. Cinquant’anni dopo, il 23 agosto del 1977, il governatore del Massachusetts, Stato in cui s’erano svolti i fatti, dichiarava che ogni stigma e ogni onta dovevano essere cancellati dai nomi di quei due italiani. Dichiarazione risibile, che fa perfino giganteggiare quella di Giovanni Paolo II che nell’ottobre del 1992 ammise a suo modo che sì la Chiesa aveva commesso un erroruccio contro Galileo.

La dichiarazione di quel governatore non riconosceva infatti in modo ufficiale l’innocenza dei due italiani, coerentemente con una tradizione che vede gli Usa negare sempre la riabilitazione ai suoi giustiziati. Per loro, «cosa fatta, capo ha». E in questo sta molto della loro cifra culturale; l’essere cioè rimasti coerenti per genesi e palingenesi a un Paese di frontiera. Da Sacco e Vanzetti fino a George Floyd, quella americana è una storia segnata dal pregiudizio e dal razzismo, oltre al secolare “pericolo rosso”. L’incarnazione ideale sta nelle fattezze di Edgar Hoover, cioè il padre padrone dell’Fbi dal 1935 al 1972 («i presidenti passano, io rimango»): il funzionario a stelle e strisce che esercitava il suo potere da despota, ma che alla sera si travestiva e, con tanto di parrucca e col nome di “Jenny the blond”, partecipava a quei festini audaci che erano il suo unico svago. Fin dalla istituzione del Bureau nel 1908, essere al vertice dell’Fbi significava agire con ogni mezzo per salvaguardare l’integrità degli Stati Uniti: tutti gli Stati, da Est a Ovest. L’anarchico italiano Andrea Salsedo – la cui vicenda genera il dramma di Sacco e Vanzetti – era finito nelle grinfie dell’Fbi il primo maggio 1920. Dopo tre giorni, a conclusione dei pestaggi che gli avevano cambiato pure i connotati, era stato scaraventato dal 14esimo piano degli uffici di New York .
Il calvario di Nick e Bart inizia quando sul tram su cui si trovano salgono due agenti che li inquadrano subito come Wops (without papers: epiteto col quale più volte saranno apostrofati dal Pm durante il processo). «Forza, documenti». Saltano fuori una pistola e un volantino che annuncia un comizio contro l’omicidio di Salsedo. Portati nella locale stazione di polizia, alle accuse di detenzione illegale d’arma da fuoco e di materiale di propaganda sovversiva, si aggiunge quella, terribile e incredibile, di duplice omicidio: un cassiere e una guardia giurata che il 15 aprile precedente erano stati uccisi durante una rapina ai danni di un calzaturificio. La professione di operaio calzaturiero di Sacco sarà un’aggravante per l’emigrato foggiano, perché, come sosterrà l’accusa, conosceva i tempi dei trasferimenti di denaro dalla fabbrica alla banca.

L’America degli anni Venti è un Paese attraversato da una ondata xenofoba nei confronti delle nuove immigrazioni, soprattutto quella degli italiani. Durante il processo a Sacco e Vanzetti, al frequente insulto di Wops del Pm, si aggiungerà quello di «bastardi anarchici» del presidente della corte. Il verdetto di colpevolezza giungerà come conclusione scontata di un dibattimento segnato dal pregiudizio anche di una giuria arrivata ad accettare la deposizione di un giornalaio che aveva capito che i rapinatori erano stranieri «dal modo di camminare». I testimoni della comunità italiana – una ventina fra uomini e donne – furono screditati e derisi per l’incapacità di esprimersi correttamente in inglese, e le loro dichiarazioni furono rese nulle, comprese quelle che testimoniavano la presenza di Vanzetti altrove al momento della rapina.
Poche storie, insomma, quei due “dovevano” salire sulla “vecchia scintillante”. Era quello che voleva l’America, come emergeva…

L’articolo prosegue su Left del 21-27 agosto 2020

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