Quello per un referendum costituzionale non è un voto come tutti gli altri. Non lo è in particolare quando si vanno a toccare l’impianto istituzionale e democratico del Paese, le regole che definiscono la rappresentanza e l’effettiva partecipazione delle cittadine e dei cittadini alla vita politica e a decisioni che riguardano il loro futuro.
Anche per questo, trasformarlo in un banco di prova per il governo o un passaggio per ridefinire equilibri di potere interni a un partito o a una maggioranza, come si è già fatto in passato, non giova in generale all’esigenza che abbiamo di informare le persone sulla reale portata di questa decisione. Per sgombrare il campo da equivoci, penso ad ambiguità trasversali a sostenitori del Sì e del No, entrambe funzionali ad intaccare la qualità e l’utilità del confronto. Il tema dovrebbe essere semmai la tenuta della nostra democrazia, come restituire centralità a un Parlamento che ha visto il proprio ruolo indebolirsi progressivamente, come evitare una delegittimazione diretta conseguenza di una sfiducia crescente e comprensibile da parte dei cittadini, che però andrebbe ricomposta e non esasperata.
La prima ragione per cui sono contrario al taglio dei parlamentari è l’insopportabile narrazione che si lega alle ragioni del Sì: la propaganda anti-casta sul taglio delle poltrone, della democrazia che si trasforma in costo e dove i principi costituzionali vengono sacrificati sull’altare della demagogia. Dal voto contrario al Senato, nei due passaggi previsti dalla proposta di riforma, ad oggi, a guidarmi è sempre stata l’idea che a fronte di un risparmio irrisorio e di un paventato ed irrealistico efficientamento delle istituzioni, a fare le spese di una proposta di questo tipo sarebbe proprio il diritto dei cittadini ad essere rappresentati. Ne deriverebbe cioè un vulnus di rappresentanza. Quella territoriale, perché intere comunità ne verrebbero private. Ma anche quella politica, con…
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L’autore: Francesco Laforgia è senatore eletto nel 2018 nelle liste di Liberi e Uguali. Nel 2019 non rinnova l’adesione ad Articolo Uno e fonda, assieme al deputato Luca Pastorino e agli “autoconvocati di LeU”, il movimento politico èViva!.
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