In anni segnati da troppi vuoti, che la pandemia ha solo contribuito ad accentuare, ragazzi e professori si ribellano al torpore che li circonda

«Sono la madre di Cardinale, come va mio figlio?» «Bene, studia» ho mentito io… Però ho aggiunto: «Ma è un ragazzo pieno di problemi»… E le ho parlato di questi problemi. Carenza affettiva, insicurezza, timidezza, aggressività improvvisa, foruncoli, tendenza al fascismo, balbuzie, occhi cerchiati, troppa televisione. Smarrita, «Io sono la madre di Cardinale» ha ripetuto la signora credendo che io avessi scambiato suo figlio per un altro. Poi ha aggiunto. «Lo so, non apre mai libro. Ma è tanto un bravo ragazzo». Ed è scoppiata a piangere. «Quelle lacrime mi hanno sconvolto… Stremati dal vuoto e dalla ribellione al vuoto, insegnanti e studenti andiamo in vacanza».

Nella descrizione dell’universo scolastico fornita circa trentacinque anni fa da Domenico Starnone in Ex cattedra non ci sono figure dominanti. I ruoli precostituiti vengono stravolti dalla realtà. Da quel che accade in classe e nei suoi dintorni. Da allora non è cambiato nulla. Anzi. Quel che s’iniziava ad intravedere, ormai si può distinguere, senza fatica. I ragazzi? Sempre più fragili. Spauriti. Abulici. Imprigionati in problemi che non possono risolvere. Perché troppo grandi per la loro età. Problemi in gran parte causati da quell’ambiente familiare che dovrebbe costituire un riparo, certo. Ed invece troppo spesso le figure rassicuranti del passato sono diventate ombre, minacciose. Variamente impegnate nel lavoro. Nel quale emergere, ad ogni costo, oppure da cercare, per sopravvivere. Ombre alla continua ricerca di una propria identità, anche affettiva. Adulti solo per l’anagrafe. Di queste incertezze i ragazzi si nutrono, anche a loro insaputa. Lasciando spazio a disturbi di ogni tipo.

«Non vuole più uscire», mi scrive il padre di Gabriele. «Sai, ho parlato con i genitori di Sara. A casa piange. Dice di non sentirsi capita», mi avverte al cambio ora una collega. La mia casella istituzionale abbonda di email analoghe a quelle del padre di Gabriele. Tra colleghi si parla quasi esclusivamente dei disagi dei ragazzi. Che crescono così, tra difficoltà sulle quali la scuola non riesce ad intervenire quanto servirebbe. Nonostante gli sportelli di ascolto psicologico che da anni sono diventati uno dei servizi imprescindibili. Molto più delle biblioteche. Moltissimo più della didattica. Nonostante il supporto dei…


L’articolo prosegue su Left del 23-29 aprile 2021

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