Austerity, ossessioni monetariste, impostazione neoliberista. Il Covid-19 ha costretto la troika a violare improvvisamente i suoi dogmi che tanti danni hanno causato allo stato sociale. Ora si prosegua su questa strada. Puntando su Welfare, sanità, ambiente, lavoro e innovazione

Vogliamo provare a pensarla sul serio questa Europa della salute di cui ha parlato Ursula von der Leyen? «Non possiamo aspettare la fine della pandemia per riparare i danni e pensare al futuro. Porremo le basi per un’Unione europea della salute più forte, in cui 27 Paesi possano lavorare insieme per individuare le minacce, prepararsi e avviare una risposta collettiva» aveva detto la presidente della Commissione europea il 25 ottobre scorso durante il suo intervento al vertice mondiale sulla salute. Ebbene, ora avanziamo alcune nostre indicazioni. Due innanzitutto. L’Europa della salute è una Europa in cui la salute è un diritto per tutte e tutti. Ed è una Europa che sta in salute, che fa in modo che lo sia chi ci vive e che per ottenere questo risultato siano in salute la sua economia, le sue istituzioni. Come si fa? Abbiamo visto che molte cose che si pensavano impossibili fino a non molto tempo fa, sono state invece realizzate. La Banca centrale europea, organo della ideologica stabilità monetaria, ad un tratto si è messa a “coprire” tutto ciò che è necessario per reggere l’urto della pandemia.

Un gruppo trasversale di parlamentari europei ha proposto persino che la Bce segua la politica dell’helicopter money, ossia diventi distributore diretto di denaro ai cittadini, come la Fed degli Usa. Per ottenere la svolta di cui stiamo parlando, c’è bisogno di avere denaro e di spesa comunitaria. Finalmente, si è visto che si può fare e che le ossessioni monetaristiche erano nient’altro che tali, fobie magari create ad arte. Si è visto anche che il giochino dei trasferimenti finanziari dai 27 Stati al bilancio comunitario dell’Ue, la quale poi controlla in realtà il bilancio degli Stati, e fa fare assurdi tagli di organi vitali (il Welfare), è un non senso, farraginoso e non funzionale. Allora, invece, sarebbe funzionale che l’Ue, su indicazione e con il controllo del suo Parlamento, spendesse, non solo in emergenza ma anche dopo, ciò che serve attingendo in proprio dalla Bce, riformandola, e avendo alcuni livelli fiscali propri come quelli sulle multinazionali o sui consumi ambientali transfrontalieri. Puntare sulla spesa comunitaria, inoltre, porrebbe dinamiche di prestiti assurdi come quelle del Mes. In più sarebbe bene che l’Ue dettasse norme per farla finita con dumping e trucchetti fiscali di cui abbiamo parlato recentemente su Left.

Ma con i soldi così resi disponibili, cosa si dovrebbe fare? Esercitare le funzioni e creare gli organi di un’Europa post pandemia. La potremmo chiamare, oltre che l’Europa della salute, l’Europa dei diritti. E potremmo per ciascuno dei diritti proporre un patto che sancisca funzioni ed organi dell’Unione. Oggi i diritti sono delegati ad auspici mentre funzioni e organi sono riservati al mercato. Occorre fare il contrario. Mettere al centro delle funzioni e degli organi europei i diritti. L’Europa della salute in realtà assomiglia alla Europa del Welfare così bistrattata nell’ultimo trentennio. Tutto ci dice che contro il virus ciò che serve sono organi e funzioni europei che si occupino permanentemente del benessere dei cittadini, che possono resistere al virus se resiste il sistema che li protegge. Serve un Servizio sanitario europeo che funzioni come tale. La pandemia…


L’articolo prosegue su Left del 4-10 dicembre 2020

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