Mentre si affrontano il ritorno in classe, la sicurezza e il distanziamento, è il momento di riflettere su una nuova idea di formazione, più libera negli spazi e nei metodi, tesa all’ascolto. È il tema della terza puntata del dialogo tra un docente di scuola media e uno universitario

Prof 1 …Infatti non dobbiamo dare mai più nulla per scontato. E soprattutto, io credo che forse dovremmo tornare proprio alle basi. Hai presente quando sei stato un gran calciatore e tutti credono che lo rimarrai per sempre? Beh, io credo che la scuola italiana, e l’università, abbiano visto tempi d’oro, decenni d’oro. Ma ora siamo a un punto morto. Risorse che non arrivano mai, ricambio generazionale che non c’è, frustrazione, impazienza, rabbia. Insomma, questa pandemia, se una cosa ci ha insegnato, è che abbiamo smesso, dall’interno, di vederci seriamente come il fulcro della crescita di un Paese. Ed è chiaro che poi all’esterno del mondo scuola, è gioco facile trattarci come una sorta di Cenerentola, un qualcosa di gregario. Sbagliatissimo, Cenerentola, che sembra gregaria, è la protagonista della favola, non è una comprimaria. In un libro che mi è caro, e che ha ancora tanto da insegnarci nonostante la sua presunta aura di illeggibilità, l’Ulisse di James Joyce, il giovane insegnante Stephen Dedalus dichiara che Socrate ha appreso dalla propria madre «l’arte di mettere al mondo i pensieri». Io non la saprei descrivere meglio quella Magistra universalis, la Maieutica tanto cara al maestro di Platone, tre parole, ovvero tre iniziali: Mum. Troppo ingenuo ricominciare da qui?
Prof 2 No, se non si vuole tacciare di ingenuità tanti grandi maestri di un passato più recente, ma che appare purtroppo lontanissimo, come ad esempio Gianni Rodari. Io non me lo dimentico il suo capolavoro, la sua Grammatica della fantasia. Rodari, riprendendo l’esperienza del Movimento di cooperazione educativa, scrive che il maestro si deve trasformare in un “animatore”, in un promotore di creatività, cioè di un pensiero divergente, che rompe gli schemi e quindi non ammette gerarchie. Per far questo è necessario abbandonare la vecchia idea dell’insegnante che trasmette sapere in un modo acritico, sterile, ma che al contrario da adulto – tornato un po’ bambino, questo lo dico io – circondato da bambini favorisce la creatività, non la ostacola, e al tempo stesso impara dai bambini di nuovo come si fa, perché in età adulta si disimpara a esercitare la fantasia, l’immaginazione. E per un docente questo è molto più grave.

Prof 1 Però poi, nell’età di Internet e delle post-verità, credere ancora che a scuola e nelle università, le maestre e i maestri, le professoresse e i professori siano o debbano essere tante mamme, tanti papà per alunni e studenti che con loro passano una parte importante del proprio vissuto, questo sì che suona ingenuo. Sembra tanto un assunto generale, e come tutti gli assunti generali, perché non eluderli e far finta che non esistano? Ma di assunti generali è fatta la nostra Costituzione, una delle più belle al mondo, ci dicono in molti, seppure non sempre tra le più rispettate, nei suoi principi cardine.
Prof 2 Articolo 34: «La scuola è aperta a tutti… I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di…


L’articolo prosegue su Left del 30 aprile – 6 maggio 2021

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