La Campania di De Luca è tra le prime regioni ad essere entrata in crisi nella seconda ondata del Covid che minaccia tutti i sistemi sanitari del Meridione. Più fragili, perché penalizzati da un regime fiscale iniquo. Su cui le realtà “virtuose” del Nord speculano da anni

C’è da restare basiti nel vedere quello che sta accadendo in Italia all’approssimarsi della seconda ondata della pandemia, un ritorno all’emergenza ampiamente previsto da tutti i virologi. Ancora più sorpresi si resta davanti a quello che sta accadendo in Campania dove il presidente De Luca, dopo aver usato ogni sorta di chiusura e di “bazooka” prima delle elezioni, quando l’epidemia in Campania riguardava solo sporadici casi, dopo le elezioni regionali appare impreparato ad affrontare l’emergenza in atto.
A dire il vero De Luca non è il solo a mostrarsi impreparato, anche nel Lazio si vivono le stesse situazioni, con cittadini terrorizzati in fila, così come in Campania, dalle prime ore del mattino per effettuare un tampone nei pochi presidi pubblici aperti, mentre causa l’emergenza si autorizzano alle analisi anche le strutture private a costi esorbitanti per il cittadino. Non a caso pochi giorni fa il presidente dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani, Alessandro Vergallo, ha dichiarato: «Se l’andamento dei casi di infezione da Sars-cov-2 continuerà con i ritmi ed i numeri attuali, e senza misure di ulteriore contenimento, stimiamo che in meno di un mese le terapie intensive al Centro-Sud, soprattutto in Lazio e Campania, potranno andare in sofferenza in termini di posti letto disponibili».
La buona notizia è che comunque, al momento di andare in stampa, il numero dei ricoverati in terapia intensiva cresce molto più lentamente del numero dei contagiati ed i letti occupati (solo il 6% del totale, dati del 10 ottobre) sono ancora ben lontani dalla saturazione. Il picco si ha appunto in Campania, seguita dal Lazio e dalla Lombardia.

Ben poco comunque è stato fatto nei mesi estivi per rafforzare la medicina pubblica sul territorio e ora le scene quasi apocalittiche a cui si assiste all’esterno delle poche strutture abilitate per i tamponi, non solo provocano disagio e timore nei cittadini, ma rischiano seriamente di diffondere ulteriormente il virus nella calca che si crea inevitabilmente al di fuori dagli ambulatori.
Altro che movida, i cittadini non vanno criminalizzati, vogliono solo comprendere bene cosa sta accadendo e avere regole certe da seguire. Servizi ed accesso alla sanità, ai trasporti e alla scuola adeguati e pubblici, dotati dei giusti supporti per poter ben funzionare nell’interesse di tutti. A tal proposito è…

L’articolo prosegue su Left del 16-22 ottobre 2020

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