Universalità dei diritti, internazionalismo, tutela del welfare. La sinistra non può prescindere da queste basi. Ne è convinto il grande regista britannico che ammonisce i sindacati: «Spesso si concentrano sulla lotta al precariato senza indagare i motivi che lo determinano»

Come si manifestano le nuove forme di sfruttamento dei lavoratori, in particolare nei settori della logistica e della cura. Quale dovrebbe essere il ruolo dei sindacati, perché siano all’altezza delle sfide che hanno di fronte. Quale quello dei partiti di sinistra. Lo abbiamo chiesto al regista britannico Ken Loach, autore di film che pongono al centro le persone, costrette a fare i conti con un modello di società sempre più brutalizzata e oppressa dalle logiche di mercato. Unico a ricevere per due volte la Palma d’oro a Cannes (con Il vento che accarezza l’erba nel 2006 e Io, Daniel Blake nel 2016), il regista, premiato anche per capolavori recenti, quali La parte degli angeli (2012) e Sorry we missed you (2019), è stato tra le voci più autorevoli coinvolte dai Giovani comunisti/e, nell’ambito dell’iniziativa intitolata “Costruire il presente”, due giorni di dibattito in cui, partendo dalla pandemia, si è provato a gettare uno sguardo sul futuro. A margine dell’iniziativa, abbiamo rivolto a Loach alcune domande.

Ken, in Bread and roses (2000), hai posto come fulcro del film il processo di sindacalizzazione di un gruppo di dipendenti, assunti irregolarmente in un’impresa di pulizie. A distanza di vent’anni, quali sono le nuove forme di sfruttamento?
Le nuove forme di sfruttamento sono i lavori senza sicurezze o garanzie, quelli precari, che siano in ufficio o in fabbrica, nei turni notturni. Sono tutte quelle mansioni con basse retribuzioni e che non prevedono alcuna tutela per i lavoratori e le lavoratrici. Anche nell’ultimo film che abbiamo realizzato abbiamo esplorato due realtà di questo tipo, i lavoratori dell’assistenza e del settore logistico.

In effetti, in Sorry we missed you (2019), i protagonisti sono costretti a sacrificare la famiglia, pur di cercare un lavoro, che, per quanto instabile, garantisce maggiore sicurezza economica. In particolare, il protagonista si reinventa fattorino; può essere questa una forma di sfruttamento, secondo la tua definizione?
Non solo i rider, ma anche…


L’intervista prosegue su Left del 15-21 gennaio 2021

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