Il plebiscito per una nuova Costituzione ha messo una pietra tombale su quella di Pinochet. Nei prossimi mesi s’insedierà un’assemblea costituente nel rispetto della parità di genere e che rappresenta le comunità indigene. Una svolta storica all’insegna dell’uguaglianza e della partecipazione inclusiva

Il 25 ottobre 2020 verrà ricordato in Cile come un giorno storico, in cui il popolo ha posto definitivamente la parola fine sul regime di Pinochet. Dopo quarant’anni dalla sua entrata in vigore, la Costituzione voluta fortemente dal dittatore fascista sarà rimpiazzata da una nuova Carta, a seguito della vittoria schiacciante del “sì” (78,24%) al referendum costituzionale. Il plebiscito ha sancito anche un’altra vittoria: il 78,99% dei cileni ha deciso di affidare questo compito ad una assemblea costituente, composta secondo il principio della parità di genere e che avrà una rappresentanza delle comunità indigene. Inizia, dunque, una nuova fase all’insegna dell’uguaglianza e della partecipazione inclusiva. Un processo che ha radici profonde, ma che è il risultato diretto dell’esplosione sociale del 18 ottobre 2019, scatenata dall’aumento di 30 pesos del valore del biglietto della metro di Santiago. Le proteste, scoppiate nella Regione metropolitana, si sono diffuse in tutto il Paese, assumendo un carattere trasversale e intergenerazionale.

Non si è trattato soltanto di rivendicazioni degli studenti, ma sono scesi in piazza i lavoratori per un aumento del salario, gli anziani per una pensione più giusta e le comunità indigene per il rispetto dei loro diritti. Infatti, il Cile non è proprio un’oasi nel deserto, come sostenevano molti, ma uno Stato profondamente ingiusto e diseguale. Un Paese dove l’1% della popolazione detiene il 26,5% della ricchezza, mentre il 50% dei lavoratori guadagna meno di 380.000 pesos mensili (415 euro circa); in cui il tasso dei lavoratori impiegati nell’economia sommersa tocca circa il 30% ; dove il sistema pensionistico – gestito da un fondo privato (AFP) – impone alle persone anziane di vivere con una pensione che è un terzo di quello che guadagnavano in età lavorativa; in cui i popoli originari non sono nemmeno menzionati nella Carta costituzionale. Questi elementi sono sufficienti per affermare che tutte le istanze provenienti dalle piazze, seppur..

L’intervista prosegue su Left del 30 ottobre – 5 novembre 2020

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