Non una fabbrica di futuri lavoratori, ma uno spazio collettivo di crescita, confronto, sapere umano trasversale. Questa deve essere la prospettiva per il futuro

Dopo il primo lockdown e un’estate quanto mai insolita, da settimane ognuno di noi è tornato a vivere e rivivere spazi di solitudine più o meno ampi e diffusi. Si lavora da casa, si studia da casa, si organizzano webinar e corsi on-line da casa. Nel proprio soggiorno, talvolta in camera oppure in salotto se i figli possono permettersi uno spazio dove studiare o giocare.
Se si esce, ovviamente con la mascherina, si cerca in ogni modo di evitare contatti, quindi confronti.
Si percorrono strade solitarie e si rinuncia a quei colloqui informali che un tempo avrebbero dettato il tempo della giornata: la lettura condivisa del giornale, il caffè in compagnia, le battute scambiate con il vicino nel cortile di casa.
Solitari e soli, a casa e a lavoro, in strada e dentro di noi.

Ci stiamo abituando, non solo al cinismo delle centinaia di morti al giorno, ma anche a un destino che sembra incontrovertibile: rispondere ai bisogni da soli, farlo nella solitudine delle nostre vite.
Questo futuro però possiamo e dobbiamo cambiarlo, riconquistando un livello di consapevolezza, non dettato dalla drammatica situazione che stiamo vivendo, ma dalla partecipazione attiva di un percorso condiviso.
La necessità di rompere il muro della solitudine, che cresce e si fortifica nelle società performanti in cui viviamo, diviene necessità oggettiva per tutti, come la costruzione di un quotidiano che possa permetterci di condividere paure, fragilità, debolezze.
È quindi questa la prospettiva futura lungo cui camminare per ripensare un modello di società diverso, partendo dalla necessità di rimettere in discussione lo stato di cose presente, provando a ridisegnare una società della cura e del rispetto dei bisogni oggetti e soggettivi.

Per farlo dovremmo partire dal luogo di crescita per eccellenza: la scuola.
Dalla scuola, costruendo uno spazio aperto e condiviso, che sia luogo principale per rinsaldare rapporti e legami, coinvolgendo la cittadinanza attraverso percorsi di partecipazione attiva, mettendo a disposizione spazi per un uso comune e pubblico.
Dalle associazioni di volontariato, alle associazioni culturali e sportive.
Rivalorizzare gli spazi quindi, ripensando un modo diverso per vivere il luogo fisico della scuola, con le proprie aule e cortili, non più separato dal resto della città.
Ripartire da qui, dalla necessità di offrire momenti e spazi per ritornare a vivere, ma guardando a immaginando un modo diverso di farlo.
Attraverso interventi di questo tipo, partendo da questo nuovo rapporto con la scuola, ricostruendo legami di solidarietà nelle nostre comunità e nelle nostre città.

Dalla scuola quindi, dalla necessità di non dover misurare i percorsi di crescita attraverso standard quantitativi con il fine ultimo di formare esclusivamente elementi produttivi capaci di svolgere più o meno bene il proprio lavoro.
No a una fabbrica di futuri lavoratori, ma una scuola che torna comunità di crescita, confronto, sapere umano trasversale.
Per farlo, sullo sfondo, resta da ricostruire il ruolo di una politica partecipativa fuori dai compiti esclusivamente istituzionali, politica come spazio di aggregazione e crescita, organizzazione collettiva di una comunità ampia e diffusa.

La politica con un ruolo mutualistico rinnovato: non più sostitutiva del welfare sociale, seppure talvolta anche questo compito risulti necessario, ma come motore di legami e rapporti.
Produttrice di solidarietà, costruttrice di spazi aperti in cui la priorità torna essere la centralità dell’essere umano in tutte le sfumature.
Se nel Paese le esperienze dal basso sono molteplici e variegate, la sfida è ridare una dimensione politica unitaria a queste pratiche, per allacciarle con un filo comune e disegnare una rete su cui rielaborare un pensiero nuovo capace di contenere al suo interno le molteplici eterogeneità della sinistra.
Il lavoro con tutte le sue articolazioni, lo sviluppo sostenibile, l’emergenza climatica, il femminismo e la lotta al patriarcato, l’antirazzismo.
È una sfida politica, culturale e umana da cui non possiamo rifuggire cercando inutili e già esplorate scorciatoie.

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L’autore: Lorenzo Ballerini è consigliere comunale di Campi a sinistra, Campi Bisenzio (Firenze)